Gli Stati Uniti hanno formalizzato ieri al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres il ritiro dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) accusata dall’amministrazione Trump di avere mal gestito la pandemia di Covid-19 e di aver aiutato la Cina a nascondere inizialmente la diffusione del virus. Il ritiro effettivo avverrà solo tra un anno, il 6 luglio del 2021, dunque sette mesi dopo l’elezione del nuovo presidente americano. Se a novembre di quest’anno fosse eletto il democratico Joe Biden è possibile che la Casa Bianca potrebbe tornare sui suoi passi.
Gli Usa sono il maggior finanziatore dell’Oms. Ad aprile, i leader dei Paesi del G7 si erano detti d’accordo sulla necessità di una «revisione e una riforma approfondita» dell’Organizzazione, con il governo statunitense che accusava l’Oms di «mancanza di trasparenza» e «cattiva gestione cronica» della pandemia. Un mese dopo, a maggio, Trump aveva esplicitato la sua intenzione di ritirarsi dall’organizzazione che gli Stati Uniti hanno contribuito a fondare nel 1948.
La decisione americana va letta anche nella guerra per l’egemonia mondiale esplosa negli ultimi anni già nel corso della vicenda sui dazi. Il 18 maggio scorso, nel corso di un vertice organizzato dall’Oms, il presidente cinese Xi Jinping ha annunciato che Pechino avrebbe donato 2 miliardi di dollari per combattere il coronavirus e inviare medici e forniture mediche all’Africa e ad altri Paesi in via di sviluppo. Il contributo, da spendere in due anni, ammonta a più del doppio di quello che gli Stati Uniti avevano allora riconosciuto all’agenzia prima che Trump tagliasse i finanziamenti americani. Il ritiro degli Usa dall’Oms «ha minato gli sforzi internazionali di contrasto» alla pandemia del Covid-19 e ha colpito i Paesi in via di sviluppo che hanno «un disperato bisogno di sostegno internazionale» ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian che ha esortato gli Usa ad adempiere ai propri obblighi internazionali.
La decisione di Trump è «un contraccolpo alla collaborazione internazionale. Nel tempo della pandemia serve più collaborazione internazionale, non meno» ha detto il portavoce del governo tedesco Martin Fietz.
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