Lo sgombero di Primavalle: simboli immediati, improvvisi, fuori da ogni posa fotografica che però diventano emblemi di una coscienza che dovrebbe essere collettiva nel biasimare prima e condannare immediatamente dopo l’accanimento dello Stato, anzi del potere, contro i meno tutelati, i più discriminati di questa società.
Un bambino regge dei libri, li porta in salvo con sé stesso: sono una cosa unica, inscindibile, ma cacciati entrambi dal luogo dove sommariamente, proprio come la provvisorietà di un elenco di capitoli non ancora sfogliati e stampati poco dopo la copertina. Qui la copertina è l’arroganza di un potere, di una imposizione che cala la sua coltre pesante su chi non ha amici così potenti da potersene rimanere in uno stabile di proprietà dello Stato ma che lo Stato non recupera.
Qualche ora più tardi le forze dell’ordine scoprono un arsenale di pistole, mitra, fucili corredato da svastiche su bandiere, emblemi de partito nazionalsocialista hitleriano ingigantiti rispetto alle classiche spille portate all’occhiello dai criminali del Terzo Reich, nomi di strade su cartelli stradali che sembrano appena tolti dalla Berlino tutta rovine del maggio 1945 e, infine, qualche folkloristica insegna di negozi e persino di un ospedale.
Poi, dulcis in fundo, pure un missile “aria-aria”, dicono gli esperti del valore di 700.000 euro al mercato nero. In armeria sicuramente non lo vendono, quindi è certamente mercato nero: nero, nero. Nel vero senso della parola. Chi rifornisce questi neonazisti addirittura di tante centinaia di migliaia di euro per comperarsi un missile che usano gli aerei per sparare dall’aria ad altri obiettivi in aria? Che se ne facevano a terra questi neonazisti che spesso sottovalutiamo pensando che siano “quattro gatti” e che in fondo siano manifestazioni più emblematiche e cameratescamente goliardiche di un passato che non passa?
Sembra quasi ridicolo e infantile scriverlo sotto questo governo, ma diventa sempre più necessario mettere fuori legge, al bando, sciogliere qualunque organizzazione che faccia riferimento al nazismo, al fascismo o a concezioni autoritarie della società che contrastano apertamente con i valori della Costituzione repubblicana.
Sembra quasi ridicolo e infantile scrivere e auspicare tutto questo mentre al governo del Paese vi sono forze politiche che hanno sino ad oggi dimostrato la linea della “fermezza” contro briciole di umanità che preme alle porte di quella che chiamiamo “casa nostra” e che somiglia sempre meno all’Italia della Repubblica democratica, di quel dopoguerra in cui la guerra non la si voleva più veramente e dove la solidarietà era diventata l’asse portante di ogni ispirazione legislativa, di ogni consuetudine rinnovata nella quotidianità dei rapporti tra cittadini che troppo presto hanno dimenticato di essere stati, per la maggior parte, un po’ tutti fascisti a suo tempo: ciascuno con sfumature differenti, ma volenti o nolenti…
Sull’Italia di oggi, si ripete nelle televisioni, non c’è il pericolo di alcun rigurgito fascista: sicuramente non nei modi e nelle manifestazioni esteriori del ventennio mussoliniano.
Certo: usi e costumi sono cambiati: oggi i balconi sono le lunghe dirette su Facebook dove si ammansiscono decine di migliaia di “collegati” che si proferiscono in commenti che spaziano dalla raccomandazione al leader di riguardarsi dai malanni di stagioni ad anatemi e maledizioni pseudo-politiche contro tutti i suoi nemici che, alla fine, sono per forza nemici d’Italia visto che lo slogan giaculatoriamente ripetuto è: “Prima gli italiani!”.
Tante “stranezze” nel panorama politico e sociale italiano che dovrebbero portarci a riflettere seriamente sulla svolta autoritaria iniziata più di un anno fa e continuata oggi con il Decreto sicurezza-bis la cui incidenza liberticida dovrebbe essere un campanaccio d’allarme per una democrazia trattata come aspetto esteriore dell’esistenza di uno Stato che può dissociarvisi e trasformarsi praticamente in repressione del dissenso, allontanamento dell’indesiderato, derisione delle critiche e banalizzazione del ruolo degli altri poteri che non siano quelli meramente esecutivi.
L’opera di convincimento di massa verte su questi concetti: “Io vado avanti come un treno!”; “Intanto noi cresciamo nei sondaggi!”; “Prima gli italiani!” (ovviamente!); “Io bado alle cose da fare, alle cose serie!”; “Non vado in Parlamento a parlare di fantasie!” e via di seguito.
Lo diciamo sempre… in un Paese normale, quindi normalmente democratico, quindi liberal-liberista ma pur sempre liberale nei suoi princìpi morali e nel rispetto della ripartizione ed equipollenza dei poteri, tutto ciò non potrebbe accadere e non sarebbe permesso.
Evidentemente, è probabile che l’Italia non sia più un Paese di tal fatta e che si stia trasformando, questa volta molto pericolosamente, in un terreno di prova per l’applicazione di una politica mista: liberismo e sovranismo. Alla ricerca di una compatibilità tra classe dirigente economica e classe dirigente politica per garantirsi e proteggersi a vicenda nei rispettivi campi d’interessi.
Una sorta di strategia della tensione fatta con altri mezzi: apparentemente leciti e inseriti nel contesto della legalità perché frutto della legittimazione popolare attraverso le urne. Ma è proprio attraverso le urne che, con una serie di condizionamenti e di appoggi economici non da poco, il nazionalsocialismo prese le redini del cancellierato tedesco nel gennaio del 1933.
Elezioni e opposizione parlamentare non sono una garanzia di mantenimento della democrazia. Solo la mobilitazione popolare, quindi il risveglio delle coscienze e della critica sociale lo è.
MARCO SFERINI
16 luglio 2019
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