La riduzione della rappresentanza parlamentare giustificata con argomenti tipo i risparmi di spesa rischia effettivamente di rendere “irreversibile” la crisi della nostra democrazia. Del tutto condivisibile l’appello sul manifesto dei “giovani attivisti” per il No al referendum. Ci sono però alcuni gravi problemi politici, che non c’erano ad esempio al tempo del referendum del 2016, vinto dal No alla ‘riforma’ Renzi-Boschi.
Il Pd è sempre lo stesso, ma continua a servire cause che danneggiano la rappresentanza e la democrazia. Prima contrario al taglio dei parlamentari, lo ha poi accettato per opportunismo. Cuperlo lo ha candidamente ammesso sul manifesto: «Con il M5S il taglio dei parlamentari era la premessa del confronto». Insomma hanno agito sotto ricatto. La democrazia come merce di scambio, o comunque da sacrificarsi “per far nascere il governo”. E dire che qualcuno nel 2007 presentò il Pd come “partito della nazione”.
Il punto è che però stavolta manca anche la sinistra radicale. Tutto tace sul fronte del referendum sul taglio (sull’autonomia differenziata, sul mantenimento dei decreti sicurezza…) per opportunismo. Basti pensare che nessuno dei parlamentari ha firmato la richiesta di referendum. Se oggi il popolo italiano potrà dire la sua con un referendum è grazie alla destra. Complimenti a tutti.
Anche l’attività del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale sembra muoversi a rilento, è stato costituito un Comitato nazionale per il No, ma con ritardo e senza un’attiva promozione dei Comitati locali. Giustificarsi con il fatto che il governo non ha ancora comunicato la data del referendum è un errore politico.
La tensione che si respirava nel 2016 sembra lontana. L’impegno di intellettuali, costituzionalisti, sindacati, associazioni di società civile stenta a riprodursi.
Abbiamo imparato in questi decenni che “con questi dirigenti della sinistra non vinceremo mai”, ma senza neanche la società civile non solo non vinceremo il referendum, ma saremo perduti senz’altro.
FABIO VANDER
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