La “Carta dei valori” delle destre neonazi-onaliste, sovraniste, xenofobe e razziste (e tutto l’armamentario di odio e disprezzo che si portano sempre appresso) è un po’ il manifesto di un nuovo – ed allo stesso tempo antico – antieuropeismo.
Nel proporsi come tale, pretenderebbe di avere quella particolare capacità di contraddire alacremente tutti i costrutti messi in piedi dalle geometrie variabili delle varie cancellerie dei paesi che formano l’Unione: da quelli che pretenderebbero di rappresentare l’onesta continuazione dei princìpi ispiratori della Comunità Europea fino al Trattato di Maastricht che ha istituito la UE per come la conosciamo, passando per altri trattati – firmati anche dalle forze un tempo indipendentiste e oggi patrioticheggianti all’eccesso – come quello di Dublino.
Se per la destra estrema che governa l’Ungheria c’è una perfetta coerenza tra piano nazionale e piano europeo, altrettanto non si può dire per quelle forze politiche italiane che siedono al governo di un liberal-liberista banchiere, tanto nemico prima tanto quanto amico oggi. La contraddizione è, almeno dovrebbe essere, di una certa evidenza se la politica fosse linearità, se davvero i nomi, gli epitati e i vari aggettivi con cui si contraddistingue nel corso delle diatribe televisive e internettiane fossero la conseguenza dei fatti, delle cose che ci stanno davanti quotidianamente.
La coerenza, del resto, non è mai stata la parte forte delle destre che sono, per loro natura, opportuniste perché devono fare leva sui sentimenti più reconditi dell’animo umano, legandoli malevolmente con i bisogni reali, con tutte le insufficienze provocate da una economia distrosa che fa il paio con una politica che degnamente la rappresenta in quanto a difesa del privato rispetto al pubblico.
Semmai è proprio l’incoerenza ad essere invece un pericoloso patrimonio comune, tanto per le destre di governo e di opposizione quanto per un centrosinistra che ha colpe ancora maggiori: perché mestiere dei cosiddetti sovranisti è quello di esacerbare gli animi, di spezzare la possibile unità di classe che potrebbe interessare tante proteste sociali, eterodirigendo l’attenzione su tematiche che mettono in contrapposizione poveri con poveri, evitando accuratamente di favorire una ripresa della consapevolezza prima e della coscienza critica nel mondo del lavoro, ad esempio; mestiere del centrosinistra, si pensava un tempo che dovesse essere quello di mediare tra interessi moderati, del cosiddetto ceto medio, e interessi più prettamente “proletari“.
Invece, se le destre si sono rivelate essere per ciò che mostravano essere, delle vere e proprie assassine delle coscienze, inoculatrici di timori infondati che hanno aperto baratri nelle menti riempite di pregiudizi, razzismo e odio a buon peso, il centrosinistra ha tradito ogni aspettativa. Ormai da lungo tempo, ormai da decenni.
Il ricompattamento delle forze di destra anche in Europa è un chiaro sintomo di una debolezza continentale delle forze moderate di centro quanto di presunta sinistra che mostrano di occuparsi del tema della riemersione del putridume neofascista e sovranista soltanto per la parte concernente la minaccia contro i diritti umani e i diritti civili. Elementi importantissimi, fondamentali per il mantenimento della democrazia, ma privi e privati volutamente di una garanzia sociale che spetterebbe a tutti quelle donne e quegli uomini che sono anche precari, disoccupati, lavoratori autonomi e dipendenti.
La speranza che le sinistre moderate cambino, ed assumano una critica a tutto tondo del sistema capitalista, proponendo una idea di Europa veramente sociale, è tanto utopico quanto lo è confidare nei buoni propositi della “Carta dei valori” che, dietro parole di circostanza e cortesi pseudo-istituzionali, espone il programma per una Europa inquietante: paventando un “SuperStato” continentale che non esiste, trova il pretesto per riproporre il nazionalismo nella cornice di una condivisione di valori comuni essenzialmente ai paesi di Visegrad.
La risposta a queste sedici formazioni estremiste di destra deve venire da una sinistra anticapitalista e antiliberista che non abbia tentennammenti nel denunciare tanto il progetto antisociale dell’Unione Europea come la conosciamo oggi, quanto quel continente che vorrebbero neofascisti e neonazisti vari, intransigenti dogmatici religiosi, omofobi e razzisti. Ciò va fatto bilanciando istituzioni e forze sociali, creando una vera e propria nuova Internazionale di tutti gli sfruttati che allarghi i suoi orizzonti e che ponga al centro del suo agire la contraddizione insanabile tra capitale e lavoro, senza trascurare la liberazione ben più ampia di quella umana che riguarda anche gli animali e la natura nel sul complesso.
Il centrosinistra italiano e le forze liberiste possono solo ritardare una torsione autoritaria nell’Unione Europea, ma non possono evitarla se continueranno a sostenere politiche che puntano sullo sfruttamento dei paesi più poveri, quelli che si affacciano su un Mediterraneo che è teatro amaro di tanti problemi sociali epocali che si incontrano e si scontrano. Fino ad oggi gli Stati dell’Unione hanno cercato di affidarsi ad uno strabismo politico che guardava da un lato ai problemi interni da associare ai simili in Europa. Forti con forti, deboli con deboli.
La preoccupazione per la compattezza delle destre non può rimanere un semplice sentimento politico di contrasto, una sorta di giustapposizione tra le forze sovraniste da arginare soltanto al momento del voto per l’elezione del Parlamento di Strasburgo.
Occorre coordinare le lotte ma, soprattutto, rifondare una pratica di sinistra di alternativa sulla base di una nuova cultura sociale che ponga i popoli davanti alla crudezza delle politiche liberiste con una semplicità di comunicazione che non scada nella banalità e nel semplificazionismo, ma che invece intercetti i biosgni e le attenzioni dei più indigenti per sottrarli al richiamo maligno delle destre e alle lusinghe del liberismo di certe pseudo sinistre.
MARCO SFERINI
3 luglio 2021
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