Quindici anni. Lo hanno sequestrato per avere informazioni su un altro ragazzo che cercavano. Non sono degli spietati adulti, degli aguzzini con le rughe sui volti.
Ragazzi come lui, come il quindicenne tenuto prigioniero in un garage per ore. Sarebbe stato legato ad una sedia con fili elettrici, picchiato sui piedi con una spranga di metallo e con un coltello puntato alla gola.
Le chiamano “baby gang”. Le cronache ne sono piene. Alcuni “episodi” travalicano la violenza di quelli ritenuti “più comuni” per efferatezza, crudeltà massima. Proprio come questo, accaduto a Varese.
Raccontarli è l’antidoto per restare indignati e per avere anche un profondo dolore interiore nel pensare come sia volata via la genuinità umana di una gioventù ancora in erba.
Gli “anni verdi” si perdono nel rancore, nella violenza, nella minaccia a mano armata, nella tortura.
Per favore, non ditemi che la televisione e tutti i telefilm polizieschi non hanno colpa alcuna…
(m.s.)
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