Angoscia il progressivo scivolamento dell’Italia verso la guerra (mondiale e nucleare), favorito da un dibattito pubblico che rimuove le conseguenze devastanti di un conflitto che potrebbe allargarsi fino al nostro territorio: la guerra distrugge qualunque diritto, svilisce le persone a bersagli anonimi, accresce le disuguaglianze e le violenze che strutturalmente già colpiscono donne e giovani, ruba quel poco di futuro che ancora possiamo immaginare.
Alla guerra di aggressione è necessario opporsi con determinazione, sia chiaro. La discussione su come opporsi, invece, sta aprendo troppi scenari, sempre più arditi. Per opporci dovremmo assumere piuttosto una postura degna del costituzionalismo democratico che ha fatto tesoro degli errori e orrori delle due guerre mondiali scoppiate in Europa. La Costituzione è limpida in proposito: l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Questo principio fondamentale, scolpito nell’art. 11 Cost., non è affatto un vezzo, una dichiarazione velleitaria, ma una direttrice che vincola l’azione dell’intera Repubblica.
La notevole apertura internazionalista della nostra Costituzione, d’altra parte, non è frutto dell’ingenua presunzione che la comunità dei popoli sia composta solo da sincere democrazie. Lo dimostrano le norme di garanzia previste all’art. 10 in particolare per coloro cui è riconosciuto diritto di asilo nel nostro paese proprio perché nel loro non godono dell’esercizio effettivo delle libertà democratiche così come il divieto di estradizione dello straniero per reati politici.
Pur assolutamente consapevole che non tutti gli Stati riconoscono e garantiscono i diritti inviolabili, però, il Costituente ha voluto porre un limite invalicabile all’indirizzo politico perseguibile dal nostro paese nelle relazioni con questi Stati: il ripudio della guerra e la speculare ricerca indefessa della pace e, quindi, della giustizia tra i popoli. Solo a tal fine l’Italia «consente alle limitazioni della sovranità» (art. 11), quella sovranità popolare che si esercita «nei limiti della Costituzione» (art. 1).
Per questo ogni vincolo comunitario (ord. n. 24 del 2017) così come qualsiasi norma internazionale generalmente riconosciuta (sent. n. 238 del 2014) incontra i c.d. “controlimiti” nei principi fondamentali e nei diritti inviolabili della Costituzione: la Corte costituzionale parla di «dovere di impedire» (ord. n. 24 del 2017) che possano fare ingresso nel nostro ordinamento norme in contrasto con il nucleo essenziale dell’identità costituzionale della nostra Repubblica.
È impedito all’Italia, quindi, qualunque adattamento ai sensi del nostro art. 10 a norme internazionali generali che dovessero distorcere il divieto di guerra nelle relazioni tra Stati. Per qualunque obbligo internazionale (sentt. nn. 348 e 349 del 2007), invece, è l’intera Costituzione a rappresentare un limite invalicabile. Con ciò non si intende trasformare l’Italia in una passiva osservatrice delle tragedie. La nostra identità costituzionale impone viceversa un obbligo di fare: il dovere di farsi mediatori nella risoluzione delle controversie internazionali.
Per esprimere la massima solidarietà alle donne e agli uomini che resistono all’aggressione della Federazione russa, l’Italia e tutte le sue istituzioni hanno il dovere costituzionale di assumere un ruolo di intermediazione per portare la pace tra le parti in conflitto e, quindi, indirizzarle verso una giustizia tra i popoli.
Per essere mediatori, però, è necessario astenersi da qualunque coinvolgimento, anche quello più animato da sentimenti di giustizia, nel conflitto armato; è urgente, con capacità politica e diplomatica, porsi in ascolto delle parti coinvolte e spronarle alla trattativa nel nome della pace, precondizione di ogni giustizia. È un compito ben più difficile che comprare e regalare armi, ma osservare la Costituzione è un dovere che ricade su tutti i cittadini, soprattutto su coloro cui sono affidate funzioni pubbliche (art. 54). Ogni ulteriore indugio e confusione sui propri doveri costituzionali potrebbe segnare le sorti dell’umanità. Chiunque contribuisca a questa deriva dovrà purtroppo assumersi le sue responsabilità storiche.
LAURA RONCHETTI
Foto di Steve Johnson