Certe parole ormai sono svilite, smussate nelle loro angolature primarie, quelle che permettono la distinguibilità netta rispetto ad interpretazioni delle più varie. Tra queste parole, proprio “sinistra” è un termine che è stato piegato all’adattabilità dei tempi, al piacere delle cronache giornalistiche, alla disponibilità di chiunque volesse dirsi in tal senso progressista pur trovandosi nella condizione di rappresentare invece il più inveterato ruolo di centro della politica italiana.
Di sinistra è il PD quando promuove referendum costituzionali che vogliono sovvertire il bicameralismo perfetto e ridurre il Parlamento ad una appendice del governo nel 2016 nemmeno tanto lontano. Di sinistra è Sinistra Ecologia Libertà che si è professata antiliberista, come Sinistra Italiana, ma che ha lentamente abbandonato la più determinata critica anticapitalista che avrebbe dovuto connotarla come forza, sempre e comunque “a sinistra” del PD, che è di sinistra…
Di sinistra sono pure i renziani, anche se loro non lo ammettono così candidamente: per loro fanno questo lavoro la carta stampata, i sondaggisti e tutti coloro che finiscono col bipolarizzare gli schieramenti e, visto che Italia Viva fa parte del governo giallo-rosso, è naturale che non sia dipinta del colore dei taxi ma semmai ricordi il minio chiaro dentro alle tante sfumature di rosso dell’esecutivo.
Di sinistra sono parti del Movimento 5 Stelle, settori che fanno riferimento al Presidente della Camera Roberto Fico: del resto, la sua storia, si sa, viene da convinzioni che – si dice – lo portavano a votare per Rifondazione Comunista un tempo e che hanno lasciato in lui il segno di un legame tra rivoluzione pentastellata e valori di uguaglianza, solidarietà e giustizia sociale.
Di sinistra sono poi i compagni e le compagne di Liberi e Uguali: una miscellanea di posizioni che va da Giuseppe Civati passando per Nicola Fratoianni e Stefano Fassina, tutti e tre accomunati dal gruppo parlamentare ma meno limitrofi se si parla di interpretazione del concetto stesso di sinistra oggi nel Paese. Per Civati serve guardare ad un civismo quasi repubblicano ma di sinistra, che stia comunque accanto al centrosinistra; per Fratoianni va rimessa in cantiere qualche nuova alchimia politica di sinistra che escluda – se ne provi pure orrore – i settarismi, definendo come tali quelle posizioni partitiche o di movimento che precludono ogni alleanza con il PD (che è di sinistra…); mentre per Fassina conta l’accostamento tra la Patria e la Costituzione, così da dare al minio un colore bruno rossastro.
Di sinistra sono i comunisti di Marco Rizzo, antieuropeisti, internazionalisti al punto da mantenere rapporti con la Corea del Nord e il suo presunto “socialismo“, tanto irreprensibilmente irriducibili nell’essere tali da considerare – del resto più volte questa accusa è stata rivolta ma mai ampiamente dettagliata – Rifondazione Comunista una forza “socialdemocratica“. Giudizio affibbiato anche al Partito dei Comunisti Italiani (oggi Partito Comunista Italiano) che, notoriamente, per quanto esigua sia la sua forza e rappresentanza nei territori, si differenzia da Rifondazione proprio nella sua visone ortodossa del comunismo piuttosto che in quella libertaria abbracciata dal PRC ormai da molti congressi a questa parte.
Di sinistra sono i socialisti del PSI e i Radicali italiani: tra di loro vige ancora il rivolgersi reciprocamente come “compagni” quando si tengono assemblee ufficiali, convegni e congressi nazionali. Ognuno poi, è evidente, declina a suo modo quel “dividere il pane insieme“, alleandosi con Bonaccini in Emilia Romagna e sostenendo con la lista +Europa per l’appunto tutti quei disvalori antisociali propri del radicalismo non libertario (che ispira le lotte per i diritti civili, sacrosante e portate avanti con grande caparbietà) ma semmai libera e liberista, gli ultimi due elementi del trittico pannelliano di sempre: le tre elle inseparabili ma incomprensibilmente unibili e legate tra loro dall’istrionismo geniale e sregolato di un uomo che, a suo modo, seppe dare all’Italia importanti stagioni di riforme.
Di sinistra, poi, sono il Partito Comunista dei Lavoratori di Marco Ferrando, Sinistra Classe Rivoluzione nata da una delle ultime scissioni da Rifondazione Comunista, il Fronte popolare prettamente meneghino, il Partito Comunista Italiano di moderna impalcatura, il Partito Umanista, il Partito del Sud e, visto che ci siamo spostati al Mezzogiorno, anche movimenti come DeMa del sindaco di Napoli e potere al popolo!.
