Nell’apparente infuriare di una discussione riguardante la legge elettorale condotta con grande fragore di grancassa mediatica e in gran parte utilizzando argomenti capziosi e strumentali mi farebbe piacere riuscire a ricordare alcuni principi fondamentali, con un ricordo del passato.
Una premessa complessiva, prima di entrare nel merito:
l’acquisizione della logica riguardante la cosiddetta “vocazione maggioritaria” da parte di forze provenienti da quella che è stata la “sinistra storica” in questo paese ha significato un vero e proprio “slittamento a destra” (scusandomi per la terminologia d’antan) anche perché collegata all’espressione di quell’individualismo competitivo (che sta alle base delle disgraziatissime “primarie”) ancora non sufficientemente esplorato dalla scienza politica e che, invece, rappresenta un fenomeno che andrebbe analizzato con attenzione anche perché strettamente connesso all’affermazione del “partito personale” invece già così brillantemente esaminato da Mauro Calise.
Un coacervo quello tra partito personale, individualismo competitivo, vocazione maggioritaria che sta alla base dello smarrimento completo delle finalità “di parte” dei soggetti politici (non più posti direttamente di fronte alle contraddizioni sociali e alla necessità di mediare le esigenze dei soggetti che le incarnano materialmente) e rende di formazione opaca e incontrollabile socialmente la costruzione della rappresentanza politica e, di conseguenza, le fonti della governabilità.
Partito Personale, individualismo competitivo (primarie) vocazione maggioritaria (sistema elettorale – appunto –maggioritario) rappresentano così la piena applicazione dei dettami dell’intramontabile P2.
Ciò premesso alcune considerazioni:
la Costituzione com’è noto non contiene alcuna scelta al riguardo della formula elettorale attraverso la quale i voti sono tradotti in seggi, ma fornisce una indicazione del tutto decisiva al proposito: il corpo elettorale elegge il Parlamento e non il Governo (che tra l’altro come sappiamo bene può essere condotto, quando fa comodo, da un Presidente non eletto da nessuna parte o magari nominato senatore a vita 24 ore prima di ricevere l’incarico).
Il Governo ha l’obbligo di ricevere il voto di fiducia da entrambi i rami del Parlamento ed è in quella sede che si formano le eventuali maggioranze e le eventuali minoranze, tanto più che deputati e senatori agiscono in regime di articolo 67 della Carta Costituzionale, cioè in assenza di vincolo di mandato rappresentando ciascheduno di essi l’intero corpo elettorale.
Strumentalizzano e falsificano quindi coloro che vorrebbero pretendere che la formazione del governo uscisse direttamente dalle urne: adesso si propone una variante del sistema tedesco dimenticando che proprio in quel sistema l’appoggio all’esecutivo è totalmente parlamentare, tanto è vero che- adesso come adesso – abbiamo una maggioranza formata dai due maggiori partiti, CDU-CSU e SPD, in teoria alternativi e, in passato, l’FDP è transitata più volte da una maggioranza con la CDU- CSU ad una maggioranza con l’SPD.
Ricordando ancora come ben due sistemi elettorali fondati sul premio di maggioranza allo scopo di forzare la mano ad una presunta “governabilità” sono stati bocciati dalla Suprema Corte (un record mondiale, tale da far nascondere dalla vergogna i presunti legislatori capaci di un tale obbrobrio: e c’è chi ancora insiste su quelle strade) rammento come il sistema proporzionale in vigore tra il 1948 e il 1992 conteneva comunque un premio per i partiti maggiori, attraverso l’aumento di 2 unità del divisore per ogni circoscrizione e l’esclusione dalla suddivisione dei seggi per quelle liste che non avessero conseguito almeno un “quorum” pieno in almeno una circoscrizione e 300.000 sul totale di lista.
In questo modo DC e PCI pagavano ogni deputato circa 50.000 voti mentre i partiti minori li pagavano 100.00.
Aggiungo inoltre che il collegio uninominale non garantisce minimamente la vicinanza tra eletto ed elettore essendo stata usuale (quando era in vigore la legge del 1993) il paracadutare nei collegi candidati graditi alle direzioni nazionali dei partiti (in Germania i candidati per i 299 collegi uninominali sono scelti attraverso assemblee con voto segreto rigorosamente riservate agli iscritti dei partiti di ogni collegio).
Il tutto invitando gli addetti ai lavori a ragionare sulla credibilità complessiva del sistema: è quello il punto altro che formula elettorale.
Al contrario degli intendimenti di lor signori che, in realtà, risiedono completamente nella possibilità di controllo delle nomine (e non nell’elezione) dei parlamentari: questo vale per tutti o quasi i gruppi di potere che gestiscono i simulacri di “soggetto politico” presenti nel nostro Paese.
Il resto interessa poco: ormai la cosiddetta “politica” è ridotta al potere di nomina e al potere di spesa, indipendentemente dalle finalità che non siano quelle strettamente private nell’esercizio più classico del “familismo amorale” come ci mostrano, ciò grande tranquillità, le cronache dell’oggi.
FRANCO ASTENGO
14 maggio 2017
foto tratta da Pixabay