Se con le dichiarazioni a orologeria circa l’estinzione del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo voleva davvero danneggiare Giuseppe Conte, sembra esserci riuscito: tra il dato altissimo dell’astensione, il crollo dei pentastellati e soprattutto la sconfitta della coalizione che sosteneva Andrea Orlando, la strategia dell’ex premier sul centrosinistra esce quantomeno ridimensionata.
Peggio ancora: il M5S, diventa terza forza della coalizione (senza voler considerare le elezioni politiche: quattro anni fa alle regionali era al 7,78%, adesso non raggiunge il 5), largamente superata da Alleanza Verdi Sinistra che si aggira attorno al 6%. L’avvocato ammette il »risultato deludente» e lo lega alla «necessità di rifondare il M5S».
Questo è un altro pezzo del ragionamento: da tempo ormai i rossoverdi stanno conquistando spazi presso gli ex votanti pentastellati più attenti ai temi della giustizia sociale e ambientale. Nella fattispecie ligure, questa operazione passa anche per la candidatura di Ferruccio Sansa, che dialoga molto con il mondo grillino e che probabilmente ha drenato consensi.
Pesano anche i veti, che a lungo hanno imbrigliato il dibattito nelle opposizioni: Conte nelle settimane scorse si è speso per tenere fuori in tutti i modi i renziani dalla coalizione, anche nella formula di mediazione per cui non sarebbe comparso il simbolo di Italia viva. Ancora desso il leader 5S rifiuta l’ipotesi di «fantasiose alleanze» e punta alla necesità di recuperare l’astensione proprio in nome della «credibilità»
Grillo, dal canto suo, non poteva essere più chiaro. «Se vogliamo essere sobri e anche un po’ intelligenti, si capisce benissimo che c’è qualcosa che non quadra – aveva detto l’altro giorno – E anche queste elezioni che stanno avvenendo in Liguria e in Emilia Romagna, ma i candidati che appoggiano questo movimento progressista di sinistra… Così, ma chi li ha votati? C’è stata una votazione dal basso? Questa sarebbe la democrazia dal basso? No, sono stati catapultati dall’alto, messi lì, i soliti giochi della vecchia politica. Non c’è democrazia dal basso: è una bassa democrazia».
Così, dopo avere endorsato Mario Draghi e spinto per la nomina a ministro del ligure Roberto Cingolani, Grillo sembra essere tornato alle origini per smarcarsi dal bipolarismo. Più prosaicamente, dalla sezione di Sant’Ilario fanno sapere che anche questa volta, come era accaduto alle europee, il fondatore ha disertato l’urna elettorale. Non ha votato neanche per Nicola Morra, il candidato dei dissidenti grillini che ha sfiorato l’1%: un’altra porzione di elettori che avrebbe potuto fare la differenza.
Certo, le somme aritmetiche non corrispondono necessariamente alle alleanze politiche. E si dirà anche che non è la prima volta che i pentastellati mancano un appuntamento alle regionali. Tuttavia, il M5S fallisce un test elettorale che doveva essergli congeniale, con i temi della corruzione e della moralità pubblica al centro della contesa. Soprattutto, rischia di arrivare all’assemblea costituente con il carico del boicottaggio del garante/fondatore e in mancanza di una posizione di forza dentro le future geometrie delle alleanze politiche.
Di fronte alla disfatta parla Stefano Giordano, coordinatore provinciale genovese: «L’assemble costituente è un processo di democrazia molto partecipativo e importante, è un’opportunità per il M5S – afferma – Però è un processo politico, come se avessimo un congresso durante le elezioni regionali, qualunque partito avrebbe avuto una sofferenza».
E ancora: «Il confronto tra Conte e Grillo produce ansia ma anche attenzione – afferma Giordano – Sono molto fiducioso sul campo progressista, sull’unire le forze e su una costituente che darà un ruolo nuovo al M5S all’interno del panorama politico, su cui non ci si può sottrarre, non si può pensare che per cambiare il paese ognuno porti l’acqua al suo mulino».
Insomma: non c’è alternativa all’alleanza con Pd e Avs. Lo spazio per il M5S sembra una volta di più tutto da costruire. E Conte rischia di restare imprigionato dentro questo schema: orfano del grillismo post-ideologico e privo della forza necessaria a marcare l’identità del suo M5S dentro il fronte progressista.
GIULIANO SANTORO
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