Di questi tempi il palcoscenico mediorientale è affollato di personaggi: gli americani annunciano di aver ucciso il capo dell’Isis al-Baghdadi, la Turchia dice di averne arrestato la sorella che sarà fonte inesauribile di informazioni, i libanesi scendono in strada contro il carovita, gli iracheni prendono d’assalto il consolato iraniano a Karbala in segno di protesta per le interferenze nella politica di Baghdad, gli Emirati negano le cure ai malati di Hiv per punire i comportamenti sessuali libertini.
A causa di questo sovraffollamento, ayatollah e pasdaran sono usciti di scena. Per questo, ieri il presidente iraniano Hassan Rohani ha reso noto, in un discorso in diretta sulla televisione di Stato, che da stamattina verrà iniettato il gas per arricchire l’uranio nelle 1.044 centrifughe dell’impianto nucleare di Fordow, collocato in una montagna a sud di Teheran, a 90 metri di profondità per proteggerlo da attacchi aerei.
Così facendo, l’Iran non rispetterà più un altro tassello dell’accordo nucleare del 2015 con i 5+1, ovvero con i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite più la Germania.
Di fatto, si allontanano ulteriormente da quell’accordo che era costato un impegno notevole da parte della diplomazia internazionale e che, solo per la sua firma, aveva tenuto a Vienna il segretario di Stato americano John Kerry per diciotto giorni filati.
Ieri Rohani non lo ha detto ma, a voler essere precisi, se l’accordo è fallito non è soltanto colpa dell’amministrazione Trump: nemmeno il suo predecessore, il democratico Barack Obama, aveva rimosso le sanzioni finanziarie che impediscono di effettuare pagamenti verso l’Iran e di riceverne.
Tenuto conto che l’uranio arricchito serve anche per produrre armi atomiche, dobbiamo preoccuparci per il disimpegno di Teheran dall’accordo? Non credo, per una serie di motivi. Il primo: è vero che in base all’accordo del 2015 le centrifughe dell’impianto di Fordow non possono arricchire l’uranio con il gas ma, in base a quello stesso accordo, le oltre 5mila centrifughe dell’impianto di Natanz sono invece autorizzate a usare i gas per arricchire l’uranio, forse anche perché più vecchie e meno efficienti.
In seconda battuta, i tecnici iraniani stanno lavorando sotto la supervisione degli ispettori dell’Aiea, ovvero dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica che ha sede a Vienna. Terzo motivo: il presidente Rohani ha dichiarato che la decisione presa dalle autorità iraniane di iniettare gas di uranio nelle centrifughe è reversibile e l’Iran tornerà a rispettare l’accordo nucleare se e quando gli altri firmatari lo rispetteranno – anche loro – fino in fondo.
Morale della favola: Rohani cerca di attirare l’attenzione nel momento in cui in Medio Oriente sono in tanti a fare rumore. Se si comporta così è perché ha bisogno di mettere fine alle sanzioni e rilanciare l’economia del suo paese. L’unico modo per far sì che l’Europa torni a fare business con Teheran è lo spauracchio del nucleare.
FARIAN SABAHI
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