Pubblichiamo, condividendola, una analisi del politologo Franco Astengo sulle manchevolezze di un ampio fronte costituzionale, in difesa della democrazia e della centralità parlamentare della Repubblica, nei confronti delle prossime mosse del governo Meloni sulle cosiddette “riforme istituzionali” (M.S.).
La questione costituzionale è sicuramente il tema politico più importante del momento. Un tema aperto in una dimensione dirompente, ancora diversa rispetto a esperienze del passato, con l’avvento del governo di destra.
I punti fondamentali sono tre: la forma di stato, la forma di governo, l’amministrazione della giustizia.
Tre punti sui quali in diverse occasioni le forze costituzionali hanno ceduto il passo attuando o cercando modifiche profondamente sbagliate (titolo V, articolo 81, composizione del Parlamento, modifica di strutturazione politica nel sistema delle autonomie locali) soltanto per inseguire vagheggiamenti di alleanze improbabili oppure per star dietro all’esigenza di privilegiare la governabilità abbattendo il ruolo del Parlamento.
Svolgo soltanto due esempi: nel 2001 il governo di centro-sinistra attuò la riforma del titolo V al fine di realizzare un rapporto con la Lega Nord che attraversava in quel momento la fase della “devolution”; nel 2020 il centro-sinistra, al governo con il M5S, si è acquattato sulla modifica del numero dei parlamentari allo scopo di stabilire una relazione stabile con quel Movimento.
Il risultato finale di quelle operazioni è stato: nel 2022 in una occasione elettorale di vera e propria “svolta critica” entrambi i soggetti, Lega e M5S hanno direttamente in un caso e oggettivamente in un altro, favorito l’ascesa al potere di un partito di evidente derivazione post-missina (ribadisco: post – missina e non genericamente post-fascista).
Adesso l’attacco a punti fondamentali della nostra Carta Fondamentale è sferrato da una coalizione di governo formata da soggetti estranei alla fondazione della Repubblica:
1) il MSI da cui deriva FdI risultava ovviamente escluso da quello che era definito “l’arco costituzionale” (di cui il PCI era un pilastro fondamentale) ed egualmente subiva la “conventio ad excludendum“;
2) Forza Italia (attraverso la quale è stata superata la “conventio ad excludendum” verso i missini) è stata fondata da un appartenente alla Loggia P2. Loggia P2 nata – tra le altre questioni – proprio per scardinare l’impianto costituzionale e spostare l’asse istituzionale del Paese in senso autoritario;
3) la Lega Nord è nata per sovvertire l’impianto unitario del Paese (anche sfruttando errori gravi compiuti proprio dall’arco costituzionale nel definire l’assetto delle Regioni) attraversando varie fase nella propria impostazione politica: federalismo (imparato da Salvadori e dal Melone triestino), secessione, devolution.
E’ questo il quadro politico dentro al quale nasce il progetto di scardinamento dell’impianto costituzionale che pure in passato è stato sottoposto a prove molto difficili di tenuta, uscendone ammaccato ma sostanzialmente integro nei punti fondamentali.
Sono questi gli elementi, specificatamente politici, dei quali tener conto ragionando sul tema della qualità dello scontro in atto e delle eventuali alleanze da stabilire in un fronte democratico – progressista che dovrebbe avere al centro proprio la “questione costituzionale”.
Da tenere conto, infine, che gli attuali centristi hanno al loro interno forti propugnatori del temuto scardinamento costituzionale (si veda referendum del 2016) di cui si è cercato di scrivere in questa occasione e il M5S è nato su due basi ideologiche: estremizzazione del personalismo e rifiuto della politica come fattore di intermediazione sociale con conseguente appello diretto al “popolo”.
L’esatto contrario, cioè, dell’impostazione data dalla Costituzione alla democrazia repubblicana.
FRANCO ASTENGO
22 gennaio 2023