Infine, ultima, ma non ultima, visto che molte delle formazioni qui elencate sono una specie di diversi modi di sviluppo della partenogenesi di una sinistra che la riguardano (per l’appunto indirettamente) di sinistra è Rifondazione Comunista che, insieme a Sinistra Anticapitalista, rappresenta a mio avviso oggi quel settore di possibile ricomposizione dei valori libertari del progressismo e dell’antiliberismo senza i quali è altamente improbabile che si possano coniugare passione rivoluzionaria, studio e analisi della fase e dei tempi in cui viviamo e siamo proiettati con annesse e connesse tutte le difficoltà organizzative del caso: compreso il rapporto tra partiti e sindacati, tra partiti e mondo del lavoro e dello sfruttamento ampio che ne deriva, tra partiti e istituzioni.
La sinistra, dunque, complessivamente intesa, finisce con l’essere ormai tutto e niente: non si può oggi pensare a lei e avere in mente solamente comunisti e socialisti. Per la maggior parte delle sprovvedute persone e tanti cittadini privi di una conoscenza almeno sufficiente dei fatti quotidiani sociali e politici insieme compresi, la sinistra è il PD. Così narrano i giornali più autorevoli, quelli che ci mostrano e provano a dimostrarci la necessità di un frontismo frutto di una ricollocazione dell’elettorato che ha abbandonato i Cinquestelle e si è ricollocato, per l’appunto, “a sinistra“.
Pezzi di sinistra singola, intendiamoci, esistono nel centrosinistra. Ma si tratta quasi di entrismi che vorrebbero portare le alleanze moderate che governavano con i tecnici un tempo e oggi con i grillini a produrre politiche sociali impossibili da realizzare, perché lo scopo del centrosinistra non è sociale ma civico, democratico e coniuga questi elementi di tutela di una democrazia formale, antifascista e “civile” con un liberismo espresso dalle ormai celeberrime riforme contro il lavoro, contro le pensioni e contro scuola e sanità di cui nell’ultimo decennio siamo stati spettatori ampiamente passivi.
L’ultimo rapporto del Censis, del resto, ha fotografato una Italia fatta di ansie e preoccupazioni sociali che non si rovesciano in un voto a quella sinistra di alternativa rappresentata, ad esempio, in Emilia Romagna da “L’Altra Emilia Romagna” o da “potere al popolo!“, ma premiano la fedeltà coalizzante di “Emilia Romagna Coraggiosa“, ossia quella sinistra moderata e ambientalista che in Parlamento si riconosce in Liberi e Uguali.
La “sfiducia sociale quotidiana” descritta dal Censis viaggia di pari passo con il “furore” che, invece di riguardare i comportamenti governativi in tema di mancati interventi sociali, va a colpire la volontà dell’esecutivo di lotta all’evasione fiscale. Questo perché le politiche di Palazzo Chigi non si uniformano ad una progressività del prelievo fiscale ma ancora una volta cercano di tutelare i grandi patrimoni mentre basta prendere in mano un qualsiasi scontrino per vedere che, comperando 7,80 euro di pile stilo si pagano ben 1,40 euro di IVA sul prezzo totale.
La vera lotta all’evasione fiscale non viene fatta, ma l’IVA colpisce sempre e comunque tutti indistintamente: è molto democratica l’imposta sul valore aggiunto. E’ uguale tanto per il Paperon de’ Paperoni di casa nostra quanto per il lavoratore che lascia un braccio nella pressa dell’azienda dove non si osservano le minime garanzie di sicurezza sempre e solo a vantaggio del profitto del padrone.
Ed allora, dobbiamo considerare il fatto che dirsi “di sinistra” ormai possa significare tanto essere scambiati per moderati liberal-liberisti quanto per comunisti filo-coreani con venature rossobrune legate al patriottismo costituzionale, al nazionalizzare le idee di uguaglianza e giustizia sociale.
Badate, non si tratta di una questione meramente lessicale, perché ogni parola ci connota, ci definisce e, soprattutto nella politique politicienne non fa che rimarcare i giusti confini che dovrebbero esistere tra l’insieme dei partiti e movimenti che riconoscono il sistema del capitale come accettabile e riformabile e coloro che invece vogliono continuare a lavorare, giorno per giorno, per costruire una complicatissima alternativa a centottanta gradi a questo regime omicida che sfrutta tutti gli esseri viventi e senzienti, tutta la natura al solo scopo di salvaguardare nemmeno tutta la specie umana sul pianeta Terra ma solo una piccola, piccolissima parte che non fa altro se non arricchirsi alle spalle di miliardi e miliardi di schiavi moderni.
Oggi servono nuove parole per definire la sinistra. Forse bastano degli aggettivi da metterle accanto. Per quanto mi riguarda posso anche dirmi di sinistra ma soltanto se il progetto che la informa e che può riguardami è un progetto anticapitalista, quindi comunista, quindi necessariamente libertario.
Rafforzare questa sinistra è l’unico modo per dimostrare quanto fallaci, ipocrite e false sono tutte le altre presunte sinistre. Se proprio dobbiamo creare nuovi motti e slogan, almeno che suonino un po’ così: “Opposizione anticapitalista, sinistra comunista“.
MARCO SFERINI
29 gennaio 2020