Dovesse accadere l’impensabile, che la maggioranza della popolazione oggi voti contro le indicazioni del governo e di tutte le forze politiche in Parlamento tranne i Verdi, la Svizzera da domani sarebbe il primo paese al mondo libero da pesticidi. A dispetto della quasi unanimità politica nel paese che ospita le più importanti multinazionali dell’agrochimica, il referendum ha spaccato il paese. Gli ultimi sondaggi parlano di un 65 per cento degli abitanti delle aree urbane pronti a votare per la messa al bando della chimica in agricoltura, contro il 41 per cento delle aree rurali dove vivono i contadini. Nella Svizzera italiana si registra la percentuale più alta di contrari ai pesticidi: il 59 per cento.
Secondo i promotori, un comitato nato nella Svizzera francese e composto da scienziati, esperti e agricoltori, queste sostanze sono una delle principali ragioni del declino della biodiversità. «I pesticidi sintetici sono anche una minaccia per la salute umana, anche una minima quantità può danneggiare il corretto funzionamento del nostro corpo», ha detto il biologo Edward Mitchell, professore all’università di Neuchatel.
Se il sì ai due quesiti dovesse vincere, sarebbe proibito l’utilizzo di pesticidi nell’agricoltura svizzera e pure l’importazione dall’estero di prodotti alimentari che li contengono, con un divieto che diverrebbe totale al termine di un periodo di transizione di dieci anni. A spingere così in alto i sì sono stati il referendum di Malles in Alto Adige, primo comune in Europa a vietare i pesticidi nel suo territorio, e lo scandalo provocato dalle tracce di clorotanolin – un fungicida vietato nell’Ue perché sospettato di essere cancerogeno ma consentito in Svizzera – trovato nell’acqua di rubinetto in diverse zone del Paese. Quello altoatesino non è stato solo un esempio vincente che ha spinto gli ambientalisti svizzeri a replicarlo. L’inquinamento aveva suscitato polemiche oltreconfine, poiché i rilevamenti avevano mostrato che il vento aveva spinto le sostanze tossiche dai meleti dalla val Venosta fino ai vicini Grigioni, oltreconfine. L’Ufficio per la natura e l’ambiente del cantone aveva confermato che tracce di pesticidi erano state trovate a Valcava, una frazione di Val Monastero a 14 chilometri dall’Italia.
Negli ultimi sei anni, le vendite di erbicidi in Svizzera sono diminuite, grazie a una maggiore sensibilità ecologista dei produttori e all’aumento dei prodotti biologici. Il glifosato rimane tra i più venduti ma negli ultimi dieci anni è calato del 63 per cento. Il Paese importa però molti alimenti trattati. Secondo un’indagine dell’ong Public Eye, «più del 10 per cento degli alimenti importati testati dalle autorità nel 2017 conteneva residui di pesticidi vietati in Svizzera a causa dei loro effetti nocivi sulla salute o sull’ambiente». I dati dell’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria parlano di 52 pesticidi vietati trovati nei test.
Alcune sostanze, vietate in Svizzera, continuano a essere prodotte ed esportate. Il colosso di Basilea Syngenta produce ancora il paraquat e l’atrazina, quest’ultima accusata di provocare il morbo di Parkinson, vendendoli in Estremo Oriente e Sudamerica nonostante siano stati proibiti in Svizzera.
I detrattori del referendum sottolineano i rischi per l’economia. La gran parte delle forze politiche e la potente lobby dell’agroindustria con le associazioni di riferimento sono intervenuti con forza per condizionare il voto. Il direttore dell’Unione svizzera dei contadini Martin Rufer ha detto al portale Swissinfo che, se vincesse il sì, «l’effetto sarebbe che la produzione alimentare svizzera diminuirebbe bruscamente, dal 20 al 30 per cento, e di conseguenza dovremmo importare molto di più da regioni del mondo che hanno standard di produzione molto più bassi dei nostri, aumentando l’impatto ambientale causato dai nostri consumi». Il parlamentare verde Kilian Baumann ha ribattuto che, al contrario, se il referendum passasse «la Svizzera sarebbe una pioniera nella difesa della sostenibilità, dell’ecologia e del clima». Se passasse anche un altro referendum al voto domani, sulla riduzione delle emissioni di C02 – che andrebbe a imporre una tassa ecologica sul trasporto aereo però già quasi azzerato dal Covid – il Paese alpino si troverebbe all’improvviso all’avanguardia nel vecchio continente.
ANGELO MASTRANDREA
Foto di Erich Westendarp da Pixabay