«La scena è vuota, alluvionata da undici milioni di cadaveri, una marea di corpi (…) I nostri eroi sono già stati uccisi o lo saranno. Li amiamo fino all’ultimo, senza distinzione. Sediamo sul mucchio sacro dei morti».

La serie inizia con le stesse parole che Antonio Scurati ha scelto per aprire il suo M. Il figlio del secolo (uscito nel 2018 con Bompiani): Mussolini, tutt’altro che vittorioso ma già stentoreo, chiama i fasci e gli arditi a raccolta nella piccola sala del Circolo dell’Alleanza industriale e commerciale e pronuncia un discorso che dopo una erotica dichiarazione di appartenenza – «li conosco a memoria: sono gli uomini della guerra. Della guerra o del suo mito. Li desidero, come il maschio desidera la femmina e, insieme li disprezzo» – si abbandona a una visionaria dichiarazione d’intenti: «È con questo materiale scadente – con questa umanità di risulta – che si fa la storia».

Poi, al termine del suo discorso, invece di lasciare che il racconto inizi, si rivolge direttamente allo spettatore e spavaldo gli dice: «Seguimi, anche tu mi amerai. Farò di te un fascista».

Non è questa l’unica variazione della lettera del romanzo, ma quasi sicuramente la più significativa: se il romanzo rivelava con discrezione il progetto di inoculare un vaccino letterario per scongiurare il ritorno del fascismo nella politica e nella società non solo italiana, la serie diretta da Joe Wright sceglie un approccio diretto, più rozzo e meno efficace.

Dove Scurati semina brividi reinventando con straordinaria efficacia la «voce» di Mussolini e accostando il suo racconto ai documenti originali dell’epoca, la serie sceglie la soluzione frontale dell’interpellazione diretta che punteggia l’intera narrazione e tende a stabilire con lo spettatore una sorta di falsa confidenza che alla fine tende a scivolare verso la complicità.

Luca Marinelli, che interpreta il duce, ondeggia tra la simpatia e la molestia, pronuncia le parole di Mussolini, ma ripete anche il piglio del Craxi finale e il gigioneggiare di Berlusconi. Il senso dell’operazione è chiaro: agli italiani di oggi si vuole ricordare quanto siano stati e continuino ad essere sensibili alla vuota retorica del capo, alla seduzione di personaggi carismatici del tutto privi di morale e di cultura.

Ma se il progetto di Scurati è di ricordare che gli italiani erano fascisti e cercare di spiegare come e perché, la serie tende ad avvalorare la tesi che Mussolini, con la sua assenza di una vera convinzione politica, tattico di talento incapace di una visione a lungo termine, non sia altro che una delle varianti dell’italianità, cialtrona e irresponsabile almeno quanto simpatica e cazzara.

Tutta la storicità che la puntuale documentazione di Scurati garantiva viene perduta e sciolta verso una rappresentazione che tende fatalmente a circoscrivere la portata epocale del fascismo. M. Il figlio del secolo si ferma al 1924: vedremo nella parti che verranno quanto rilievo verrà dato all’esportazione del fascismo, ma la serie che forse aveva l’ambizione di replicare il successo del capolavoro di Scurati per ora è un’occasione mancata.

LUCA MOSSO

da il manifesto.it

foto: screenshot tv