In quasi due anni di attraversamento del deserto pandemico siamo stati abituati a vivere i cambiamenti come se ci trovassimo sempre su delle sorte di crinali: cadere da una parte o dall’altra? Scegliere anche quando non è possibile? Oppure forzare le opzioni e crearne una terza per reclamare così quella libertà che viene agitata a sproposito il più delle volte e vilipesa volutamente dalle frange più estremiste dell’estrema destra e della galassia antivaccinista e oggi assolutamente avversa al Green pass?
Si è provato un po’ tutto: chi ha adoperato la crisi sanitaria come grimaldello per esacerbare gli animi inquieti e rabbiosi di una larga fascia di popolazione indigente (ma non solo…), oggi si trova a fare i conti con un depotenziamento delle pretestuosità, ormai ampiamente conosciute e rivelate al grande pubblico da importanti inchieste giornalistiche sia televisive sia cartacee, e con la necessità di adeguare la protesta al veloce svolgersi degli eventi. Se il Super Green pass era già nell’aria da settimane, la quarta ondata del Covid-19 ha sorpreso un po’ tutti.
Si ripresenta così una occasione per l’estrema minoranza dei no vax: resuscitare quella nenia oltraggiosa per le orecchie e per la verità dei fatti, quel rosario negazionista e complottista che declama l’assoluta coincidenza del popolo intero con le poche decine di migliaia di marciatori del sabato pomeriggio, orfani delle guide noefasciste che li portarono all’assalto della CGIL; quel ribadire ritmicamente che chi si trova lì, in piazza, non mollerà mai, ammantato da una costruzione ideologica impenetrabile da qualunque critica, moderno dogma trasversale, interclassista e quindi altamente antisociale.
Eppure, nonostante l’introduzione del Super Green pass, nonostante l’annuncio delle vaccinazioni per i bambini e i ragazzi dai 5 anni in su e le conseguenti minacce di riattivare il processo popolare contro la “dittatura sanitaria” e il “grande reset mondiale” ordito dal complotto giudaico-massonico-plutocratico-pedosatanista, la sopravvalutata e sovrastimata popolazione antivaccinista mostra le prime importanti crepe di un edificio costruito sulla sabbia delle fantasie qanoniste e sulle fisime nevrotiche di un disagio sociale espresso sino a prima della pandemia in altre forme.
Medici che avevano sostenuto che nei vaccini ci fosse “acqua di fogna“, ora vanno in televisione a fare un mea culpa anche un po’ sensazionalistico, utile ai fini di mostrare quanta vacuità vi fosse nelle teorizzazioni internettiane e nella battaglia dei social riversatasi nelle manifestazioni molto spesso violente che hanno caratterizzato soprattutto il primo periodo autunnale. Portuali triestini e semplici cittadini che non facevano altro se non disinformarsi su canali e presuntuose riviste online propagatrici di maree di false notizie, una volta ricoverati nelle terapie subintensive degli ospedali, una volta assaggiata la “fame d’aria” e aver vissuto purtroppo sulla loro pelle i danni del Covid-19, hanno deciso di non stare zitti.
Hanno deciso di parlare, con grande coraggio. Perché non è indubbiamente semplice smentire sé stessi, soprattutto se pochi giorni prima, per molti mesi, si è saliti sui palchi delle manifestazioni negazioniste e complottiste per denunciare l’inutilità della scienza, rinvigorendo le proprie posizioni draconiane di volta in volta, mostrando una muscolarità verbale veramente aggressiva, intimidatoria e prevaricante qualunque possibilità di confronto, di critica, di rispetto delle opinioni altrui.
Dietro a molte persone legittimamente dubbiose sui risultati scientifici, che possono e devono essere anche oggetto di critica, e davanti ad una moltitudine di cittadini indotti a sospettare di tutto e di tutti piuttosto che a discutere i diversi approcci ai temi e alle problematiche sollevate dalla pandemia, si sono mossi inquietanti personaggi dell’estremismo neofascista con l’intento di sovvertire una democrazia ritenuta fragile, per sostenere forze reazionarie sovraniste presenti in Parlamento e condizionare in questo modo la politica nazionale, non facendosi mancare collegamenti con sfere di interesse economico sia italiane sia ben lontane dalla stessa Unione Europea.
