Quando Matteo Renzi interviene sulla legge elettorale – quasi quotidianamente, nelle ultime settimane – lo fa sempre spiegando di non volersene troppo occupare. E sempre invita a non perdere tempo, a non fare «giochi e giochetti». Occupandosi lui di allungare il brodo. Così come aveva chiesto di fermare i lavori della camera in attesa della sua incoronazione-bis, poi suggerito il modello elettorale delle province, rinnegato quel suggerimento, riproposto ancora l’Italicum, rinnegato l’Italicum, inventato il Rosatellum, il segretario del Pd ieri ha creato un ennesimo diversivo. Ora che toccherebbe stringere in commissione, «per tutta la settimana il Pd sarà pronto a incontrare gli altri partiti, nelle forme e nelle delegazioni che siamo pronti a concordare con i singoli schieramenti», ha fatto sapere alle nove via facebook.
C’è sempre un ultimatum in genere in questi rinvii, e c’era anche ieri sera: entro martedì 30 i giochi dovranno essere fatti perché il Pd discuterà di legge elettorale in direzione nazionale. Il segretario ha bisogno di far digerire al partito un eventuale ritorno agli accordi con Berlusconi. Ma soprattutto può contare su una exit strategy più che dignitosa per lui, perché nel caso in cui non si riesca a cambiare la legge elettorale, i due sistemi in vigore possono rafforzarlo al centro del parlamento e del partito, anche senza dargli la vittoria assoluta. E soprattutto capisce bene che al punto in cui si è giunti (fine maggio) elezioni anticipate in autunno e riforma del sistema di voto sono discretamente incompatibili.
Oggi la prima commissione della camera approverà finalmente il testo base della nuova legge elettorale. Poteva farlo sette giorni fa, ma il Pd ha imposto una sterzata rinnegando il suo Italicum in favore di una evoluzione del Mattarellum dagli effetti marcatamente maggioritari. Nel frattempo, avendo spaventato a sufficienza Berlusconi, Renzi non vuole rinunciare alla possibilità di recuperarlo grazie a una versione corretta del sistema elettorale tedesco. Il Cavaliere offre in cambio la disponibilità di Forza Italia alle elezioni anticipate in autunno, per la verità non essenziale dal punto di vista dei numeri. Renzi ha già in mano la sorte del governo Gentiloni. Quello che gli serve è soprattutto un alibi, l’incidente in grado di chiudere la legislatura senza che il Pd debba caricarsi la responsabilità del gesto.
Tra il Cavaliere e il segretario del Pd il filo non era interrotto. La nuova ipotesi non è esattamente «il sistema tedesco, quello vero» richiesto da Berlusconi nell’intervista di domenica al Messaggero che ha portato alla luce le trattative. Renzi si è spinto troppo in avanti nel rifiutare il sistema proporzionale puro e nel chiedere elementi di maggioritario, tanto che ha lasciato morire l’Italicum orfano del ballottaggio. Gli elementi di maggioritario da innestare sul proporzionale alla tedesca (50% di seggi uninominali, 50% proporzionale) potrebbero andare dall’indicazione obbligatoria del candidato premier prima del voto, alla soglia alta di sbarramento (5%), alla previsione di un solo voto, quello per il candidato nel collegio uninominale esteso alla lista o coalizioni di liste che lo sostengono. Quest’ultima è una soluzione già presente nel testo Fiano, oggi testo base. È solo il punto di partenza, la strada sarà tracciata dagli emendamenti.
Un sistema come quello così descritto, soglia compresa, somiglierebbe alla proposta sulla braccia dieci anni fa, in coincidenza con il tramonto dell’ultimo governo dell’Ulivo. Passò alla storia come «bozza Bianco», dal nome di Enzo, oggi sindaco di Catania e allora presidente della commissione affari costituzionali del senato. Era un modello tedesco riportato però nel calcolo dei seggi su base circoscrizionale, una soluzione adottata per risolvere il problema della composizione numerica delle assemblee. In Italia infatti camera e senato hanno un numero di componenti fissato dalla costituzione, mentre in Germania non è così ed è allora possibile rispettare la proporzionalità della legge continuando a garantire il seggio a tutti i vincitori nell’uninominale. Altrimenti, per rendere flessibili anche le assemblea parlamentari italiane, servirebbe una modifica costituzionale. Con tempi troppo lunghi per le necessità del momento.
ANDREA FABOZZI
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