Il Segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, dalle pagine del sito nazionale del Partito (in cui l’appello “Rifondazione ieri, oggi e domani” non ha avuto “ospitalità”), ci dice che noi vogliamo che si realizzi proprio quello contro cui diciamo di batterci.
E’ un nobile esercizio di retorica. Glielo consento e glielo riconosco. Ma altrettanto controbatto: la retorica si supera con altra retorica, ma sarebbe troppo facile e poco politico. Del resto, ad obiezioni simili ho già risposto in altri momenti: bisogna uscire da Potere al popolo! e farlo in fretta, perché serve chiarezza per il nostro Partito e anche per PaP.
Poiché la dialettica interna non va mai temuta, la Sinistra quotidiana pubblica anche lo scritto del compagno Acerbo, affinché le compagne e i compagni possano formarsi una piena e consapevole idea di ciò che sta accadendo tra Potere al popolo! e Rifondazione Comunista e, segnatamente, dentro al Partito stesso.
Provando a rispondere al Segretario nazionale, viene subito da dire che noi vogliamo solamente impedire che Rifondazione Comunista perda la sua connotazione di Partito dentro un nuovo partito che finge d’essere un movimento.
Terminata la fase elettorale, dopo il deludente (eufemisticamente parlando) risultato della lista di Potere al popolo!, è prevalsa una oggettiva ricostruzione del soggetto politico medesimo non sulla base di una condivisione di culture e di sensibilità differenti, bensì portando avanti l’idea che quella che era una sconfitta in realtà fosse già un successo perché dal “nulla” s’era creato qualcosa e s’erano raggranellati 300.000 voti che sono la punta minima raggiunta da una forza anticapitalista e comunista in questo Paese da che storia della sinistra esiste.
Rifondazione Comunista non ha mai considerato le elezioni un incidente di percorso o comunque un passaggio di prammatica, un momento di formalismo: per i comunisti le elezioni democratiche sono una conquista che deriva dalle lotte della Resistenza, erano e rimangono parte del programma minimo per raggiungere obiettivi di miglioramento delle condizioni del proletariato moderno attraverso anche il riformismo parlamentarista.
Per comprendere tutto ciò, è bene leggere e rileggere le proposte di statuti alternativi che saranno sottoposti alla votazione degli iscritti a PaP mediante una piattaforma telematica, quindi esclusivamente via Internet dopo una serie di assemblee di base locali dove non si fanno esprimere le compagne e i compagni in merito. Li si fanno discutere ma non decidere. La decisione avviene paragrillinamente attraverso Internet.
Nel testo dello Statuto 1 si dice all’articolo 1, punto 2, comma c, II paragrafo: “Se lo ritengono opportuno e se il numero degli iscritti è sufficientemente ampio, le Assemblee Territoriali possono dotarsi di un coordinamento e di uno o più portavoce su base metropolitana o provinciale, sempre rispettando il criterio di parità di genere.“.
Non rendere necessaria e obbligatoria la strutturazione di coordinamento è già un errore che permette una disomogenea formazione politica e sociale del soggetto in questione: il “portavoce” e il “coordinamento” o esistono o non esistono ovunque. L’assemblearismo di base segue queste regole, non un soggetto politico, anche definito “movimento” nel primo paragrafo iniziale e, subito dopo, “associazione”.
Senza spulciare il diritto, è evidente che ogni “associazione” di persone diventa un soggetto giuridico: comitato, movimento, partito, sindacato, ecc. Ma un soggetto politico deve avere chiara la sua fisionomia e sapere se è una semplice associazione oppure un movimento politico con una struttura qualificata a definita.
Rimane un mistero. Anzi, rimane una incongruenza cui fanno seguito molte altre ambiguità che non aiutano nella ricerca di una chiarezza di intenti nel voler costruire un assetto democratico internamente a PaP.
Anche gli organismi nazionali vengono parzialmente nominati mediante Internet: del Coordinamento nazionale ipotizzato (composto da 80 membri), 20 verrebbero eletti tramite la piattaforma telematica. Un modo per allargare la democrazia e consentire una più ampia partecipazione? Vedendo i risultati sino ad ora prodotti, anche dai grillini, ci si permetta di avere qualche legittimo dubbio.
