Ha la memoria decisamente lunga, Matteo Salvini. E pure una certa inclinazione a prendere le cose sul personale. Era il 25 agosto del 2018, un sabato, e al porto di Catania, tra i manifestanti che chiedevano lo sbarco dei 137 migranti da giorni bloccati a bordo della nave Diciotti c’era anche Iolanda Apostolico, la giudice che una settimana fa non ha convalidato il fermo di quattro persone al centro di Pozzallo.
Lesa maestà per Matteo Salvini, che allora ricopriva l’incarico di ministro dell’Interno del primo governo Conte e che, proprio quel giorno, tra le altre cose, venne iscritto dalla procura di Agrigento nel registro degli indagati per sequestro di persona, abuso d’ufficio e arresto illegale. La questione è tornata di moda ieri, quando il leader leghista ha pubblicato sui suoi social un video di quella manifestazione: «Mi sembra di vedere alcuni volti familiari…».
E, in effetti, tra quella folla tutto sommato pacifica si vede anche il volto di Apostolico, e forse anche quello di suo marito.Tanto basta per scatenare l’orda leghista, che questa settimana ha scelto la giudice di Catania come bersaglio per scatenare l’inferno sui social network, tra parlamentari che nella migliore delle ipotesi chiedono chiarimenti e nella peggiore direttamente dimissioni dalla magistratura e/o revisione di tutti i provvedimenti assunti da Apostolico nella sua carriera.
Con meno enfasi, dal gruppo di FdI alla Camera è anche arrivata un’interrogazione al ministro Nordio in cui si accusa la giudice di aver violato i principi di terzietà e imparzialità propri del suo ruolo e di avere «un’impostazione ideologica». Enrico Aimi, laico di Forza Italia presidente della prima commissione del CSM – che si dovrà occupare della pratica a tutela di Apostolico – ci mette il carico: «la Giustizia è, mutatis mutandis, come la moglie di Cesare: non deve essere solo terza e imparziale, ma deve anche apparire tale».
Dall’ANM, comunque, arriva la difesa del presidente Giuseppe Santalucia: «Si accentua la tendenza a giudicare la terzietà del giudice, che va valutata dentro il processo, andando dalla critica del provvedimento, che è legittima, allo screening della persona, cioè vedere chi è il giudice anziché guardare quello che ha scritto. Sono preoccupato dalla china che si imbocca».
Va da sé che queste parole non sono bastate a placare le ire della destra italiana. Ancora la Lega: «Quanto sta succedendo nelle ultime ore non è un preoccupante screening sui giudici e sulla loro vita privata come sostiene l’Anm: siamo di fronte a una manifestazione pubblica al porto di Catania. Piuttosto, devono essere preoccupati i 58 milioni e 851mila italiani che possono essere giudicati da toghe la cui terzietà e imparzialità sono gravemente compromesse».
Niente male per chiudere una settimana in cui il governo se l’è presa con la magistratura in maniera molto più esplicita di quanto fatto nel suo precedente anno di vita. Ad aprire le danze, infatti, era stata proprio la premier Meloni che, due giorni fa, su Facebook aveva parlato di giudici che vanno contro l’interesse nazionale e che avrebbero in animo solo e soltanto di guastare le iniziative del governo.
Una posizione durissima e che tuttavia nei giorni seguenti è stata leggermente ammorbidita, negando che ci sia un conflitto in atto tra potere esecutivo e giudiziario. In tutto questo, però, mai mezza parola nel merito della decisione presa da Apostolico. Il Viminale si è limitato a dire che lo impugnerà davanti alla Cassazione e così sembra intenzionato a fare anche il ministero della Giustizia.
E se dalle opposizioni si leva la voce di Luana Zanella (Avs) che mette l’accento sul «sapore misogino» dell’accanimento contro Apostolico, ancora dalla Lega arrivano le dichiarazioni della deputata Simonetta Matone, che ribadisce quanto detto da Aimi: «Un magistrato non deve soltanto essere imparziale, ma lo deve anche sembrare». Matone, prima di ascendere in politica, era magistrata. Chissà se sembrava imparziale.
MARIO DI VITO
foto: screenshot tv