Dopo il licenziamento di 1666 persone e la chiusura della sede di Roma, “l’accordo” di Napoli segna un’altra tappa della vicenda di Almaviva, del ricatto senza fine che l’azienda ha messo in atto.
Gli oltre 800 lavoratori e lavoratrici di Napoli dovranno “scegliere” tra essere licenziati oppure perdere il TFR e rinunciare agli scatti di anzianità con un taglio di oltre il 12% del salario, con in più l’incremento dei controlli e della pressione sui ritmi di lavoro.
Si tratta di un ricatto estremo che si scarica inaccettabilmente sulle lavoratrici e sui lavoratori, mentre d’altra parte è evidente il rischio che la vicenda Almaviva segni la strada ad un salto di qualità dei processi di dumping sociale e di deroga al contratto nazionale, nel settore dei call- center e non solo.
E’ una situazione a cui si è arrivati per responsabilità precise, in primo luogo del governo.
E’ del tutto inaccettabile che non vi siano norme che impediscano effettivamente gli appalti al massimo ribasso e che anzi questa sia la pratica messa in atto dalle stazioni appaltanti pubbliche. Come lo è che non si intervenga efficacemente sulle delocalizzazioni, comprese quelle nei paesi intra Ue.
Ma oltre a queste responsabilità generali nella vicenda Almaviva ve ne sono di specifiche.
E’ emerso infatti che Simest, società controllata dal Gruppo Cassa Depositi e Prestiti, a sua volta controllata dal Mise, ha acquistato quote di Almaviva Do Brasil, mentre era in corso la vertenza.
>In sostanza le risorse dello stato non sono andate a costituire una società pubblica che garantisse l’occupazione alle lavoratrici e ai lavoratori di Almaviva minacciati dal licenziamento, ma a finanziare la multinazionale!
Siamo di fronte ad un quadro vergognoso, di cui vanno accertate con precisione le responsabilità.
E’ necessario, oggi più che mai, sostenere le lavoratrici e i lavoratori dei call center, rilanciando un’iniziativa generale per contrastare effettivamente il massimo ribasso e le delocalizzazioni.
E’ necessario battersi, a partire dal prossimo importantissimo appuntamento referendario, per cancellare l’ulteriore precarizzazione del lavoro prodotta dal Jobs Act.
E’ necessaria un’alternativa complessiva, opposta alle politiche neoliberiste, che abbia al centro la riaffermazione dell’intervento pubblico nella garanzia del diritto al lavoro e dei diritti del lavoro, non certo il sostegno alle multinazionali che licenziano e ricattano!
ROBERTA FANTOZZI
segreteria nazionale di Rifondazione Comunista
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