Alla prima serata del Festival di Sanremo ho dato una occhiata per i primi venti minuti. Poi ho deciso di rivedere “Io, Daneil Blake” (imperativo leggere la recensione di Giulio Sangiorgio su “Film Tv“) di Ken Loach trasmesso da Rai 5. Un film così non può essere trasmesso in prima serata sulle “grandi reti”.
E’ già una fortuna averlo potuto vedere su una rete Rai, certamente di nicchia perché dedicata alla cultura (e sappiamo bene quale peso dia alla cultura la stragrande maggioranza del popolo italiano).
Una cultura, anzi… “la” cultura, che purtroppo diventa sempre meno accessibile ai più e non per colpa di sé stessa ma per la distanza che viene ampliata da una disaffezione alla coltivazione della criticità, della messa in discussione di quelli che vengono considerati “dati di fatto“, perché oggettivamente reale nel presente, mentre si può decretare il più radicale revisionismo storico per i fatti (che sempre tali sono) del passato.
Non si deve pensare alla cultura come ad un concetto da associare all’immagine che ci raffigura una montagna di libri, scaffali e scaffali pieni di volumi, biblioteche o noiose conferenze su temi sempre più complessi e che appaiono, proprio per questo, lontani dalla “semplicità” dei disagi quotidiani.
La vera cultura sociale, civile, quindi un’etica fondata sul dubbio costante, sulla messa in discussione permanente di tutto ciò che ci piomba addosso sotto diverse forme (immagini, suoni, slogan, frasi ad effetto, titoli di giornali, verità tambureggiate da tutti i social network possibili…), è fatta solo di consapevolezza, di coscienza critica, di ribellione personale, interiore ed anche esteriore a tutto quello che preme per apparire “normale“. A cominciare dalla burocrazia che Dan deve affrontare e che lo rende esangue.
Quello di Ken Loach è atto continuo d’amore verso i più deboli, verso i moderni proletari che vorrebbero riscattarsi ma che non riescono a farlo e che non trovano più nemmeno una sponda sindacale e politica.
La vita vera è quella di Daniel Blake. Quella di Sanremo somiglia sempre più ad una favola.
(m.s.)
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