La Repubblica del Leone. Storia di Venezia

Milletrecentosettantasei anni. Val bene scriverla in lettere la somma degli anni vissuti dalla Serenissima Repubblica di Venezia, perché si tratta di una storia che affonda le sue radici nella...

Milletrecentosettantasei anni. Val bene scriverla in lettere la somma degli anni vissuti dalla Serenissima Repubblica di Venezia, perché si tratta di una storia che affonda le sue radici nella mitologia di un tempo così passato da essere recondito, a tratti occulto e imperscrutabile. Poche sono le città che vantano nel mondo una storia bimillenaria.

La città lagunare, la capitale di un impero marittimo e commerciale, la grande gemma preziosa di una italianità sentita come parte di sé eppure tenuta in disparte, quell’approdo finale di mondi che venivano da tanto lontano, da mondi solo immaginabili, quella meraviglia è, con tutti i suoi oggettivi limiti moderni, ancora lì.

Tra questi limiti vi è un vero e proprio patrimonio culturale che, a partire dalla caduta della Repubblica (avvenuta il 17 ottobre 1797 ad opera degli eventi rivoluzionario-napoleonici che avevano investito l’intera Europa), è andato quasi completamente perduto e che Alvise Zorzi ha tentato almeno di ricostruire storicamente in una sua opera che, al momento, non è quella di cui vogliamo fare cenno qui ma che, se capita, vale la pena di leggere (per inciso si tratta dei due volumi su “Venezia scomparsa” editi da Mondadori nel 2001).

Ci interessa invece una straordinaria ricostruzione dell’epopea della Serenissima che il grande studioso, giornalista e scrittore ha scritto nell’ormai lontano 1979: “La Repubblica del Leone” (rieditata da Bompiani nel 2001 in formato anche tascabile, nonostante si tratti di un corposo libro fatto di oltre settecento pagine).

Era impossibile scrivere una storia di Venezia in un libriccino, dando vita ad un opera che smentisse la banalizzazione dovuta all’estrema sintesi cercata da chi vuole sapere tutto, presto e subito. Accostarsi alla Storia in generale, se non si è ai livelli scolastici di base, vuol dire sempre e comunque approfondire.

Se già si sa qualcosa, e di Venezia chi non ha mai sentito parlare!, allora tanto meglio, perché la lettura dell’opera di Zorzi non è facile ma è alla portata tanto dello studente che ha superato le scuole medie e che sa come e perché è nata, che sa del suo vigore marittimo, del suo essere potenza sia di mare che di terra, del suo primeggiare nel Mediterraneo e nel gareggiare con importanti flotte di vasti imperi che giganteggiavano nelle procelle belliche delle terre orientali fino alle Colonne d’Ercole.

Questa è, per l’appunto, la storia di una città che è divenuta, se non al pari almeno molto similmente, una Roma dei mari, un emblema di una Italia che si è distinta per le sue leggi, per la sua “laicità” antica nel dare rifugio a tanti perseguitati, per la sua cultura e per la sua muscolarità gentile nei confronti dei tanti nemici che hanno tentato di metterle giudizio.

Ed è anche la storia di un tentativo di globalizzazione antica, di una unità delle reti commerciali spinte fino all’oriente estremo del Catai e di Cipango con l’avventurosissimo viaggio dei Polo (durato ben venticinque anni) alla corte di Kublai Khan, per terre e per mari di cui nessuno in Europa aveva sentito parlare prima. Ne avevano vagheggiato un po’ i romani costretti in guarnigione alle frontiere con l’Arabia Felix, là dove, più a nord, il confine con l’Impero dei Parti era una terra di perenni scontri che nemmeno Traiano riuscirà del tutto a penetrare.

Alessandro il Grande, molto tempo prima, si era fermato – o per meglio dire era stato fermato dalle proteste dei suoi uomini – all’Indo e oltre da Occidente non si era spinto nessuno. Così, per interposti popoli, tra Asia ed Europa, le merci arrivavano e venivano scambiate nei mercati mesopotamici, là dove finiva il mondo di Roma e iniziava quello dei barbari orientali.

Venezia, dopo la sua fondazione, che viene fatta cadere tradizionalmente e molto poco verificabile sul piano storico – un po’ come accade per tutti gli Stati che parevano o paiono eterni, tipo San Marino, e restano rinchiusi in questa atemporalità che li pone in una distopia reale e concreta – nel 421 dopo Cristo, si è trasformata nei secoli da villaggio di pescatori, tessitori e marinai in una potenza che ha fatto del Mare Adriatico il suo porto privilegiato, ampio, dove le colonie della Serenissima crescevano sulle coste di ambedue i lati: dell’Italia e dei Balcani.

Quello che i cittadini della Laguna chiamavano non con il nome di Adriatico ma con quello di “Golfo de Venexia“, sarà il trafficatissimo mare che unirà e dividerà le sorti di popoli diversissimi tra loro: quelli italiani da quelli slavi, i turchi, gli austriaci e persino le altre repubbliche marinare che qualche sortita la tentavano per espandere i loro commerci e il potere delle signorie che reggevano le oligarchie medievali e anche più moderne.

Molto tempo passerà ancora, dopo la caduta della Repubblica dei dogi, ma l’ardore risorgimentale per tutte quelle che venivano considerate le “terre irredente” d’Italia rimarrà nella retorica nazionale, permeerà le migliori come le peggiori intenzioni di regimi e forze politiche nazionaliste. Si parlerà, almeno fino alla riforma delle regioni e alla suddivisione successiva al secondo conflitto mondiale, di Venezia Tridentina, di Venezia Euganea e di Venezia Giulia.

