Lev Trotskij. La mia vita

I libri che sono sempre più difficili da trovare sono anche quelli che mi incuriosiscono di più: dietro ogni loro pagina, dietro le copertine non c’è solamente la storia...

I libri che sono sempre più difficili da trovare sono anche quelli che mi incuriosiscono di più: dietro ogni loro pagina, dietro le copertine non c’è solamente la storia che nel libro si racconta, ma pure la storia di quel testo che ha attraversato i decenni e, a volte, anche i secoli.

Grazie alle meraviglie della tecnologia, ad un Internet dove tutto viene messo in connessione, scambiato o venduto, tanti scritti che avrebbero terminato il periodo della celebrità e della notorietà in università, scuole e anche banchi dei mercatini dell’usato, si possono trovare facilmente e leggere pure gratuitamente.

Altre volte, invece, alcuni di questi testi sono rintracciabili persino su cartaceo e magari nella loro versione di prima edizione italiana. E’ il caso dell’autobiografia scritta da Lev Trotzkij pubblicata in Italia da Mondadori nel 1930 (titolo originale “La mia vita” – “Mein Leben”) e che, appena trascorsa la Seconda guerra mondiale, venne ristampata nel 1961 e, visti gli anni caldi della rivolta sociale, operaia e studentesca che pervadeva quei momenti veramente storici, anche nel 1976 finalmente negli “Oscar“.

L’introduzione venne affidata molto intelligentemente al più acuto dei curatori del trotzkismo italiano, della corrente quartinternazionalista: Livio Maitan.

Altri avrebbero probabilmente ecceduto nella retorica, trasceso la missione (grata ed ingrata al tempo stesso) di introdurre una biografia così importante, oppure mortificato lo spirito di un libro che mescola pennellate balzachiane e un rigore cronachistico misto che non può non tradursi inevitabilmente nella descrizione politica degli eventi che riguardarono, in particolare, la Rivoluzione russa e, quindi, si può ben dirlo, quasi tutta la vita di Trotzkij.

Maitan ci aiuta ad individuare il metodo di scrittura del rivoluzionario comunista, a comprenderne non soltanto la ratio nella disposizione delle opinioni personali dell’autore messe accanto alla cronologia dei fatti, ma a evincere con un esercizio abbastanza facile di critica storico-politica tutti i passaggi in cui il marxismo trotzkijsta sta tra le righe di una visione della società e del mondo che non vuole, per prima cosa, essere affidata alla singolarità.

Trotzkij è diverso da Stalin anche in questo: è un uomo colto, anche raffinato, capace di comporre canzoni e scrivere lunghe pagine mentre si trova nelle carceri zariste di Odessa. Per non impazzire, gli farà dire qualche suo esegeta. Più probabilmente per mantenere viva la sua mente, per non scollarla da quella realtà che gli viene preclusa in quegli anni. Proprio mentre si trova nella città oggi sotto attacco dalle armate di Putin, Lev Davídovič Bronštejn legge gli scritti di Antonio Labriola e inizia a conoscere le posizioni dei tanti marxismi che prendono corpo nei movimenti operai delle più diverse parti d’Europa e del mondo.

Stalin invece è un uomo di potere: prima viene il controllo di sé stesso e dello Stato e poi tutto quanto il resto. Il dittatore che farà uccidere Trotzkij, dopo aver iniziato ad uccidere il comunismo sovietico con la negazione dell’internazionalismo proletario, teorizzando e mettendo in pratica il “socialismo in un solo paese”, non avrà mai quell’amore per la cultura che saranno invece propri tanto del fondatore dell’Armata Rossa quanto, ad esempio, di una rivoluzionaria che stimerà sempre: Rosa Luxemburg.

Maitan ci premette che quella che leggeremo è la storia di una vita tribolatissima, travagliata, costellata di non meno traversie rispetto a quella di Marx. Tutti e due sanno che cos’è l’esilio, sanno che cosa vuol dire essere messi all’indice da una società che nega di essere ingiusta, che si mostra come il migliore dei mondi in sviluppo costante e che, pertanto, deve ostracizzare chi la vuole rivoltare come un calzino.

