Chi ci ha abbandonato? Sembra una domanda a sfondo astratto-meditativo e invece è l’amaro titolo scelto per presentare ieri i dati Istat della lettura alla fiera milanese di Tempo di Libri. Il punto è stato interrogarsi proprio sui non-lettori in Italia. Un drammatico 57,6% che corrisponde a oltre 4 milioni di non lettori in più rispetto al 2010 (4 milioni e 300mila per la precisione). Ci sarebbe in effetti da inaugurare una sincera valutazione e non certo a scopo contemplativo ma critico e anche, forse, di costatazione che più di qualcosa è andato in corto-circuito.
I non-lettori, cioè quelli che dai 6 anni di età in su non hanno sfogliato neppure un libro in un anno, sono complessivamente 33 milioni. A guardarne il profilo ipotizzabile ci si accorge che non si è in presenza di un nuovo analfabetismo ma di una incostante frequentazione della pagina scritta, anche da parte di chi ha una propensione per «i prodotti culturali» e ha gradi spesso elevati di istruzione. A parte, infatti, che a spiccare per pigrizia è la popolazione maschile (il 64,5%) e la passione invece di quella femminile che solleva l’asticella attestandosi al 51,1%, nel 2016 i non-lettori risultano essere il 28,2% (aumentati del 7% rispetto il 2010) tra quelli che abitualmente si recano al cinema, a teatro e nei musei. La percentuale raddoppia tra chi usa la Rete tutti i giorni (in aumento del 15% rispetto al 2010).
«L’elemento di maggior interesse e di riflessione riguarda la necessità di approfondire chi è un non lettore», lo riconosce anche l’Associazione Italiana Editori che è colonna portante della Fiera di Milano Rho e che è più che interessata a domandarsi qualcosa riguardo la fedeltà dei lettori e delle lettrici ma anche la ragione della disaffezione di quei 4 milioni che un tempo sono stati attenti consumatori.
Sta di fatto che chi non molla – insieme a chi c’è sempre stato, ovvero quell’entità quasi magica del cosiddetto «lettore forte» – ha un bel da fare. Nell’ambito di Tempo di Libri, Aie e Nielsen hanno presentato i dati del mercato italiano dei libri, in calo di 2,9% a valore sul 2016 (nel primo trimestre del 2017). Guardando all’andamento degli ultimi tre anni comunque, si registra un lieve aumento (sempre a valore), grazie alla fiction (38,4% a copie) e i libri per bambini e ragazzi (22,8%, sempre a copie).
Quella porzione di popolazione che legge almeno un libro all’anno cosa ci vuole indicare? Che si vive bene fino agli 11 anni e il resto della vita lo si deve trascorrere nutrendo anzitutto la propria fantasia? Non esattamente, intanto perché anche qui non è l’età tra l’adolescenza e la vecchiaia a essere più attaccata dalla disaffezione alla lettura (e si potrebbero fare dei distinguo tra uomini e donne) ma una serie di fattori e variabili.
In compenso «l’Italia si vende benissimo all’estero», lo ha ribadito ieri Giuseppe Strazzeri, direttore di Longanesi, in occasione di un incontro dedicato alla narrativa italiana. Che all’estero guardino alla nostra letteratura con grande slancio ed entusiasmo è uno dei dati più confortanti, siamo tra i più amati. È «a casa nostra» che dobbiamo sempre concentrarci più del dovuto per trattarci bene.
ALESSANDRA PIGLIARU
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