Un garantismo del tutto presunto, sbandierato ai quattro venti a parole ma poi impossibile da rintracciare nei fatti. L’avanzare della riforma Nordio, per ora solo alla commissione giustizia del Senato, cambia sì il codice penale (cancellato l’abuso d’ufficio, depotenziato il traffico d’influenze illecite, modificate le intercettazioni) ma in una sola direzione, solo all’apparenza garantista.
«Si puniscono duramente gli imbrattatori di muri e i mendicanti, ma si salvano sempre i colletti bianchi», dice al manifesto il segretario di Area democratica per la giustizia Ciccio Zaccaro. «Sembra che ci sia un diritto liberale per i cittadini di serie A e uno durissimo per i cittadini di serie B».
Gli fa eco il leader di Magistratura democratica Stefano Musolino: «È un garantismo a tutela dei più forti, del resto Nordio fa così da sempre. Prendiamo il decreto sicurezza: i carcerati, che sono l’anello più debole della società, potrebbero essere puniti anche per delle manifestazioni non violente, come ad esempio rifiutare il cibo per protesta, mentre per gli amministratori pubblici si parla di garanzie necessarie. Lo squilibrio è evidente».
Sull’abuso d’ufficio persino la corrente di destra, Magistratura indipendente, è critica verso la maggioranza che lo ha cancellato con un colpo di spugna: «C’è un segmento di questa norma che impone agli amministratori di astenersi quando c’è un interesse proprio o di un prossimo congiunto. Ditemi che senso ha sopprimere anche questa porzione della norma nell’ottica di attenuare la paura della firma», si è chiesto il segretario generale Salvatore Casciaro intervenendo ieri mattina a Sky Tg24.
Una bella contraddizione, tra le altre, l’ha notata persino la leghista Giulia Bongiorno: senza l’abuso d’ufficio, in molti casi le procure saranno costrette a indagare per corruzione, un reato ben più grave e che consente agli investigatori margini di manovra molto ampi. Un boomerang clamoroso.
L’intenzione del governo di abrogare l’abuso d’ufficio, comunque, era nota da tempo: la firma di Mattarella al ddl Nordio – con raccomandazione inascoltata di non andare a devastare una di quelle norme che secondo l’Ue ogni paese membro dovrebbe avere nei propri codici – risale allo scorso luglio, anche se solo adesso in commissione il tutto sta cominciando a prendere forma, con il Guardasigilli a rivendicare la perfetta coerenza del suo operato.
In attesa, come fosse Godot, della riforma più complessiva, che la premier Meloni giura e spergiura sarà fatta entro l’anno. Nel frattempo la tensione tra l’esecutivo e le toghe resta palpabile, tra dichiarazioni più o meno ostili e proposte che hanno il sapore della punizione, come quella dei test psicoattitudinali del magistrati, grande classico dell’epoca berlusconiana tornato di moda in questi giorni.
«C’è un’evidente campagna di delegittimazione dei magistrati e più in generale di tutti gli organi di garanzia e di controllo – ragiona Zaccaro -, come se al governo fossero preoccupati che qualcuno si intrometta nella loro liaison con il popolo. In questo contesto il richiamo continuo alla futura riforma della giustizia è un monito implicito ai magistrati. Come dire: non vi mettete in mezzo altrimenti vi riformiamo…».
Musolino è sulla stessa lunghezza d’onda: «Ci sono continui annunci che hanno lo schietto ed evidente fine di invitare la magistratura a fare la buona. Trovo incredibile che non si accetti il dialogo con noi su diritti e giurisdizione, evidentemente i magistrati non sono considerati un arricchimento per il dibattito pubblico ma un nemico, anche se non lo siamo».
Il fantasma, si sa, è quello della separazione delle carriere, tema oltremodo scottante, che comporterebbe una modifica della Costituzione. Da non dimenticare che la Carta verrà tirata in ballo anche per un’altra riforma che, almeno alla premier, sta molto a cuore, quella del premierato. Sobbarcarsi due battaglie del genere in un solo anno potrebbe essere troppo persino per questo esecutivo. Ma, è tradizione, minacciare di fare qualcosa può avere lo stesso effetto del farla davvero. Almeno finché non cade il bluff.
MARIO DI VITO
foto: screenshot tv