«Più che l’ultimo voto di questa legislatura è il primo della prossima», commenta caustico Arturo Scotto, Mdp, dopo lo strappo deciso dal Pd sui voucher. Che il Nazareno voglia arrivare a uno scontro che offrirebbe a Renzi il tanto atteso «incidente» appare certo. L’emendamento «di mediazione» depositato nella notte in commissione bilancio alla camera è praticamente identico a quello precedente. I voucher sono rientrati dalla finestra, alla faccia degli impegni. La stessa ministra per i rapporti con il parlamento Anna Finocchiaro, che venerdì aveva cercato sino all’ultimo una vera mediazione, non può fare altro che blindarsi dietro un velo di propaganda bugiarda: «I voucher sono stati cancellati. Chi dice il contrario mente».
Mdp vota contro, come Sinistra italiana e M5S. Anche i tre esponenti orlandiani in commissione negano la loro approvazione non partecipando al voto. Corrono in soccorso Fi e Lega: la truffa dei voucher passa con 19 sì contro 6 no, cementando la futura intesa di governo tra Renzi e Berlusconi.
La Cgil reagisce come preannunciato: con il ricorso di fronte alla Corte costituzionale e con l’annuncio di una manifestazione a Roma il 17 giugno. I capigruppo di Sinistra italiana Marcon e De Petris dichiarano che chiederanno un incontro al presidente Mattarella per protestare contro l’aggiramento dell’articolo 75 della Carta, quello che regola i referendum, e per invocarne l’intervento. Nello stesso Pd il dissenso non si limita ai tre deputati che hanno abbandonato la commissione. Critica la forzatura decisa dalla segreteria anche Damiano, presidente della commissione lavoro.
Nulla di tutto questo scalfisce la determinazione di Renzi. Non solo vuole andare avanti ma tutto lascia pensare che sia deciso a far chiedere la fiducia al senato dove l’Mdp, a differenza della camera, è determinante. La fiducia non sarebbe in realtà necessaria, ma l’occasione per infliggere il colpo di grazia alla legislatura è ghiotta e la dichiarazione del capo dei deputati Rosato lascia poco spazio a dubbi: «Mi auguro senso di responsabilità e che al senato Mdp mantenga fede agli impegni assunti dicendo che avrebbe sostenuto con lealtà il governo. Dopo ognuno si assumerà le sue responsabilità». E se Mdp dovesse negare la fiducia? «C’è la Costituzione che prevede cosa succede nel caso non ci siano i numeri».
È una trappola ben congegnata. Le parole di Rosato, accompagnate da molte altre dichiarazioni simili del Pd, rivelano che il gioco del cerino è già cominciato. Renzi sa che Mdp non può votare il ritorno dei voucher e si prepara ad accollare truffaldinamente agli scissionisti la responsabilità della crisi. «Il gioco del cerino non funziona più», replica il capogruppo Mdp Laforgia. Renzi è invece convinto che funzionerà e che la propaganda contro i «sabotatori», prima interni al Pd, ora esterni ma non cambiati, pagherà in termini di voti. Dunque la fiducia, se non interverranno fattori esterni al parlamento, primo fra tutti la moral suasion del Colle, ci sarà.
A quel punto Mdp si troverà di fronte a una scelta difficile: votare contro la fiducia, col rischio di offrire a Renzi il destro per imporre lo scioglimento immediato delle camere e le elezioni con il Consultellum, che secondo molti osservatori resta la legge elettorale preferita dal Nazareno, oppure non partecipare al voto, deludendo così buona parte del proprio potenziale elettorato.
La fiducia probabilmente passerebbe anche col voto contrario dell’Mdp. I conti del Nazareno e quelli degli stessi bersaniani dicono che, con l’Ala verdiniana e i manipoli che ormai pullulano, si dovrebbe superare quota 161. A quel punto sarebbe Renzi a dover decidere se andare avanti qualche mese con un esecutivo zombie per varare una vera legge elettorale oppure scommettere sulle urne subito e vada come deve andare.
ANDREA COLOMBO
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