Una facile profezia che si può fare oggi, senza possedere dunque particolari doti preveggenti, riguarda tutte le proteste che la minoranza rumorosa dei no-vax e dei no-pass metterà in scena nelle prossime settimane riguardo la terza dose del vaccino e, di più ancora (c’è da scommetterci, persino da giurarci), sull’estensione del medesimo ai bambini e ragazzi tra i 5 e gli 11 anni. Da “La gente come noi non molla mai” all’inflazionamento del già peraltro usato e abusato: “Giù le mani dai bambini“.
Paranoie da fantasie di complotto, ossessioni e nevrosi singole che si collettivizzano e fanno massa nell’assumere i contorni fisiognomici della setta in cui la condivisione delle esclusive verità scoperte dagli adepti è il collante e, allo stesso tempo, lo scudo protettivo contro il resto del mondo che, senza alcuna distinzione permessa, immaginabile o anche soltanto ipotizzabile, è tutto un insieme di malvagi, corrotti, di servi e padroni, di obnubilati e accondiscendenti del grande disegno dell’ormai tanto celebrato “nuovo ordine mondiale” diretto dalle grandi centrali del sistema. Capitalista non viene mai aggiunto. Rimane sempre in secondo piano.
Per fortuna, perché la lotta anticapitalista deve conservare, almeno, una sua dignità sociale, politica e anche intellettuale e non può confondersi con queste amenità.
Le settimane che verranno saranno pertanto ricche di manifestazioni dove i cortei faranno appello ad un risveglio delle coscienze mentre, parallelamente, l’azione di governo sarà tutta intesa a disporre la spartizione delle risorse provenienti da Bruxelles e Francoforte nel PNRR.
Eppure, nessun corteo viene spontaneamente a formarsi nelle vie e nelle piazze delle città per protestare contro le privatizzazioni e le liberalizzazioni che si preannunciano essere alcune delle linee guida del piano. Nessun corteo oggi riesce a separarsi dalla problematica piuttosto ideologica, etica e molto poco politica che riguarda il certificato verde e i vaccini. Con buona pace delle mascherine che sono passate di moda nelle proteste settimanali: non sono più un bavaglio messo sulla bocca dei liberi cittadini; non sono più delle assassine dei polmoni e delle portatrici di malattie peggiori del Covid-19…
Gli anni della pandemia conoscono una loro storia che evolve e che muta, così come vorrebbero che il virus fosse “mutante” i negazionisti della gravità del patogeno che ci affligge dalla fine del 2019. Sono tante e tali le sciocchezze che provengono da mere invenzioni che, per davvero, non varrebbe nemmeno la pena discuterne più. Ma rimarranno come interessanti fenomeni che saranno studiati da sociologi e antropologi, nonché dagli storici, per capire gli effetti della paura sulle masse e sulle singole persone.
Una paura che trasfigura i volti, che incupisce gli animi, che fa mettere in secondo piano qualunque altra problematica sociale e che altera i rapporti tra le persone e sminuisce ancora di più quella contrapposizione di classe che, invece, viene fuori dalla grande crisi ambientale di cui la pandemia è una figlia legittima. Una delle tante che potremo incontrare sulla via di un futuro pieno di incognite, alcune delle quali dovrebbero esserci meno aliene: invece, se da un lato esiste una maggioranza piuttosto silenziosa, che snobba anche un po’ la faciloneria cialtronesca dei no-vax, dall’altro questa minoranza rumorosa è stata utilizzata per aumentare il disagio sociale e per creare delle incertezze enormi e che non corrispondono affatto – almeno scientificamente parlando – al pericolo paventato.
Medici e scienziati oggi sono in grado di tenere sotto controllo il Covid-19 e neutralizzarne gli effetti più devastanti, limitando al massimo le morti. Ma riuscirebbero a farlo ancora meglio se quei 7 milioni di italiani che ancora non si sono vaccinati avessero contribuito a fare la loro parte mettendo in sicurezza sé stessi, contribuendo così alla protezione comune, ad un vero e proprio atto di civismo che risponde, oltre che al buon senso, pure ad una presa di coscienza laica e costituzionale dei problemi che possono investire il nostro popolo, dentro il più vasto contesto globale.
Nel cercare di osservare la realtà odierna a tutto tondo, bisogna forse prestare particolare attenzione a non sovrapporre fatti, persone ed eventi che devono invece avere una considerazione singolare, misurando meglio le parole e stando attenti a non enfatizzare ma nemmeno a banalizzare e minimizzare ogni aspetto della vita quotidiana allocato dentro alle circonvoluzioni politiche, alle dinamiche del mercato, ai sommovimenti sociali che stanno determinando mutamenti non irrilevanti.
