Anche nella apoteosi della totalizzante presenza del Coronavirus Covid-19, vero e proprio convitato di pietra, in tutti i mezzi di informazione (dalle televisioni allo streaming, dalle radio – che per fortuna, almeno, continuano a trasmettere anche un po’ di musica e di programmi spensierati – ai social) dovrebbe esservi una linea di demarcazione da non oltrepassare, quasi istintiva, tanto quanto tutti gli altri istinti brutali che imperversano nella comunicazione di questi convulse giornate.
Invece queste linee di demarcazione non si vedono, i freni inibitori non scattano ed è permesso persino contraddirsi editorialmente nel giro di ventiquattro ore. Così avviene sui quotidiani dove si afferma che la “strage” è praticamente alle porte e poi, a strettissimo giro di posta, si ribatte a titoli cubitali che, viste le misure drastiche del governo, è bene “darsi una calmata” e riportare i consigli a più modesti toni,
Siamo ormai oltre qualunque fronte della chiarezza e della coerenza. Siamo nella dimensione del tutto è possibile perché è impossibile da prevedere e quindi ogni panico è giustificato, ogni istinto primordiale e irrazionale è condizione di vita necessaria per sopravvivere alle Furie moderne che ci avvolgono e, giustamente, si vendicano della superficialità quotidiana con cui, ormai da anni, è trattata ogni notizia.
Le opinioni in forma di “post” sui social hanno le sembianze di dogmi clericali, quasi si parlasse tutti quanti ex cathedra con il divino dono dell’onniscienza.
Purtroppo la tuttologia è uno sport praticato facilmente su Internet perché è facile aprire un computer e diventare protagonisti di quanto si afferma davanti al mondo intero. Potenzialmente è questa la disposizione dell’informazione singola, veicolata dai social network. Nella successiva fase dell’attuazione della potenza, i ridimensionamenti delle tante castronerie che girovagano in rete per fortuna nascono con lo stesso meccanismo: si posta, si riposta, si risponde e si condivide, si inoltra, si copia e incolla.
Per cui la lotta tra false notizie che aumentano l’ego smisurato di ciascuno di noi, nel sentirci produttori di un qualcosa che nemmeno sappiamo bene cosa sia (non è una merce, non è una opinione, ma una semplice “condivisone” di contenuti di altri), e la verità dei numeri, dei fatti, delle cose e delle persone riesce spesso a conoscere una prevalenza della oggettività sulla soggettività.
Facciamocene pure una colpa, così da crearci qualche alibi coscienzioso e poter dire (mi associo, ovviamente, a questo proposito) che siamo ben consapevoli che del non essere totalmente acritici, acefali e privi di un buon senso che è creanza, che è coscienza e che quindi un certo distacco dal cannibalismo massmediatico e internettiano possiamo “vederlo” (psicoanaliticamente parlando) e quindi metterlo anche in pratica.
Vi è poi, però, anche un aspetto interessante nel considerare quanto piacere ci regala tutta questa immersione nel mondo velocissimo delle notizie e del protagonismo internettiano? E’ un onanismo moderno, una forma di masturbazione mentale che ci serve per sopravvivere ed evitare di sentirci esclusi e difformi dal resto della massa?
Come mai anche i giornalisti ne sono preda e oltre ai classici editoriali di un tempo, dalle colonne dei quotidiani cartacei e alle loro versioni online passano volentieri a pubblicare, con una certa frenesia, ogni sorta di aggiornamento sul Coronavirus Covid-19 almeno una o due volte ogni singola ora del giorno?
I bollettini medici hanno una frequenza molto inferiore. Quelli di guerra venivano dati addirittura una volta al giorno. Come mai il giornalismo, ed anche un po’ tutte e tutti noi, sentiamo questa necessità di rimanere sempre “connessi” sconnettendoci dalla realtà in cui viviamo, pur pensando così di viverla più intensamente?
Domande a cui sarà possibile rispondere con studi sociologici che faranno gli esperti della materia e che sarà davvero interessante poter leggere.
Al momento, l’avanti e indietro, l’andirivieni di notizie e smentite che soprattutto i giornali di destra mettono a nove colonne si sposa benissimo con l’eclatante, con il grido alla valle, ma non con la evangelica vox clamantis in deserto. L’eccitazione per il sensazionalismo della notizia è l’esatto opposto del preparare una strada per colui che verrà a portare la verità. E, al momento, la verità non sembra che la si possa riscontrare se non, peraltro più che giustamente, nelle parole pacate e ragionate di quegli scienziati che non minimizzano i problemi ma che li mettono sul tappeto con tutti i nudi e crudi limiti della lenta ma costante acquisizione delle informazioni mediante la sperimentazione e lo studio delle casistiche.
Ma l’avanti e indietro dei tuttologi continua, non ha soste. Personalmente mi fermo sulla soglia del commento e se voglio delle informazioni so dove trovarle. Non mi sono mai occupato di medicina, tanto meno di scienza o fisica. Sono mondi del sapere che osservo e provo a capire con una certa commozione, perché mi sembra di percepire tutto lo sforzo umano per migliorare le nostre vite e fare di questa esistenza qualcosa di sempre meno sofferente.
Ma parimenti dovrebbe evolvere anche la ricerca sociale di un mondo dove proprio la scienza, tra le altre discipline, possa essere libera da condizionamenti di potere dettati dal profitto e svilupparsi senza ricatti e prevaricazioni tipiche del mercato capitalistico.
Ma questo i tuttologi lo riterrebbero di secondo piano: ciò che a loro interessa è il clamore per vendere più copie, per avere più visitatori online e, magari, per avere più consensi elettorali al prossimo giro in cui il popolo, stanco e frustrato dal passare del tempo e dal trovarsi sempre nella medesima condizione di sopravvivenza, si recherà sempre meno alle urne e disprezzerà ancora di più la democrazia.
MARCO SFERINI
27 febbraio 2020
Foto di Gerd Altmann da Pixabay