A settembre l’occupazione torna a salire ma è quasi tutta precaria. Il tasso di disoccupazione scende al 9,2% mentre tra i giovani aumenta, arrivando a sfiorare il 30%, livello che piazza l’Italia al secondo posto in Europa.
Ad aumentare in particolare sono i dipendenti a termine, mentre continuano a diminuire i lavoratori autonomi. Una dinamica che, nel complesso, riduce il gap dai livelli pre-pandemia, anche se restano ancora ben 300 mila posti da recuperare, esattamente 314mila da febbraio 2020: 159 mila lavoratori uomini e 155 mila donne.
Dopo i cali estivi, ieri l’Istat ha certificato il cambio di segno dell’occupazione a settembre: gli occupati aumentano di 59mila unità (+0,3%) con una ripresa più accentuata tra le donne (+46mila), rispetto al mese precedente e di 273mila (+1,2%) rispetto a settembre dell’anno scorso. Nel confronto rispetto a gennaio 2021, il saldo arriva a segnare +500mila occupati, sulla spinta dei dipendenti. Sono tuttavia i lavoratori con contratto a tempo determinato quelli che aumentano di più: +97mila (+3,3%) a settembre mentre si registrano 11mila (-0,1%) dipendenti permanenti in meno, rispetto al mese precedente. Il tasso di occupazione sale al 58,3% (+0,2 punti).
Al netto delle modifiche al metodo di calcolo richieste dall’Unione europea che incidono specie sul numero dei disoccupati considerando tale anche chi è in cassa integrazione da più di 3 mesi, nell’arco dei dodici mesi il boom dei dipendenti a termine risulta ancora più evidente: +353mila (ovvero +13,2%) a fronte di un aumento degli «stabili» pari a 69mila (+0,5%). Sempre in calo, invece, gli autonomi: -28mila (-0,6%) sul mese e -150mila (-3%) sull’anno.
«Nell’anno del Pil oltre il 6%, la nuova occupazione è quasi totalmente precaria – denuncia il presidente della Fondazione Di Vittorio Fulvio Fammoni – : da settembre 2020 i lavoratori dipendenti sono cresciuti di +422 mila unità ma ben l’83,6% di questo aumento è precario (+353 mila unità). L’instabilità del lavoro cresce senza sosta (a settembre sono stati superati i tre milioni di occupati a tempo determinato) e gran parte di questa instabilità si addensa nelle qualifiche più basse, con durate di attività molto brevi e quindi con grandi vuoti economici e previdenziali, alimentando mese dopo mese il bacino del lavoro povero», conclude Fulvio Fammoni.
Il quadro complessivo segna anche un calo degli inattivi, ovvero di coloro che non hanno un posto e nemmeno lo cercano e che erano aumentati in misura eccezionale all’inizio dell’emergenza sanitaria, e dei disoccupati. Tanto che il tasso di disoccupazione scende al 9,2%, (-0,1 punti sul mese precedente), nonostante l’aumento tra i giovani di 15-24 anni al 29,8% (+1,8 punti).
L’aumento mensile più forte in tutta la zona euro, come indica l’Eurostat, che porta il tasso italiano al secondo posto soltanto dopo la Spagna, dove la disoccupazione tra i giovani sotto i venticinque anni è al 30,6%. In media, a settembre il tasso di disoccupazione giovanile nell’Eurozona viaggia al 16% (al 7,4% quello generale). I giovani, insieme alle donne, restano dunque la parte più debole del mercato del lavoro. Su cui, è la richiesta pressoché unanime che arriva dai sindacati ma anche dalle forze politiche, è necessario concentrare gli sforzi con interventi ed investimenti mirati, soprattutto alla luce dei progetti del Pnrr, in cui sono previste anche delle condizionalità specifiche.
NINA VALOTI
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