In una interessante intervista che mi è stata segnalata via Whatsapp, leggo che Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale di Sinistra Italiana, auspica un alleggerimento numerico della presenza di liste della sinistra alle prossime elezioni amministrative, con una prospettiva unitaria per le politiche.
I punti programmatici che Fratoianni identifica come qualificanti per una unità concreta della sinistra di alternativa sono quelli che elencherei anche io se mi si facesse la stessa domanda: un minimo comune denominatore fondato sull’antiliberismo. E, pertanto: il ripristino dell’articolo 18; la riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali (aggiungerei “a parità di salario”); il reddito garantito per chi è disoccupato di lungo e medio corso; la gratuità del sapere, quindi dell’accesso all’istruzione universitaria e molti investimenti sulla ricerca che avrebbero riflessi anche sul miglioramento della sanità pubblica e di tutte le attività scientifiche.
Intorno a questo programma si può costruire una sinistra di alternativa tanto al PD quanto a quelle forze che insistono nella ricerca di un fulcro su cui imperniare la riconfigurazione di un perimetro di coalizione di un nuovo centrosinistra. E’ un tema insistente che sembra non poter venire meno nemmeno davanti all’evidenza dei fatti.
Ed i fatti sono semplicemente questi: Matteo Renzi, che probabilmente il 30 aprile vincerà le primarie del Partito democratico, non ha nessuna intenzione di chiamare “centrosinistra” ciò che andrà a costruire.
La sua visione del partito e di una probabile coalizioncina che graviti attorno al PD è piuttosto quella di un un grande centro che possa dialogare apertamente – come candidamente affermato in queste ore – con Silvio Berlusconi in tema di affinità politiche in Parlamento e magari anche con i grillini in tema di incontro sulla legge elettorale.
Sembra che l’effetto francese di En Marche! abbia scaldato i motori del grillismo di casa nostra e faccia sentire agli italiani le potenzialità di una forza che scardini il vecchio assetto dei partiti delle cosiddette “prime e seconde repubbliche”.
Ma il problema del neo-centrosinistra ipotizzato non è tanto un assillo di Fratoianni e di Sinistra Italiana, quanto semmai di Articolo 1. Il dilemma di Sinistra Italiana rimane uno solo: siccome Renzi non può e non vuole unire nessuna sinistra in Italia, si può pensare di unire la sinistra in un nuovo “Ulivo” ma senza il PD.
Il messaggio è tanto per Roberto Speranza e Pierluigi Bersani quanto per Giuliano Pisapia che, invece, tende a dialogare con Matteo Renzi proprio su questo punto: l’unità della sinistra.
E bene risponde Fratoianni sul tema in questione, quando afferma che le avanzate delle destre in Italia e in Francia e in molte parti d’Europa non sono dovute alla mancanza di unità della sinistra, quanto invece alle politiche di destra fatte da presunte forze “socialiste” e “di sinistra”.
Detto questo, il coordinatore di Sinistra Italiana si dice pronto a dialogare con Campo progressista e Articolo 1 in alternativa al Partito democratico e alle politiche fatte in questi anni.
C’è, insomma, sempre una ambiguità sul tema della circostanziazione del perimetro delle coalizioni. Per Fratoianni può essere “variabile” a seconda dei casi, dei livelli, delle consultazioni elettorali di sorta, seppur supportato dai paletti programmatici prima descritti.
A mio parere questo perimetro non deve essere più “variabile” ma inevitabilmente “fisso” se si vuole veramente dare una chiara fisionomia alla sinistra di alternativa come soggetto unificatore e unificate, non esclusivo ma includente tutti coloro che mettono come atto fondativo una “dichiarazione di indipendenza” da ogni forza liberista, da ogni forza che accetti il punto di vista del mercato capitalistico e sia pronta a scendere a compromessi per la gestione del governo di una istituzione sia locale sia nazionale.
Un passo avanti lo si registra nella ampia condivisione programmatica che può esservi tra Rifondazione Comunista, Possibile e Sinistra Italiana in materia di lavoro, scuola, sanità, ambiente, nel riunire quel fronte del NO che il 4 dicembre scorso ha segnato un solco invalicabile e che deve poter essere il tracciato di un confine dirimente.
Chi ha votato SI’ alla riforma Boschi – Renzi difficilmente dovrebbe poter oggi condividere i presupposti invece dichiarati da Carlo Smuraglia pochi giorni fa, in occasione dei festeggiamenti del 25 aprile, laddove si diceva con estrema chiarezza che l’applicazione della Costituzione esige l’ampliamento dei diritti sociali e civili, più democrazia e partecipazione e, pertanto, anche una legge elettorale che torni ad essere proporzionale riconsegnando alla singolarità di ciascuno l’equipollenza del diritto di delega, spazzando via la differenza di qualità del voto in base alla quantità del medesimo su una lista piuttosto che su un’altra.
Il programma citato da Fratoianni sta perfettamente nei valori difesi dai Comitati per il NO alla riforma Boschi – Renzi sulla Costituzione. E da questa piattaforma si può partire con grande chiarezza e determinazione.
L’ipotesi del “nuovo centrosinistra” non può nascere sotto queste prerogative programmatiche, perché esse appartengono esclusivamente ad un progetto di sinistra di alternativa a qualunque altra forza politica che, mesi or sono, ha sostenuto il SI’ dicendosi di sinistra. Ciò vale tanto per il PD renziano quanto per quello di qualunque altro candidato che, con grande improbabilità, dovesse vincere le primarie di dopodomani.
Ciò vale, ancora di più, per aggregazioni di sinistra che si propongono come viatico del centrosinistra al di fuori del renzismo.
Fuori e dentro il renzismo non c’è spazio per il centrosinistra e si rischia di non avere spazio, al di fuori ovviamente del PD renziano, nemmeno per la sinistra se non si sceglie il percorso alternativo fondato sulla attuazione della Costituzione senza se e senza ma.
Dal progetto delle “Città in comune” a quello della riaggregazione dei Comitati del NO può nascere il tavolo comune, il dialogo comune e la costituente di un processo partecipativo veramente ispirato dal basso e, al contempo, diretto da una sintesi nazionale che deve necessariamente raccogliere le proposte e formulare un progetto.
Il tempo è drasticamente poco, sempre meno ne rimane. Quindi occorre che la dispersione delle liste e la diaspora della sinistra dei molti colori del rosso finisca a breve e metta in campo un nome, un simbolo e un luogo della politica dove nessuno sia costretto a scomparire ma, anzi, porti il valore della sua differenza rispetto agli altri partiti e ai singoli che vorranno riconoscervisi come elemento di arricchimento del programma che deve diventare chiara identità, quindi fisionomia precisa di una politica esclusiva, differente dalle tre destre oggi in campo.
MARCO SFERINI
29 aprile 2017
foto tratta da Pixabay