Non è un buon segno che a sinistra la notizia del giorno siano le smentite. Non una, ben due. Massimo D’Alema, intervistato dal Corriere della Sera, nega di aver detto «Mai alleati con il Pd», frase che invece campeggia nel titolo, insieme a «Pisapia sia più coraggioso». A sua volta Giuliano Pisapia smentisce l’intenzione di sganciarsi dalla Ditta Bersani&D’Alema che alcuni retroscena gli attribuiscono fra virgolette: «Non farò la stampella di Renzi né la foglia di fico del dalemismo». Frase mai pronunciata, giura l’avvocato attraverso l’ufficio stampa, l’«ipotetica battuta d’arresto nel percorso unitario di Campo Progressista e Art.1» è «priva di fondamento».
Ma ieri in Transatlantico il suo braccio destro Bruno Tabacci, in capannello con l’ex demitiano Angelo Sanza, invece confermava tutto nella sostanza: «Questo atteggiamento mi sta stancando, e credo stia stancando anche Pisapia. Io non devo consumare vendette né prendermi rivincite», e all’indirizzo di D’Alema: «Non puoi dire un giorno che Pisapia è il leader e il giorno dopo che deve avere più coraggio».
Ieri sera Pisapia è tornato a Milano per un dibattito con Yanis Varoufakis, ex ministro dell’economia della Grecia di Tsipras, oggi su posizioni diverse da quelle dei tempi dello scontro con la Troika. «Parlo solo di Europa», ha detto l’ex sindaco ai cronisti che lo inseguivano sulle vicende della sinistra italiana.
Chi ci ha parlato però lo sa molto preoccupato per l’appuntamento di domenica a Napoli dove dovrà chiudere la «Festa del lavoro» di Mdp insieme a Roberto Speranza. Se prosegue lo stop-and-go, il rischio di tensioni con quella platea c’è. Anche se i dirigenti napoletani negano con forza. «Non siamo al Brancaccio», replicano. Anche a Napoli però l’atmosfera è ’frizzante’: a farne le spese ieri è stato l’ex segretario Cgil Guglielmo Epifani, zittito da un gruppo di disoccupati (poi fatti salire sul palco). E a seguire, il dibattito con il presidente della Regione Vincenzo De Luca è stato vietato dalla questura «per ragioni di ordine pubblico».
Pisapia e Speranza lunedì scorso si sono incontrati per preparare l’evento di domenica. L’ex sindaco gli ha ripetuto la sua linea da leader di Insieme, progetto mai nato davvero e già ridotto a un piatto destrutturato, una pietanza scomposta di ingredienti rossi e arancio ciascuno per fatti suoi: Campo progressista da una parte e Mdp dall’altra. Tant’è che D’Alema ha annunciato l’assemblea costituente di Mdp il 19 novembre («Non è stato deciso nulla», precisa un bersaniano di prima fila). E Cp riunirà la sua assemblea nazionale il 14 ottobre a Roma, all’Ambra Jovinelli.
A Speranza, Pisapia ha riepilogato le sue posizioni: «Nessun accordo con Renzi, nuovo centrosinistra e no alla ’Cosa rossa’», cioè – fuor di metafora – no all’inclusione nel nocciolo duro dell’alleanza di Sinistra italiana e dell’area del Brancaccio. Se in queste settimane Pier Luigi Bersani ha cercato di fare fa ponte fra Mdp e Pisapia, ormai per la maggioranza della Ditta la terza condizione non è più potabile. Durante la pausa estiva il trio Speranza-Fratoianni-Civati si è presentato unito in molte piazze. Un’immagine che corrisponde all’idea che D’Alema spiega al Corriere: «Non possiamo permetterci di avere alla sinistra del Pd due liste in conflitto tra loro sull’orlo della soglia di sbarramento. Sarebbe un suicidio». In effetti circolano sondaggi poco lusinghieri per tutte le sinistre in campo.
Una parentesi doverosa: D’Alema e compagni di Mdp sorvolano sull’esistenza di Rifondazione comunista, che ovviamente sarà nella competizione. Ieri il segretario Maurizio Acerbo ha lanciato un nuovo appello a Si: «Leggo della ormai prossima nascita di una sedicente Linke italiana con Pisapia, Bersani, D’Alema. Si tratta di una versione bonsai del vecchio centrosinistra», «Confido che il mio amico Fratoianni prenda atto che bisogna fare altro».
Fratoianni, dal canto suo, da Napoli chiude i ponti con Pisapia e avverte: «Le sue smentite non interessano nessuno», «il tempo è scaduto e la campagna elettorale di Si è già cominciata», «c’è bisogno di mettere al centro l’unica vera emergenza, la disuguaglianza. Nel giro di pochi giorni è necessario definire una proposta che non sia pregiudicata da nessuna scelta sulla leadership».
DANIELA PREZIOSI
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