Chissà se il premier Draghi sarà ancora soddisfatto del suo accordo con la Libia dopo la strage di esseri umani causata proprio da quell’accordo. Chissà se il nostro governo europeista interverrà per richiamare l’Ue, dato che Frontex sapeva e non è intervenuta.
Se tutto il mondo ha potuto vedere quali sono le conseguenze del cinismo italiano ed europeo è grazie ai «buonisti» della Ong Sos Mediterranèee, che hanno provato ad aiutare quelle imbarcazioni in fuga.
Il leader dei sovranisti nostrani, il «duro» Salvini, che accusa chi salva vite umane di essere responsabile di quelle morti, dovrebbe vergognarsi insieme ai tanti che, con responsabilità diverse, hanno contribuito in questi anni a consegnare alle milizie e ai trafficanti libici il destino di migliaia di persone in fuga da una guerra civile che abbiamo contribuito ad alimentare.
Per chi si ritrova prigioniero in Libia le opzioni sono due: tentare la fuga, rischiando la morte, o restare alla mercé della violenza organizzata, sdoganata anche dal Memorandum siglato dal nostro governo.
I governi europei, quelli che si ergono a giudici di chi vìola i diritti umani, davanti alla cancellazione di quei diritti si girano dall’altra parte e lasciano che siano le milizie ad occuparsi di questa umanità evidentemente per loro «meno umana».
La Libia non è un porto sicuro, ha ribadito più volte l’Alto Commissario Onu Filippo Grandi. Solo nel 2021 più di 6 mila persone sono state catturate con imbarcazioni libiche pagate dal nostro governo e riportate in lager dove è noto a tutti, anche ai nostri ministri, che le persone subiscono trattamenti disumani e degradanti.
Ma il Governo continua a fare affari con quel Paese, dichiarando che fermare quelle persone in fuga è nel nostro interesse, anche sapendo a che destino vanno incontro. Argomenti non dissimili dalla «difesa delle frontiere della patria» proclamata dal leader leghista per giustificare il sequestro di persona di cui dovrà rispondere ai giudici di Palermo.
Il Parlamento italiano deve istituire subito una Commissione d’inchiesta sull’accordo Italia – Libia e sulle responsabilità del governo nelle stragi e nelle violenze perpetrate.
Le immagini dei gommoni che si aggirano tra i corpi senza vita di uomini e donne che speravano di salvarsi mettendosi nelle mani dei trafficanti, ancora l’unica possibilità di scappare, dovrebbero spingere governi e Ue ad attivare subito un piano di evacuazione delle migliaia di persone prigioniere delle milizie, per evitare che debbano scegliere tra la violenza e il pericolo di morte.
Purtroppo finora ha prevalso il calcolo elettorale e l’assenza di coraggio e intelligenza politica, oltre che di un briciolo di coscienza, anche nelle forze democratiche.
Servono a poco quote simboliche per i cosiddetti corridoi umanitari, praticati peraltro dalle associazioni religiose e non dai governi. Dimostrano che si può fare, si possono salvare le persone, ma che a farsene carico devono essere i governi, con programmi adeguati. L’Ue si è arresa, e il Patto Europeo su migrazioni e asilo lo dimostra con chiarezza, all’ideologia dei partiti sovranisti e razzisti. Era l’aprile del 2015, solo 6 anni fa, quando a seguito dell’ennesima strage il Consiglio Europeo fu convocato d’urgenza.
Iniziò con un minuto di silenzio e si concluse con l’impegno di fermare le stragi. Il minuto di silenzio dura da 6 anni e non servono lacrime di circostanza e finte promesse. Bisogna agire subito: evacuazione e chiusura dei campi per migranti in Libia e un programma di ricerca e salvataggio europeo. Fermare la strage è possibile!
FILIPPO MIRAGLIA
foto: Flavio Gasperini / SOS Mediterranee