Nel corso del periodo estivo si è proceduto, da parte del coordinamento provvisorio di PaP ad una calendarizzazione del percorso costituente attraverso la definizione delle regole organizzative. In pratica, la scrittura di uno statuto.
Essendo evidente che la bozza elaborata conteneva e contiene tuttora espressioni di forme di gestione che oltrepassano la democrazia interna e guardano, ad esempio, all’elezione dei portavoce per via plebiscitaria, diretta, senza il passaggio della classica fase congressuale a vari livelli; essendo altresì evidente che si sono create quelle che le compagne e i compagni di Sinistra Anticapitalista hanno giustamente definito “dinamiche involutive” (annunciando e praticando la loro uscita da PaP) nella dettatura di una tempistica di approvazione delle regole comuni che non consentirebbe ai partiti che facevano e fanno parte di PaP di avere una libera, legittima discussione in merito.
Proprio l’adesione singola, poi, è una formula che sottende a creare divisioni interne come quelle che nascono e crescono in Rifondazione Comunista il cui Statuto non permette l’adesione a due partiti o due formazioni politiche, ma solo al PRC.
E’ uno strano, curioso e modernissimo “entrismo” quello di PaP, che non può essere di sostegno alla causa della strutturazione di Rifondazione Comunista e viceversa e non può essere foriero di aperture a sinistra.
Come dirigenti, iscritti e militanti comunisti, del Partito della Rifondazione Comunista, noi abbiamo il dovere di esprimere un dissenso profondo in merito e di proclamare che prima di tutto viene il Partito e poi vengono le alleanze.
Per dirla molto semplicemente: “Autonomia e unità” è un binomio che vorrei Rifondazione conservasse conservandosi come Rifondazione Comunista.
Per farlo non pensiamo che il percorso sia quello di includerci in una via di settarismo movimentista ma semmai nella riaffermazione del ruolo del PRC dentro una cultura e una logica di sinistra che contempli potere e popolo ma per davvero: il potere che i comunisti dovrebbero conquistare attraverso l’approccio istituzionale e l’appoggio popolare che non può arrivare dalla visione gestionale o organizzativa di un gruppo di compagni che stigmatizza l’esistenza stessa della forma-partito per poi fondarne una che è il contrario del partito di massa.
L’appello è voler bene a Rifondazione Comunista e alla sinistra di alternativa. L’appello non è contro Potere al popolo! ma per recuperare una comunità-Partito che è nostra e che può ancora servire alla ricostruzione della domanda di uguaglianza in favore di una nuova domanda di sinistra.
Alcuni compagni si domandano se Rifondazione Comunista sia ancora utile. Rispondo così: ciò che sta fuori noi è certamente meno utile perché tende a votarsi al governismo, a tentativi di impossibile riedizione del centrosinistra o a rannicchiamenti autoreferenziali che si proclamano rivoluzionari ma che si chiudono a qualunque dialogo con chi ha anche una minima differenza di obiettivo nella ricerca della trasformazione sociale.
Le visioni coincidenti sono sempre state improbabili, quando non impossibili, tanto a sinistra quanto a destra. Meno al centro. E’ pur vera la favola secondo cui nel centro politico di un Paese si riescono a far convergere le più disparate contraddittorie posizioni: il PD ne è un esempio unico, tutto italiano.
Per battere queste anomalie che hanno prosciugato la sinistra moderata e quelle grilline che hanno fatto man bassa della sinistra più radicale e di alternativa, serve uno sguardo ampio in quelle praterie che tanti sostengono esistano a sinistra ma che non ci sono.
Lo ripeto ennesimamente: compito nostro è dare voce ad una domanda di uguaglianza su cui deve crescere la nuova, rinata domanda di sinistra. Ma senza riscoperta del valore egualitario delle persone, quindi senza l’abbandono della logica merceologica ed individualista esasperata del liberismo, non si può costruire nessun potere popolare. Tanto meno se per farlo si scimmiottano esempi di movimenti che oggi governano con la Lega.
Aderite all’appello, compagne e compagni. Nulla è perfetto. Nemmeno questo appello, ma almeno è frutto di una volontà netta, precisa: salvare una comunità politica dall’annichilimento dentro un esperimento che non ha nulla a che fare con la storia delle comuniste e dei comunisti in Italia.
MARCO SFERINI
20 settembre 2018