Può essere che una parte dell’oltre 85% dei vaccinati si sia lasciata “convincere” (tra virgolette) dalle restrizioni imposte ai no vax dal Green pass prima e da quello rafforzato poi.
Ma la maggior parte della popolazione ha fatto le prime due dosi spontaneamente, non senza un certo timore, ma dando fiducia alla scienza medica: il che non significa che si deve archiviare la propria coscienza critica, la coltura del dubbio. Ma non del sospetto che è aprioristico, prevenuto e porta soltanto a diffidare anche per paura, ma che finisce col rendere prigioniero l’antivaccinista e l’anti-Green pass di un autoconvincimento di essere nel giusto per il solo fatto di essere “contro“.
La contrarietà preventiva si lascia abbandonare ad una progressiva mancanza di aderenza all’oggettività dei fatti, dei numeri. Si finisce col mettere in discussione qualunque cosa e, seguendo i teoremi complottisti, bisognerebbe isolarsi dal mondo, evitare di comperare qualunque merce, perché non si può mai sapere come siano avvenuti i processi produttivi e cosa sia stato messo in un cibo, in un indumento, in un computer o in un televisore. Potrebbero esservi microchip e spie ovunque, sostanze chimiche sconosciute in ogni dove.
Col passare dei mesi, abbiamo imparato molto dai comportamenti dei no vax e ci siamo interrogati spesso proprio sulle mutazioni antiscientifiche di un settore di popolazione che però solo parzialmente è diventato così ottusamente controffattuale e relativista: pericoloso proprio per la messa in discussione di una serie di criteri con cui si è comunemente stabilito che un dato è tale quando è provato attraverso la condivisione di molteplici riscontri incrociati, oltre il semplice empirismo (che pure rimane un punto di partenza importante per uscire dal campo delle illazioni).
La congruità, l’essenza stessa dei riscontri oggettivi è stata attaccata da un tentativo di assalto all’impianto culturale, scientifico ed etico della nostra vita democratica (pur dentro il condizionamento strutturale di un capitalismo voracemente liberista) e, per questo, sovversivo nei confronti della Repubblica e dei cosiddetti “corpi intermedi” che mediano tra istituzioni e popolazione. Abbiamo così assistito ad atti squadristici contro i sindacati, contro le associazioni antifasciste, contro partiti e movimenti colpevoli di sfuggire alla narrazione complottista che – a sua volta – tacciava di conformismo “mainstream” chiunque biasimasse le scempiaggini di chi stava nelle piazze insieme a personaggi istrionici con croci cristiane al collo e magliette, cartelli con sopra scritto “Green pass macht frei”.
Un degrado anticulturale, immorale e anticivico: un sottoprodotto di una ignoranza diffusa ma, allo stesso tempo, ristretta settariamente in un contesto pregresso fatto di mescolanze populiste – per tanti anni portate avanti dal grillismo d’antan – e sovraniste – per altrettanti anni alimentate dai riti magici con le ampolle del Po fino alla più pratica conversione nazionalista.
Il relativismo antistorico e antiscientifico, fintamente rivoluzionario dei no vax lo si batte con una rialfabetizzazione sociale e civile, senza alimentare la guerra fredda civile di questi mesi. Per farlo occorre, da un lato sussumere ogni particolare interpretazione della realtà ad una ritrovata considerazione della indiscutibilità dei dati scientifici: mantenendo la consapevolezza che invece politica e società possono essere attraversate da una dialettica anche aspra, da differenze abissali che, tuttavia, per conservare la legittimità di libertà di espressione non possono non perdere qualunque carattere e tentazione dogmatica e assolutista.
Le prime crepe in questo muro sono visibili. Siccome siamo nemici dei muri, speriamo che anche questo crolli quanto prima.
MARCO SFERINI
3 dicembre 2021
foto: screenshot