E’ importante l’elemento centrale che viene fuori dalla conferenza stampa tenuta a Roma ieri da Tomaso Montanari e Anna Falcone: il civismo come realtà politica della partecipazione singolare dei cittadini che non fanno parte di forze politiche unito però alle forze politiche stesse. Piena dignità collaborativa ed equipollente per tutte e tutti: mi sembra questo un principio che si può tradurre in un dato di fatto, quindi anche in uno schema di attuazione della politica del futuro “Quarto polo”.
La ragione fondante sembra quella di unire la sinistra e, al contempo, di mettere i cittadini nella condizione di riappropriarsi di un concetto esteso della politica non banalizzata nella ristretta dicitura della “casta”, così tanto usata e abusata terminologia a scopo denigrante di un revisionismo attualistico delle istituzioni stesse rese uguali nei molti, ma comunque soli, aspetti negativi per cui hanno indecorosamente brillato negli ultimi decenni.
Semmai, cittadini e politica diventano nel progetto esposto da Montanari e Falcone una reinvenzione che non guarda al passato nostalgico di vecchi schemi parlamentari, ma che ha come punto di riferimento, dopo il 4 dicembre, non soltanto più la difesa della Costituzione della Repubblica quanto la sua valorizzazione come programma fondante la lista civica e politica nazionale di sinistra di alternativa che si andrà costruendo.
Condivido le aspettative che sono state illustrate da un punto di vista unitario che focalizzi la sua attenzione non sui tatticismi tra partiti ma sull’obiettivo davvero impegnativo (e per questo forse anche molto stimolante) di attrarre un consenso non soltanto in chiave elettorale ma sociale. Il tutto in una dinamica di idee e di progetti che ha alcuni punti fissi oltre l’abbraccio del testo costituzionale: l’archiviazione definitiva di qualunque progetto di centrosinistra e l’alternativa netta, senza se e senza ma, alle tre destre rappresentate dal PD, dai Cinquestelle e dal centrodestra classico, quello più schiettamente politico anche nel suo essere “destra” di facciata.
E’ evidente che una dimensione di questa natura impone non tanto a Rifondazione Comunista o a Sinistra Italiana di ripensarsi dentro al Quarto polo, quanto ad un Movimento Democratico e Progressista che all’atto della sua nascita aveva come obiettivo dichiarato da D’Alema, Speranza, Bersani e Rossi di ridare vita ad un centrosinistra che fosse il competitor naturale del PD alla guida del Paese.
E’ altresì evidente che, operando una necessaria critica politica, la missione di Articolo 1 – MDP è fallita in questo senso, tanto che le contraddizioni che impedivano una chiara comprensione della collocazione ideal-programmatica del movimento citato oggi sembrano venire meno proprio per l’impossibilità di gestire la creazione autonoma di un nuovo centrosinistra escludendo il PD.
Prende più corpo, invece, l’ipotesi di un mascheramento del renzismo da pseudo-corrente di sinistra che si apre all’idea della formazione di una coalizione in vista delle elezioni del 2018. E, se Renzi esclude qualunque rapporto con MDP, non altrettanto fa il ministro della giustizia Andrea Orlando che oggi, dalle colonne de “La Stampa”, incalza il suo partito (e segnatamente la cosiddetta “sinistra interna”) a riprendere un terreno di dialogo con MDP sulla legge elettorale e sullo Ius soli.
E’ evidente che si tratta di una corda di salvataggio lanciata a chi ha detto di voler chiudere la porta verso ogni ipotesi di sostegno della maggioranza di governo (peraltro finora sostenuta) se non fosse stata cambiata la manovra di bilancio su alcuni punti come, ad esempio, la redistribuzione delle risorse destinate alla sanità pubblica.
Dunque, la formazione del Quarto polo non è ancora un ambito politico definito: è giusto che sia così, che sia un “divenire”. Un processo di formazione che eviti magari le storture degli anni passati, gli inciampi frettolosi sulla composizioni di raffazzonate liste improvvisate per concorrere comunque alle politiche.
Ed è giusto che il dibattito sia profondo, che arrivi e che parta (soprattutto) dai territori per comprendere davvero ciò che si intende costruire e per farlo in modo tale da non trovarsi separati il giorno dopo il voto.
Per questo il richiamo alla dualità civismo-organizzazioni politiche, ad una interazione che diventi vicinanza per entrambi e scambio quindi anche culturale, è essenziale per ridare senso e fiato ad una idea di sinistra di alternativa che ha bisogno di un substrato ideologico oltre che programmatico. I programmi senza le idee non sono che astrazioni, dettami senza un punto certo di riferimento.
Le prossime settimane saranno interessanti perché ci obbligheranno a fare i conti non soltanto col tempo che passa ma soprattutto con l’impellenza di una risposta che oggi nessuna sinistra riesce a dare ad esempio ai lavoratori dell’ILVA, a quella che, finalmente, qualche operaio del porto di Genova – parlando della sua presenza in corteo con i lavoratori della siderurgia – ha definito “solidarietà di classe”.
Era da tanto tempo che non si sentiva più la parola “classe”. Compito della sinistra vera, di alternativa è sostenere questa solidarietà e farlo nell’ambito dei valori costituzionali e anche di una più alta aspirazione al cambiamento sociale, al capovolgimento dello stato di cose presente.
MARCO SFERINI
10 ottobre 2017
foto tratta da www.perlademocraziaeluguaglianza.it