Una tragedia con vittime che rischiano di superare il centinaio. Man mano che i soccorritori si addentravano ieri nelle rovine fumanti di Mati, una quarantina di chilometri a nordest di Atene, le dimensioni della tragedia diventavano sempre più grandi. Complessivamente, lungo tutta la riviera orientale, sono migliaia le case e gli appartamenti divorati dalla fiamme, alcune ridotte a rovine fumanti, altre toccate in parte, a seconda della forza del vento. Ora si cerca di vedere quanti sono rimasti intrappolati dentro.
Si contano, intanto, le vittime ritrovate fuori, per strada, alla ricerca di una via di salvezza che non si vedeva. Le fiamme sono state veloci e i riflessi degli abitanti troppo lenti. È una zona densamente abitata d’estate. È nata di colpo negli ultimi decenni, in maniera caotica, con case abusive, strade larghe un metro appena. Piccoli villaggi diventati luoghi di villeggiatura degli ateniesi oppure residenza di chi, e non sono pochi, vuole fuggire dal centro cittadino. Scarsi i turisti stranieri, qui c’è quasi esclusivamente turismo interno prevalentemente famigliare.
Già nel primo pomeriggio i soccorritori hanno rivolto appelli allo sgombero. Ma non è stato facile. Tanti sono rimasti intrappolati dentro la macchina in una serie di ingorghi creati dal panico e dal disordine. Un gruppo di 26 vittime è stato scoperto in mattinata in un campo a poche decine di metri dal mare. Cercavano la salvezza ma il fumo li ha accecati e ha fatto loro perdere l’orientamento. Famiglie strette nell’ultimo abbraccio, anziane coppie, amici e conoscenti.
Chi è riuscito a raggiungere il mare a piedi si è salvato. Ma molti sono caduti per strada. Quelli con le residenze verso l’interno sono stati i più colpiti lungo le piccole stradine imbottigliate con macchine bruciate fino allo sbocco al grande viale che porta fino ad Atene. Si chiama Maratona ed è lo stesso percorso lungo il quale si gareggia l’omonima corsa. Lunedì pomeriggio non era percorribile se non dai vigili del fuoco e altri mezzi di soccorso. Chi aveva avuto in tempo utile l’idea di scappare dalle vacanze verso la città era stato costretto a fermarsi: il fumo rendeva impossibile proseguire. Sui vialetti di terra battuta qualche ciabattina da bambino, qualche abito perduto, testimonianze di una fuga precipitosa.
Alla località “Porticciolo Rosso” l’accesso alla spiaggia è una strettissima scala di cemento. Da lì una bambina è scivolata e caduta sulle rocce. Più verso l’interno, a Neos Voutsas, due nuclei famigliari, con due bambini ciascuno, trovati carbonizzati dentro la macchina. I soccorritori riportano di aver trovato anche gente morta di asfissia, non toccata dalle fiamme.
Il mare, la salvezza. In tanti si sono tuffati con i vestiti dentro l’acqua e anche sotto per evitare le terribili zaffate che spazzavano dalla costa. Chi aveva una barchetta era fortunato. La maggior parte si è messa in spiaggia, al porticciolo, ovunque, aspettando aiuto.
Da subito la Guardia Costiera e anche la marina militare hanno cominciato a pattugliare le coste della zona e a raccogliere persone. Anche un portacontainer egiziano ha gettato le ciambelle e pescato gente in fuga. Avanti e indietro fino al Falero o al Pireo e da lì agli ospedali: fino a tarda sera i feriti erano 71, con una decina in condizioni critiche. A loro vanno aggiunti 23 bambini. Pochi i feriti, tanti i morti purtroppo. Più di un centinaio anche i dispersi. Oltre alla mobilitazione nei social media, è stata istituita dal ministero dell’Interno una piattaforma elettronica per chi cercasse notizie dei propri cari.
Il primo fronte del fuoco è esploso nella tarda mattina di lunedì esattamente dall’altra parte di Atene, a Kineta, lungo la strada che porta verso l’Istmo di Corinto. Fiamme enormi alimentate da un vento fortissimo, forza otto e nove, che avanzava a balzi cambiando capricciosamente direzione. La mobilitazione dei soccorritori è stata immediata. Hanno attivato gli elicotteri, bloccato l’autostrada e chiamato gli abitanti della zona a sgomberare velocemente.
Il problema era la rapida avanzata delle fiamme, che potevano minacciare il grande impianto di raffinazione Mobil Oil a Eleusi, non lontano dalla zona colpita. Se le fiamme fossero riuscite ad arrivare lì, l’esplosione avrebbe coinvolto una zona abitata di decine di chilometri. Tutti gli sforzi sono stati così tesi a tenerle lontane.
Solo verso l’ora di pranzo è emerso anche il secondo fronte, quello che poi ha provocato vittime. Le due ondate di fuoco hanno messo a dura prova le forze dei vigili del fuoco. Mentre a Kineta sono riusciti, a costo di sforzi enormi, a salvare la raffineria e tutto l’abitato attorno, senza nessuna una vittima, a Mati non sono riusciti a tenere le fiamme lontano dall’abitato.
Ieri per fortuna il vento si è placato e l’incendio è stato messo sotto controllo. Durante la notte i vigili del fuoco tenteranno di spegnere gli ultimi focolai e tenere a bada piccoli nuovi incendi.
La regione dell’Attica e il ministero dell’Interno cominceranno a contare i danni. Subito 20 milioni per chi è rimasto senza tetto, più tardi si spera in un piano complessivo per il recupero della zona. Ci sarà anche un sostegno extra ai comuni della zona per riprendere le forniture d’acqua e di elettricità.
Il premier Alexis Tsipras è stato informato della tragedia che stava colpendo l’Attica mentre si trovava a Sarajevo per essere premiato come l’«uomo della pace nei Balcani», insieme con il suo omologo di Skopje Zoran Zaev. È tornato subito in una capitale devastata. Ha rivolto un messaggio in cui dichiarava il lutto nazionale di tre giorni, ringraziava i soccorritori, ma si chiedeva anche se fosse casuale che i due grandi incendi fossero scoppiati in due punti così lontani quasi contemporaneamente.
È un interrogativo che si pongono in tanti. Tutta la zona fuori Atene è da sempre preda di speculatori. In una circostanza simile, nel grande incendio che nel 2007 devastò il Peloponneso e provocò decine di morti, si sa che fu provocato dal sindaco del paese Zacharo che voleva costruire un albergo di lusso. Ora l’incendiario sta in galera.
DIMITRI DELIOLANES
foto tratta da Pixabay