Tanto Marx quanto Trotzkij, nella maturità delle loro vite, si trovano nel pieno di una sproporzione enorme nei rapporti di forza con gli avversari che non si sono scelti. Stare da una parte ben precisa, quella del moderno lavoratore, dello sfruttato per antonomasia, li ha messi inevitabilmente contro tutto ciò che contrasta i loro propositi. E siccome siamo in presenza di due uomini non comuni per capacità intellettuale ed organizzativa, questo confronto – scontro lo si legge proprio tutto nelle loro pagine di vita, nei carteggi, nelle corrispondenze e, non da ultimo, almeno per quanto riguarda Trotzkij anche nelle biografie.

Lettore e critico molto acuto, Livio Maitan nota che, in tutto il testo preso da lui in esame, il propugnatore della “rivoluzione permanente” non si abbandona mai al meccanicismo degli eventi: sebbene gli accadimenti siano legati fra loro da un rapporto di causa ed effetto e mai disgiungibili dai contesti in cui avvengono, Trotzkij lascia spazio all’eventualità, al possibilismo ed anche all’inatteso come fenomeni non incasellabili nella materialità della vita.

Questo non fa della sua biografia un chissà quale tradimento di uno spessore ideologico fondato sulle pietre angolari di una sacralità marxista dogmatica e, quindi, in assoluta antitesi con la dialettica come motore rivoluzionario della storia. Tutt’altro: proprio dalla considerazione della compenetrazione tra decisionismo anche singolo e inevitabilità dei rapporti di forza tra le classi, Trotzkij trae la conclusione che la vita e, prima ancora, la storia umana sono il prodotto di questa simbiosi.

La rigidità di qualunque assolutismo è degna del peggiore stalinismo, della negazione del comunismo come movimento di liberazione dallo stato di cose presente. Ciò che si va formando nella vita di Bronštejn è la duttilità del pensiero, la plasmabilità delle idee che non devono imporsi alla realtà, ma esserne nutrite e stimolate. Stalin invece adeguerà le sue idee ad un mondo che dimostrerà di subirle e non di condividerle.

Ma, se il marxismo che si trova nella biografia di Trotzkij è l’antitesi di quello staliniano, è pur vero – nota Maitan – che si distingue pure dai riformismi socialdemocratici della II Internazionale, proprio perché rifiuta quella vena di “meccanicismo positivistico” che nega il processo rivoluzionario e che spinge le forze politiche socialiste e comuniste ad un progressivo adattamento compromissorio con la realtà antisociale di una politica di uguale fatta.

Il volontarismo resta per Trotzkij parte essenziale del carattere con cui ha affrontato le pagine più tormentate della sua vita, le difficoltà che parevano insormontabili e che hanno rischiato di esserlo. Il motore collettivo della storia umana sono le masse che, tuttavia, devono essere guidate da un partito fatto di professionisti della rivoluzione. Fino ad un certo punto, così come Lenin e Bronštejn marciano insieme nella fondazione del sovietismo, anche quelle correnti del marxismo che prenderanno i loro nomi si può dire che abbiano avuto molto, davvero tanto in comune.

Stalin tenterà di approfittare delle polemiche tra i due grandi rivoluzionari: non soltanto quando entrambi sono ancora in vita per farsi largo nel nuovo regime politico e statale, ma in particolare dopo la morte di Lenin, per screditare maggiormente il suo più grande nemico.

La biografia si legge come un romanzo d’avventura, perché, in fondo, la vita di un rivoluzionario non può che essere avventurosa e piena di colpi di scena. Si fa il giro d’Europa: dalla Russia alla Germania, dal Mar Nero alla Spagna e si va verso la conclusione di un testo che non conclude la vita di Trotzkij, perché si ferma al 1929. Gli altri undici anni della sua esistenza si possono leggere e conoscere attraverso tutta una serie di scritti che lui stesso continuò a redigere, ad interviste che rilasciò, a comizi che tenne in Europa e in America.

Su di lui sono state scritte numerose biografie: vale la pena citare quella di Victor Serge (“Vita e morte di Trotzkij“, edita in Italia da Laterza). Ma nessun ritratto postumo è, almeno fino al momento della costrizione all’esilio, paragonabile per intensità emotiva, descrittiva e anche per analisi politica all’autobiografia che in pochi mesi scrisse a Prinkipo, nella sua prima tappa in un “pianeta senza passaporto“.

LA MIA VITA
LEV TROTSKIJ
MONDADORI
Prezzo non definibile

MARCO SFERINI

23 marzo 2022

foto: particolare della copertina del libro

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la biblioteca

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