Dopo una lunga pausa – le ultime battute in aula al Senato risalgono a luglio – si riapre la trattativa sul ddl Zan contro l’omotransfobia. È stato il segretario del Pd Enrico Letta a dare la spinta. Domenica sera, intervistato a Che tempo che fa, ha annunciato di aver dato l’incarico al primo firmatario delle legge Alessandro Zan «di fare un’esplorazione con le altre forze politiche per capire le condizioni che possano portare a un’approvazione del testo rapida».
La novità è dunque l’apertura alla trattativa, cosa che il Pd finora aveva escluso per il timore, fondato, che il centrodestra (Lega in testa) puntasse solo ad affondare la legge. Ora invece Letta apre a modifiche «non sostanziali», senza entrare nel dei dettagli. «Mi fido di Zan», assicura.
Il tempo a disposizione è pochissimo.
Già domani ci sarà un voto in Senato su due proposte di Lega e Fratelli d’Italia che chiedono di non passare all’esame degli articoli della legge. Un voto tagliola che potrebbe essere segreto. E che sancirebbe, nel caso in cui le destre ottenessero la maggioranza, la morte della legge.
Per questo Zan, alla vigilia degli incontri con le forze politiche che si terranno tra oggi e domani (prima del voto in aula), chiede a Salvini e Meloni di ritirare le due tagliole. E alla presidente del Senato Casellati di non concedere il voto segreto.
L’obiettivo di queste mini consultazioni – Zan sarà affiancato dalla capogruppo Pd Simona Malpezzi- è quello di riaprire il dialogo con Italia Viva e con Forza Italia. E di tentare di approvare il testo con piccole modifiche con una «maggioranza Ursula», dalla sinistra fino a Fi. «Gli emendamenti di Fi possono essere guardati con attenzione. In particolare quelli della Bernini, che votò a favore della legge sulle unioni civili…», spiega la dem Monica Cirinnà.
«Chi voterà a favore del non passaggio agli articoli vuole affossare la legge. Chi vuole approvarla, magari con modifiche, voterà contro la richiesta della destra», chiarisce il dem Franco Mirabelli. Italia Viva gongola: «Lo avevamo detto 4 mesi fa di aprire alle modifiche», scrive Matteo Renzi. «Noi fummo insultati per aver posto il tema, ma se vogliamo che la legge passi vanno cambiati i passaggi più delicati».
Contemporaneamente a Zan, anche il presidente della commissione Giustizia, il leghista Andrea Ostellari, ha riaperto il suo vecchio tavolo che non aveva portato a nulla la scorsa estate: oggi alle 17 ha convocato i capigruppo dei partiti. «Anche Letta si è arreso all’evidenza: sul ddl Zan serve una mediazione di buonsenso, senza limitare le libertà e lasciando fuori i bambini». la sua linea.
Sull’articolo 1 l’intesa sembra possibile: «Non è sicuramente uno degli articoli centrali di questa legge», spiega Zan, mentre «l’identità di genere è presente negli articoli 2 e 3, cioè nell’estensione della legge Mancino». E aggiunge: «Solo una piccola minoranza del movimento femminista contesta la legge». Il nodo, come noto, riguarda la parte dell’articolo 1 che recita «per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione».
Si tratta di una definizione inserita per consentire di punire le discriminazioni contro le persone transessuali, come specificato negli articoli 2 e 3 della legge. Ma che non ha convinto, oltre alla Chiesa e al centrodestra, anche alcune femministe.
Zan ascolterà le richieste dei partiti. Possibile che il Pd accetti una riformulazione sul ruolo delle scuole in occasione della giornata nazionale contro l’omobitransfobia. «Vedremo e capiremo quali possono essere i punti di confronto, ma non vogliamo stravolgere la legge», dice Zan. «No ad accordi al ribasso», avverte il M5S.
La legge resta appesa a un filo. Domani si capirà se c’è ancora qualche chance di arrivare in porto. In ogni caso il testo dovrebbe tornare alla Camera per la terza lettura.
ANDREA CARUGATI
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