La scuola e il coniglio di Anselmo

Mi spiegate con parole vostre la storia che vi ho letto? «È la storia di un coniglio che lui era timido, molto timido». «Molto pauroso». «Nelle figure del libro...

Mi spiegate con parole vostre la storia che vi ho letto?
«È la storia di un coniglio che lui era timido, molto timido». «Molto pauroso».
«Nelle figure del libro lui… Lui è un coniglio bianco». «Però ha le orecchie grigie».
«Però ha una camicia».
«Io ho visto un coniglio una volta. Però era nero».
«Anche mia nonna mi ha fatto vedere un coniglio. Era marrone. Era marrancio. A macchie. Bianco e marrancio». «Perché tutti i conigli hanno paura». «Io non ho mai visto un coniglio vero!»
«A me piacciono i conigli perché…. Perché sono belli». «Anche io non ho mai visto un coniglio vero». «Lui era come noi… Lui si chiamava Anselmo. Era come noi. Come oggi. Il primo giorno di scuola». «Lui però aveva una giacca arancione».
«Le orecchie sono lunghissime, più lunghe delle nostre». «Anche io questa mattina prima di venire a scuola avevo paura».
«Perché era la prima volta che lui andava a scuola». «Anche noi. Oggi è il primo giorno. Anche io avevo un po’ di paura». «Anche io. Perché non sapevo cosa succedeva». «Anche io. Però mia mamma mi ha detto che non succedeva niente di brutto».
«Quando mia mamma è andata via io non ho pianto». «Non ha pianto nessuno di noi. Nessun maschio e nessuna femmina». «Io ho visto un coniglio nero e bianco. Con le macchie bianche».

Torniamo al libro di Anselmo?
«Il libro che hai letto si chiama Anselmo va a scuola perché lui deve andare a scuola ma…Ha un po’ poca voglia di andarci».
«Allora il bambino deve convincerlo ad andare a scuola. Deve invogliarlo. Incoraggiarlo». «Anselmo ha le orecchie… Quando lui ha l’agitazione, quando è agitato, le sue orecchie vanno in giù, non in su». «Sì, è vero, c’è anche il disegno, le punte si piegano». «Un orecchio si piega». «Uno o l’altro». «O tutte e due».
«Quando è agitato». «Quando ha paura». «Quando ha l’agitazione della paura». «Quando gli viene la tristezza che non sa come succede».

E come fa il bambino a fargli passare l’agitazione?
«Gli dice che la scuola non fa paura». «Lo incoraggia». «Lo aiuta».
«Fa un viaggio in auto con lui, una vacanza». «Poi arrivano alla scuola. Il coniglio ha paura. Ma entra ugualmente nella scuola. Di notte. La scuola vuota. Allora….»
«Vede anche un computer che parla». «Anche due libri che parlano: dicono che loro sperano che i bambini, domani, che iniziano le scuole, quando girano le loro pagine, non le strappano, le girano lentamente, le girano senza romperle, senza strapparle». «Poi anche la lavagna, vedono». «No, la lavagna non parla». «Però la vedono».

«Non mi ricordo, io mi ricordo solo la macchina e il computer». «Perché era notte. I bambini non c’erano a scuola. Allora i libri e il computer parlavano, altrimenti non parlavano». «E se parlavano anche se c’erano i bambini a scuola?» «No, al mattino non parlavano perché erano magici solo di notte». «Per me Anselmo ha visto che a scuola non c’era nessuno e allora aveva meno paura». «Io avevo più paura se non c’era nessuno e era notte». «Però c’era il bambino: il suo amico, il suo padrone».
Vabbè, la storia come finisce? «Finisce che dopo lui sta per andare a scuola e non ha paura». «Finisce bene». «Anselmo non ha più paura come prima, non è più agitato. È tranquillo?»
Vi è piaciuta questa storia?
«Sì, perché a me piacciono i conigli». «Sì, perché dopo non aveva più paura». E voi adesso avete paura? Come vi sentite? «Io no». «Stanco». «Felice». «Normale». «Io mi sento un po’ lento». «Io sono… Sono tranquilla». «Io ho fame». «Io ho la pipì, posso andare?» «Io sono contenta». «Felice».

GIUSEPPE CALICETI

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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