Purtroppo i mezzi di comunicazioni, che hanno un istinto cannibale, che fagocitano qualunque fatto e lo tramutano in una notizia anche quando potrebbe essere realmente trascurabile, finiscono con l’essere un’arma a doppio taglio: in difesa della democrazia per la libertà di parola e di espressione che mantengono e alimentano; un megafono sproporzionato, amplificante una serie di contraddizioni che, se lasciate a sedimentare per produrre una necessaria sintesi, farebbero invece parte di un processo dialettico utile tanto alle istituzioni quanto alla popolazione.
Ridurre questa complessità ad una comunicazione veramente rasoterra, comprensibile anche a chi non si occupa del quotidiano e vive superficialmente gli accadimenti, è da un lato utile e veramente democratico, dall’altro molto pericoloso perché ci si incammina su un crinale davvero impervio: quello della banalizzazione e dell’interpretabilità massima. Perché la spiegazione articolata e circostanziata di un dato, di un evento, di un particolare tipo di fenomeno, svilisce ogni tentativo di semplificazionismo; lo rende vano nel momento in cui costringe a prendere atto di una dimostrazione oggettiva che, in quanto tale, ha bisogno di argomenti per poter essere sostenuta.
E le argomentazioni sono tanto più valide quanto più trovano riscontri tra confronti vicendevoli, tra elementi che si concatenano e che danno sempre lo stesso risultato e, quindi, fanno da argine a qualunque ipotesi o tentativo di illazione ulteriore.
Invece la spiegazione superficiale, quella più semplice, oltre ad arrivare meglio a tutta la popolazione è il viatico per una serie di fraintendimenti che poggiano esclusivamente sul sentito dire e sulle informazioni cumulate da viaggi internettiani che si sostituiscono oggi allo studio, alla lettura attenta, alla ponderazione: in una parola, alla critica propositiva oltre che alla stigmatizzazione necessaria, quando occorre. Ma sempre nell’ambito dell’enunciazione di concetti che trovino un riscontro nelle fonti e nella dimostrabilità delle affermazioni.
Guardando le manifestazioni no-vax e no-pass, tutto questo pare essersi perso: si tratta di una bella fetta di cultura popolare che viene regalata al fantasismo complottista che accusa, di contro, il resto del pianeta di essere nel “mainstream“, nella corrente “tradizionale“, nella “vulgata comune“, nel solco del “pensiero unico“.
L’impegno di un governo che tenesse davvero alla crescita sociale, civile e morale del Paese, dovrebbe avere come bussola di navigazione, oltre alla percezione popolare dei problemi più diffusi, anche e soprattutto il modo in cui quella percezione viene generata e distribuita quasi uniformemente da tutta una serie di mezzi di disinformazione che non fanno alcuno sforzo per veicolare questi messaggi falsi, queste fantasticherie. Ogni volta che tutto ciò riesce a realizzarsi, vince il metodo del convincimento indiretto, del sentito dire e della mezza verità che, ripetuta cento volte, assurge a status di verità prima e di dogma incontestabile poi.
Il campo liberista, di cui le forze di governo fanno pienamente parte, non può mettere ordine in questo caos, perché contribuisce a produrlo – seppure indirettamente – con una gestione pessima della comunicazione sui dati scientifici, sulle misure da prendere per continuare a contenere la pandemia e sull’utilizzo dei tanti strumenti che adesso abbiamo a disposizione. Dall’altro lato, il campo dei no-vax è uguale e contrario: fatto di certezze assolute, di montagne di falsità che hanno fatto presa sulle paure, sulle ansie e i timori di troppa gente piena di rabbia e di sconforto, atterrata da condizioni economiche devastanti e senza più alcuna fiducia nelle istituzioni e nella Repubblica.
Tra il liberismo governativo e le fantasie di complotto dei no-vax può esistere una terza via da seguire: l’opposizione a Draghi e la fiducia nella scienza, consapevoli del ruolo del mercato e del capitalismo in tutto questo. Sostenere questa sincronia di posizioni politiche e culturali può essere un ottimo modo per far ripartire la genuinità della critica sociale, per far rinascere una vera etica costituzionale sostenuta da un razionalismo antidogmatico, da anticorpi antifascisti e democratici. Possiamo provarci?
MARCO SFERINI
5 novembre 2021
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