Le leggi le fa(rà) il Parlamento. Forse…

“Il Parlamento non ha più l’esclusività del potere normativo. Con la riduzione di deputati e senatori ci saranno solo vantaggi, una maggiore razionalizzazione e un sistema più funzionale”. Stefano...

Il Parlamento non ha più l’esclusività del potere normativo. Con la riduzione di deputati e senatori ci saranno solo vantaggi, una maggiore razionalizzazione e un sistema più funzionale”. Stefano Ceccanti, deputato del Partito democratico, è tra i sostenitori del Sì al referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari fortemente voluto dai 5 Stelle, che si terrà il prossimo 20-21 settembre. Se vincessero i Sì, i deputati passerebbero da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200”.

Questa dichiarazione di Ceccanti, noto sostenitore del maggioritario e della “democrazia governante” coglie in pieno un punto fondamentale e può essere giudicata molto pericolosa per la struttura democratica del Paese, ancora fondata piaccia o no sull’impianto della Costituzione del 1948.

Deve essere chiaro che il nostro livello di replica ad affermazioni di questo genere deve essere quello del richiamo costituzionale nel suo complesso.

E’ necessario imporre al giudizio dell’elettorato un quadro di vera e propria ispirazione ai principi non negoziabili che storicamente si sono espressi nella nostra (pur martoriata) democrazia repubblicana.

L’esclusività o la pluralità di sedi di esercizio del potere normativo non è, come fraintende volutamente Ceccanti, la questione che è in gioco rispetto al referendum ex-articolo 138 che, abbinato alle elezioni regionali e amministrative, si dovrebbe tenere il prossimo 20 settembre.

Il confronto politico che dovrà svolgersi nel corso della campagna elettorale invece riguarda prioritariamente i temi della rappresentanza politica.

Un confronto che dovrà essere portato avanti aprendo anche una riflessione più ampia su altre questioni:

a) è emersa, in questi mesi, la tentazione di rendere accettabile il disarmo della pluralità delle presenze politiche con il relativo affidamento di poteri “border line” rispetto alla Costituzione ad una élite ristretta, bypassando il Parlamento attraverso l’utilizzo dei dpcm , della comunicazione svolta “in solitaire”, della formazione di “task force”;

b) appare evidente l’intento di puntare su di una subalternità della politica verso un ruolo della “tecnica” libera di agire in nome di un non meglio identificato “bene superiore”. Ceccanti quando parla di superamento nella “esclusività del potere normativo” evoca, inconsapevolmente, questo rischio molto grave per la democrazia. E’ lo stesso quadro di riferimento usato dal presidente del Consiglio Conte nel corso dell’emergenza sanitaria. Una involuzione tecnocratica che deve essere sconfitta;

c) a proposito di sedi diverse di espressione del “potere normativo” va considerata, infine, la grande difficoltà emersa nel rapporto tra potere centrale e potere locale. Vengono a galla tutte le storture derivanti dagli errori commessi nelle modifiche costituzionali a suo tempo attuate come modificazione soprattutto nel ruolo delle Regioni al riguardo di delicatissime materie prima fra le quali la sanità.

In questo quadro il “NO” alla riduzione del numero dei parlamentari assume così un significato ben preciso di contrasto a un tentativo di stravolgimento dei principi fondamentali della democrazia repubblicana e di relativo salto nel buio verso una deriva di tipo presidenzialistico – tecnocratico.

FRANCO ASTENGO

20 agosto 2020

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