A novembre il professor Gustavo Zagrebelsky ci ha invitato alla resistenza civile. Una espressione che indica atti di disobbedienza altrettanto civile, se “resistenza” vuol dire agire in nome e per conto della Costituzione della nostra Repubblica.
Non so quanti di voi amino la Repubblica come espressione non solo formale ma soprattutto civile, sociale: una conquista che esalta la democrazia e che ne è, al contempo, esaltata.
La Repubblica Italiana è sempre troppo poco vissuta dagli italiani stessi come la vera “patria” dei cittadini: questo per il carattere repulsivo che ha assunto la politica di palazzo nei confronti della sovranità popolare.
La resistenza civile, la disobbedienza civile sono le uniche armi pacifiche, democratiche e “di massa” che abbiamo per battere un governo sovranista che mortifica la Nazione ogni giorno, che fa dell’Italia un luogo di securitarismo, di paura, di pregiudizio, di ostacolo all’appalicazione dei princìpi costituzionali di solidarietà, uguaglianza e condivisione dei valori.
In questo senso, l’azione dei sindaci di Palermo, di Napoli, di Reggio Calabria, di Parma, di Firenze e anche di sindaci “grillini” in dissenso con l’applicazione del celeberrimo “decreto sicurezza”, si inserisce in quell’appello del professor Zagrebelsky: obbedire alla Costituzione, applicandola fedelmente.
Disobbedire alle leggi ingiuste perché disumane e in aperta violazione dei più fondamentali diritti di ciascun cittadino, di ciascun essere che vuole e deve poter rimanere umano è il miglior atto d’amore verso l’Italia, verso la Repubblica.
(m.s.)
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