Le Tre Venezie che avrebbero costituito, nella loro unità, l’eredità della Serenessima entro i confini del nuovo Regno d’Italia. Stessa sorte dal sapore mitologico avranno gli sguardi nostalgici verso la Dalmazia, verso il Cattaro, verso Zante (o Zacino), Creta, Cipro e persino il Peloponneso e Rodi e saranno fantasie isteriche di fanatiche immaginazioni di ricostituzioni di un impero romano interpretato dall’Italietta fascista che voleva provare la rifondazione del concetto (perché nella pratica era praticamente impossibile) del “Mare Nostrum“, dominato quindi dalle genti italiche.

Alvise Zorzi ricostruisce non solo la storia superficiale (quella platealmente emersa e sotto gli occhi di tutti gli studenti) della Serenessima, ma, da attento studioso che ha dedicato praticamente l’intera vita alla diffusione della grandezza complessiva di Venezia, come vero e proprio patrimonio dell’umanità (e non solo artisticamente parlando), indaga la quotidianità della vita in quella terra in cui la lingua era (e tutt’oggi è) un elemento di riconoscibilità immediata dell’autoctonia e dove, tuttavia, l’intreccio tra le più differenti culture si è manifestato con una enormità certamente non riscontrabile in altre parti d’Italia.

Firenze, Roma e Napoli possono gareggiare in questo senso con la capacità attrattiva di Venezia, con il suo sapersi mantenere quasi indenne per oltre mille anni e restare una icona di regionalità, di italianità, di europeismo e, non di meno, di globalizzazione mondiale. Discorso già diverso per Genova e per Pisa, come per Amalfi. La loro importanza è fuori discussione nella diffusione della cultura, per esempio, rinascimentale, così come di altri fenomeni tipici della nostra Penisola.

Ma Venezia ha un plusvalore che sviluppa nel momento in cui si pone a capo delle grandi crociate occidentali contro un mondo che le si scaglia addosso dal Medio Oriente e che, con assoluta prepotenza, pretende di circoscriverla al suo golfo-mare, di frenarne l’espansione, di comprimerla nella piccolezza della sua lagunarità. La Serenessima ha la forza del suo leone alato che tiene in mano il messaggio di pace del dio cristiano all’evangelista Marco.

La forza delle sue istituzioni oligarchiche che, tuttavia, sono quelle più disponibili ad una tolleranza verso le differenze culturali che non si riscontra, per fare qualche esempio, né nei cattolicissimi regni spagnoli e portoghesi, né tanto meno in terre protestanti. Per non parlare, ovviamente dello Stato della Chiesa o del Regno di Napoli.

Riguardo a ciò, la descrizione storica e, per certi versi, anche sociologica che Zorzi prospetta nel suo libro si affida necessariamente alla davvero particolareggiata introspettiva nelle grandi famiglie aristocratiche dell’epoca: dalla terra propriamente veneziana del ducato allo Stato di Mare che è l’avamposto della potenza della Serenissima nella proiezione mediterranea ed orientale dei commerci e, quindi, del vero pilastro vitale per la Repubblica del Leone. La particolarità dell’esperienza millenaria di Venezia come Stato è stata anzitutto socio-politica.

Indubbiamente il lato economico-commerciale è la struttura su cui viene emancipandosi un governo che, ancora prima dell’avvento dei Lumi, è di per sé un complesso ma anche affascinante intreccio di pesi e contrappesi tipici di democrazie che si vantavano, e tutt’ora si vantano (non senza qualche ragione e non senza qualche torto), di essere moderne.

Benché governata oligarchicamente, da famiglie che arrivavano al potere (e non lo prendevano e, spesso, riuscivano a tenerlo con ben poca fortuna) e che avevano tutta l’aria e la spontaneità della naturale difesa degli interessi del solo loro ceto, la Serenissima seppe limitare gli eccessi dei potentati e cercare piuttosto un regime di “pace sociale” che, in effetti, fu uno degli elementi caratterizzanti la lunga storia della Repubblica del Leone. Di questa capacità interattiva tra governo e popolo, nel senso lato ed interclassista del termine, Zorzi fa più che qualche cenno.

Nello studio dell’emersione dei singoli casati, andando a studiare i loro stati patrimoniali fin dentro le carte più remote e nascoste dal tempo negli archivi di Stato e nelle conservatorie, vi è il perché di tante fasi della storia di una Venezia che, per l’appunto, passa da rifugio di pescatori a potenza marinara. E nell’intersezione dei dati emerge la lotta di potere che comunque nello Stato di Terra esisteva e che si faceva sentire con tutta la sua virulenza ma che non si è mai trasformata in una guerra civile, in una minaccia per Venezia medesima.

Tutto questo Zorzi lo racconta con la pacata semplicità che proviene da una metodologia descrittiva che si fonda su dati e fatti comprovati, sfatando tutta una serie di miscredenze e leggende, di preconcetti e di retorica pulsante nel corso dei secoli, per arrivare fino ai nostri giorni. “La Repubblica del Leone” è davvero una storia di Venezia che si lascia leggere con facilità ma che non trascura niente e nessuno. In oltre settecento pagine c’è una prima, importante grande visione di uno Stato che, tra gli antichi Stati italiani, era di sicuro un fiore all’occhiello per l’intera Penisola e, possiamo dirlo, per il resto dell’Europa.

LA REPUBBLICA DEL LEONE
STORIA DI VENEZIA
ALVISE ZORZI
BOMPIANI, 2001
€ 15,00

MARCO SFERINI

3 luglio 2024

foto: particolare della copertina del libro, Bernardo Bellotto, “Veduta del Canal Grande: Santa Maria della Salute e la Dogana da Campo Santa Maria Zobenigo” (1740 ca.)


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