Cinquant’anni fa se ne andava Luigi Tenco. Una fine tragica, avvolta da un mistero mai veramente risolo.
E’ stato un ribelle e non ha mai piegato il capo a chi diceva che si potevano scrivere canzoni esclusivamente con la rima cuore/amore.
Noi lo ricordiamo con il testo di una canzone del 1962 assai scandalosa per l’epoca, e ovviamente censurata, che ci ricorda – una volta di più – da che parte stava.
RED.
Cara maestra,
un giorno m’insegnavi
che a questo mondo noi
noi siamo tutti uguali.
Ma quando entrava in classe il direttore
tu ci facevi alzare tutti in piedi,
e quando entrava in classe il bidello
ci permettevi di restar seduti.
Mio buon curato,
dicevi che la chiesa
è la casa dei poveri,
della povera gente.
Però hai rivestito la tua chiesa
di tende d’oro e marmi colorati:
come può adesso un povero che entra
sentirsi come fosse a casa sua?
Egregio sindaco,
m’ hanno detto che un giorno
tu gridavi alla gente
“vincere o morire”.
Ora vorrei sapere come mai
vinto non hai, eppure non sei morto,
e al posto tuo è morta tanta gente
che non voleva né vincere né morire?
LUIGI TENCO