La «talpa» della fuga di notizie dal Pentagono che tutti negli Stati uniti stanno cercando, in realtà l’abbiamo già: è lo stesso capo di stato maggiore americano Mark Milley. Milley da mesi – anche con una narrazione diversa sull’andamento del conflitto – avverte che questa guerra non può terminare con i soli mezzi militari e con la vittoria di uno dei due belligeranti.
In un’intervista a febbraio al Financial Times aveva ripetuto la previsione già avanzata il 20 gennaio scorso a Ramstein, in Germania, a conclusione del vertice dei 54 Paesi che forniscono armi a Kiev. In sintesi: i russi non sono in grado di sopraffare gli ucraini ma è molto difficile che entro il 2023 l’esercito di Zelensky riesca a riconquistare il territorio invaso dall’armata putiniana dal 24 febbraio 2022 in poi.
Anche senza i “leaks” non potevamo dire di non sapere. I documenti del Pentagono riservati, pubblicati sui social media, confermano la visione di Milley delineando un quadro pessimistico degli Stati Uniti sull’andamento della guerra in Ucraina.
I documenti, nella spiegazione della Cnn, evidenziano difetti negli armamenti e nelle difese aeree dell’Ucraina e prevedono uno stallo della guerra per i mesi a venire. In particolare, i documenti, che sembrano risalire a febbraio e marzo, descrivono in dettaglio molte delle carenze militari dell’Ucraina mentre Kiev si prepara a una controffensiva di primavera contro la Russia.
Diversi documenti classificati avvertono che le difese aeree a medio raggio dell’Ucraina per la protezione delle truppe in prima linea, saranno «completamente ridotte entro il 23 maggio», suggerendo che la Russia potrebbe presto avere la superiorità aerea e l’Ucraina potrebbe perdere la capacità di accumulare forze di terra in una controffensiva.
I documenti sottolineano inoltre problemi persistenti con l’offensiva militare russa, prevedendo che il risultato nel prossimo futuro sarà uno stallo tra le due parti.
Poi naturalmente nelle carte “top secret” c’è il pepe delle rivelazioni (e anche delle smentite). In primo luogo questa è la più massiccia fuga di notizie riservate da quando è iniziata la guerra in Ucraina 14 mesi fa che sta facendo arrampicare sugli specchi i vertici americani (e non solo): valga per tutte la resocontazione di una presenza nutrita, un drappello di forze speciali della Nato che combatte sul campo. In secondo luogo perché il tutto è assai imbarazzante, come dimostra il caso dell’Egitto.
Il segretario di stato Usa Blinken e quello alla difesa Austin promettono una caccia spietata alla talpa, ammettendo la veridicità dei documenti, ma allo stesso tempo il portavoce della Casa Bianca si affanna a smentire le rivelazioni del Washington Post che l’Egitto di Al Sisi fornisca razzi alla Russia. E a loro volta smentiscono pure Mosca e il Cairo, che per altro con la Russia ha accordi militari di lunga data. Fronti opposti si danno una mano perché a tutti conviene un atteggiamento ambiguo.
Il Cairo, storicamente, beneficia di un miliardo di dollari di aiuti militari diretti l’anno dagli Stati uniti (al secondo posto dopo Israele) e fa parte del Patto di Abramo stretto con Tel Aviv. Ma l’Egitto – che non mette sanzioni alla Russia come tutto il mondo arabo-musulmano – ha pure firmato negli anni rilevanti accordi militari con Mosca e il progetto della centrale nucleare di Dabaa a ovest di Alessandria. Russi ed egiziani poi sono solidali, insieme agli Emirati arabi uniti, nell’appoggio militare al generale Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica – in lotta con il governo di Tripoli – che gode del sostegno della Wagner.
Poi ci sono gli Emirati che secondo le carte del Pentagono sono «spiati», come diversi altri alleati degli Stati uniti, perché collaborano con i servizi segreti di Mosca, visto che tra l’altro ospitano dozzine di oligarchi russi comodamente sdraiati a bordo piscina degli hotel di lusso di Dubai. E gli Emirati, come l’Egitto, fanno parte del Patto di Abramo. Per non parlare del saudita Mogammed bin Salman, il principe assassino di giornalisti: è partner dell’Occidente ma questo non gli preclude rapporti forti con Cina e Russia.
Si affannano alle smentite anche Corea del Sud e Usa relativamente ai leaks che riportano le conversazioni spiate di due alti consiglieri del presidente Yoon Suk Yeol sull’eventuale consegna di armi a Kiev. I due discutono delle pressioni americane e degli escamotage possibili per forniture militari in modo da non irritare Mosca e Pechino.
Yoon a fine mese sarà a Washington per celebrare i 70 anni dell’amicizia Usa-sudcoreana con visita alla Casa bianca e discorso al Congresso. Bisogna metterci una pezza.
Insomma a scorrere questi documenti del Pentagono si ha la netta sensazione che nel mondo multipolare – per cui al presidente francese Macron viene contestato di essere troppo connivente con la Cina di Xi solo perché afferma che l’Europa non deve essere vassallo di nessuno – la politica estera americana abbia dovuto adattarsi a una realtà accentuata dal conflitto in Ucraina: gli amici non sono veramente amici, gli alleati non sono così alleati.
E così tutti vengono spiati, e diffidati, su larga scala. Ma che guerra sia ce lo ha già detto il capo di stato maggiore Usa Milley, il «generale dietro la collina» (forse una collina di segreti e bugie), come scriveva di recente il manifesto.
ALBERTO NEGRI
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