Sempre molto difficile scegliere di appoggiare o tollerare il liberismo contro neonazismo: Junker fa appello ai diritti umani e all’Europa come baluardo dei medesimi.
Ma i diritti si tengono per mano, a braccetto, stretti gli uni agli altri: sociali e civili.
Pensare alla libertà civile senza pensare a quella sociale è far torto all’una e all’altra.
Peggio sono ancora i comunisti che pensano di dover far progredire i diritti sociali tralasciando per il momento quelli civili: sarebbero “sovrastrutturali”.
Ma il comunismo, diceva Gramsci, è “umanismo totale” e apriva la grande questione di una riattualizzazione, già nel primo Novecento, di un marxismo che aveva dovuto – come bene spiegava Engels – mettere al centro dell’analisi e della scienza l’economia come fenomeno da cui dipendevano e dipendono tutte le altre cose e forse, senza volerlo, aveva tralasciato di dare eguale importanza a tutte le libertà.
Se cade una, cadono tutte.
Dunque, la libertà di Junker è quella formale, borghese, che fa apparire tutti soggetti di diritto, liberi nel dire, pensare, fare.
Ma poi ci si sbatte il grugno proprio sul “fare”: non possiamo fare ciò che più ci è congegnale contribuendo al libero sviluppo di tutti. Dobbiamo fare ciò che il mercato ci impone.
Eh certo che la libertà di Junker è sempre un gradino avanti rispetto all’ssolutismo neonazista di chi alza muri con fili spinati, mostra disprezzo per categorie precise di esseri umani e ci riporta indietro di quasi un secolo.
Basta stare però attenti: si può combattere Orban senza sposare Junker. Basta riconoscere il proprio avversario non dal colore della pelle ma dal conto in banca, dalle speculazioni che fa in borsa, dalla differenza con cui vive rispetto a noi. Sarebbe subito evidente che il nemico non è il migrante, non è il rom… è il padrone. Pardon… l'”imprenditore”…
(m.s.)
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