Licenziamenti, la linea dura di Draghi

L'opposizione. Alla riunione della cabina di regia il premier, la Lega e Iv insistono per mantenere il blocco solo per tessile, abbigliamento e calzaturifici

Draghi incontrerà le parti sociali sul tema rovente del blocco dei licenziamenti: i sindacati sono stati convocati a palazzo Chigi per le 15 di oggi. Ma la posizione del governo per ora non cambia ed è quella già giudicata del tutto insufficiente dalle confederazioni, che insistono per la proroga del blocco generalizzato sino a ottobre. La cabina di regia riunita ieri ha deciso di procedere in direzione opposta, confermando lo sblocco dei licenziamenti a partire dal primo luglio con la sola eccezione dei settori tessile, abbigliamento e calzaturificio per i quali il blocco arriverà a ottobre, con cassa integrazione gratuita.

Sull’altro versante a un passo dalla scadenza il 30 giugno, quello delle cartelle esattoriali, la cabina ha invece scelto la proroga sino al 31 agosto. È stata anche decisa l’erogazione di altre 13 settimane di cassa integrazione straordinaria per tutte le aziende in crisi con ammortizzatori esauriti, indipendentemente dal fatto che abbiano già aperto o meno i tavoli di crisi. Per queste aziende era già stato stabilito il divieto di licenziare. La novità è che, con l’estensione della Cigs anche alle aziende che non hanno ancora aperto i tavoli, la platea delle aziende interessate diventa molto più vasta.

È una soluzione al ribasso: quella già anticipata più volte la settimana scorsa e anche nella sua versione più ristretta, limitata cioè ai settori in condizioni di massima crisi senza neppure quei limitati allargamenti ad altri settori che erano sembrati possibili. Il segretario del Pd Letta finge di aver strappato un risultato straordinario e plaude: «Sembra un buon compromesso». Di parere opposto la capogruppo di LeU De Petris: «La proroga selettiva non basta a fronteggiare l’ondata di licenziamenti». Non si esprimono per ora i 5S, la cui posizione era però favorevole alla proroga del blocco per tutti, tanto che il forse-leader Conte aveva alzato inutilmente il telefono per chiederla al successore subentrato a palazzo Chigi.

Significativamente, il ministro Orlando è più cauto del suo segretario: «La discussione sui licenziamenti è andata nella direzione giusta». Parole scelte per far capire che l’orientamento, cioè la proroga selettiva, va bene ma la selezione ancora no. In realtà Orlando, come Speranza e Patuanelli, avrebbe preferito una formula ben diversa: quella della proroga trasversale per le aziende che nel corso della pandemia hanno fatto maggiormente ricorso alla cassa integrazione. Se misurata su un lasso di tempo ampio, non gli ultimi mesi ma l’ultimo anno, la selettività avrebbe così riguardato davvero un ventaglio ampio di aziende sul punto di inviare le lettere di licenziamento.

Inoltre si sarebbe affermato un criterio giusto, quello per cui le aziende che hanno potuto reggere la crisi solo grazie all’aiuto dello Stato non possono poi, al momento della ripresa, passare ai licenziamenti come se nulla fosse. I sindacati probabilmente non si sarebbero comunque detti soddisfatti, avendo scelto come linea del Piave la proroga per tutti ma, con discrezione, ammettevano ieri, prima della doccia fredda partita dalla cabina di regia, che si sarebbe trattato di un passo avanti molto importante.

Invece non è neppure chiaro se la proposta alternativa che ieri mattina sembrava sicura sia stata discussa nella riunione di ieri pomeriggio. I partiti della ex maggioranza di Conte erano tutti e tre favorevoli ad allargare le maglie della selezione per settore. Fi, che nel pomeriggio aveva incontrato i sindacati, era possibilista. A fare muro sono state la Lega con Giorgetti, Italia viva con Bonetti e sopratutto lo stesso Draghi e il ministro dell’Economia Franco, fermi sulla restrizione rigida della proroga del blocco.

L’ultima mano si giocherà dunque tra oggi e domani, tra l’incontro con i sindacati e la riunione del cdm che dovrebbe varare domani, nell’ultimo giorno utile, le proroghe. È una partita molto più rischiosa di quanto i commenti ufficiali non mostrino. Perché difficilmente i sindacati potranno accettare una soluzione così lontana dalle loro richieste ma altrettanto difficile sarebbe per il Pd reggere un conflitto frontale con la Cgil.

ANDREA COLOMBO

da il manifesto.it

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