Che cos’è la repubblica? Questa domanda venne rivolta un giorno a Giuseppe Mazzini mentre passeggiava per le vie di Genova. Una donna semplice, del popolo, con una certa timidezza si avvicinò a quell’uomo vestito sempre con tinte scure, magro, scarno, eppure così gentile. Mazzini le rispose che la repubblica è “il governo nel quale nessuno può rubare impunemente” e aggiunse che è il governo in cui il popolo decide i suoi rappresentanti e, se questi non fanno l’interesse appunto “popolare”, il popolo sovrano li cambia, li sostituisce.
La repubblica, dunque, è la concretizzazione formale di una delega della nazione intesa come espressione di popolo. La repubblica avrebbe dovuto essere questo in Italia dal 1946 in poi. In realtà è stata tante cose, ha assunto tante espressioni e tante figure, trasfigurandosi e non aderendo sempre costantemente ai princìpi costituzionali.
La repubblica è stata utilizzata da speculatori, da affaristi e da profittatori di varie nature per piegare il ruolo del pubblico all’interesse del privato.
La repubblica democratica, parlamentare, è diventata col tempo ingombrante per le sempre maggiori aperture che la classe politica faceva all’intromissione economica da parte di istituzioni bancarie transnazionali, dentro a quel mercato comune europeo che è una prigione per i deboli, per i moderni proletari e una ricca reggia per pochi grandi privilegiati.
Del resto, la repubblica deve in qualche modo obbedire alle leggi della subordinazione alla struttura economica e, pertanto, in quanto “sovrastruttura”, non può sottrarsi a questa morsa. Ma avrebbe potuto farlo, almeno tentarlo se a guidare i governi della Repubblica italiana ci fossero state forze politiche intransigenti sul bene comune, sul bene pubblico, sul pubblico interesse.
Il privato avrebbe avuto vita più dura e forse una coscienza nazionale sul fronte del sociale si sarebbe formata in qualche modo.
Invece, anche le vicende ultime di questi giorni, la formazione di un consenso vasto, trasversale tra le forze politiche, su una legge elettorale che escluderà dal Parlamento chi anche ottiene più di un milione e mezzo di voti, fingendo che questo sia un criterio “proporzionale” e spacciandolo per un arricchimento democratico rispetto all’inglorioso recente passato di leggi elettorali palesemente incostituzionali (dichiarate tali dalla Consulta), anche tutto ciò dimostra quanto poco vi sia di repubblicano nella forma dello Stato italiano e quanta oligarchia invece esista, si faccia strada e provi a gestire il consenso attraverso esclusioni delle minoranze, ad esempio.
Lo sbarramento al 5% sarà utile ai grandi partiti (numericamente grandi…) per poter affermare tutta la inutilità del voto per chi ha poche possibilità di oltrepassare quella soglia.
Questa non è repubblica. Questa è la morte della coscienza repubblicana di ogni cittadini laico e veramente democratico.
Un tempo quelli che umiliavano la libertà si apostrofavano con tale termine per definirsi come partito, come parte della società che amava sopra ogni altra cosa un vago, vaghissimo concetto di libertà.
Oggi quelli che umiliano la democrazia si fanno chiamare democratici, democratici-cristiani magari, così qualcuno può ancora spacciarsi “di sinistra” dentro al vuoto concetto di “potere popolare” espresso nella parola di origine ellenica; e così qualche altro può provare a dirsi “di centro” e insieme magari possono tentare di riconsegnare al Paese altre illusioni sulla formazione di un impossibile (per fortuna) riedizione del centrosinistra.
La repubblica non esiste soltanto perché viene proclamata. Deve essere mantenuta: e il mantenimento della repubblica è tale se i cittadini ogni giorno aderiscono ai valori su cui la repubblica si fonda.
Quanta parte della popolazione italiana conosce dettagliatamente i valori della Costituzione? Quanti rispettano, ad iniziare dalle istituzioni, con profonda convinzione i dettami dalla Carta del 1948?
Queste sono le domande da farsi per capire se la repubblica, nel comune dove viviamo ad esempio, esiste. Oppure nella provincia o nella regione. O nella totalità dello Stato.
La repubblica esiste solo se la Costituzione esiste. Tutto ciò che è incostituzionale non è repubblica e non può rappresentare la repubblica.
Guardandomi in giro, da ogni parte dove poso lo sguardo, mi sembra di capire che di repubblica ve ne sia ben poca.
Festeggiate pure il 2 giugno, ricordandovi che in quella data è morto anche chi, sacrificando i suoi ideali repubblicani, ha permesso al Paese di esistere pur tra mille contraddizioni. Cercatelo quel nome. Rileggetene la storia e la biografia. La sua vita, molto diversa dalle nostre, dalla mia, è una vita di passione almeno. E qui di passione, in questa Italia del 2017, in questa presunta repubblica ultrasettantenne, se ne scorge molto, molto poca. Purtroppo.
Buon 2 giugno a tutte e tutti. Viva la Repubblica…
MARCO SFERINI
2 giugno 2017
foto tratta da Wikipedia