Non è un punto di diritto e nemmeno una linea politica. E’ una forma rappresentativa di una tendenza consolidata a trasformare l’opinione pubblica in ciò che si afferma già sia stata prima del voto: quella che avrebbe dato mandato elettorale per un nuovo ordine italiano, un ordine fatto di rigida sicurezza, di respingimenti, di esclusivismo e di made in Italy a tutti i costi.
Non vi è altra spiegazione possibile per ciò che è francamente dedito all’impolitico, che contraddice la Costituzione, che va contro ogni elementare legislazione che protegge e tutela l’umanità.
Più di duecento anni fa quei borghesi dei rivoluzionari francesi affermavano solennemente nella “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”:
Articolo 1 – “Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune.“.
Articolo 2 – “Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione.“.
Basterebbero questi due enunciati per sconfessare la crudeltà della politica italiana di oggi, per ridurla a più miti consigli entro i valori costituzionali e la laicità della Repubblica.
Appunto, la Repubblica. E’ un consesso di popolo, una unità di molti, di milioni e milioni di cittadini. Ma noi abbiamo smarrito anche quel concetto: forse non lo abbiamo mai avuto molto a cuore. Ci siamo sovente sentiti partecipi di una vita comune ma l’essere cittadini è ben altro stato civile, politico, sociale e morale.
E’ una forma di tensione continua che unisce non solo per la visione delle partite di calcio ma, semmai, prima ancora unisce attraverso una lunga storia proprio occidentale, proprio europea che origina dal trittico transalpino “libertà, uguaglianza, fraternità”, ma ha viaggiato molto sulle ali della rivendicazione nazionale anche in Italia durante il Risorgimento.
Eppure la costruzione della “cittadinanza” italiana è stata opera ardua, riconosciuta tale anche da quei liberali monarchici che avevano annesso, pezzo per pezzo, le varie parti degli stati preunitari al Regno di Sardegna.
Sempre l’Assemblea nazionale autoproclamatasi tale in aperta sfida a Luigi XVI, aveva dichiarato:
Articolo 16 – “Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri stabilita, non ha una costituzione.“.
Possiamo dire che la garanzia dei diritti in Italia oggi è assicurata laddove il governo agisce in aperto contrasto con altri poteri dello Stato, sfidandoli, attendendo le loro mosse come in una partita a scacchi non silenziosa, ma rumorosissima, fatta di esternazioni feroci su Facebook, Twitter… alimentando un clima di esasperazione nel Paese che non corrisponde minimamente alla realtà dei fatti?
Possiamo dire che la separazione dei poteri sia stabilita? Che non sia invece messa in pericolo anche da singoli deputati che minacciano i giudici (“Se toccate il capitano, vi veniamo a prendere a casa“)? Che non sia messa in grave pericolo dal braccio di ferro tra il Viminale e la Magistratura proprio sul caso estenuante della nave Diciotti?
Minacciare l’Unione Europea, me lo si consenta, non è poi un gesto di grande acume politico: o redistribuite i migranti o non vi diamo più 20 miliardi. Gli “aut aut” suonano sempre male negli ambienti delle cancellerie europee.
Ma tant’è il governo va avanti così: negando i fondamentali princìpi della Dichiarazione dell’uomo e del cittadino dei primi rivoluzionari francesi, oltrepassando la Costituzione repubblicana, tralasciando ogni forma di diritto umano, internazionale allorquando ipotizza il rimpatrio in zone di guerra come la Libia dove non c’è il riconoscimento neppure dalla “sicurezza del Paese”.
Un quadro inquietante ne viene fuori. Una instabilità politica quotidianamente manifesta, una destabilizzazione delle istituzioni della Repubblica, una lontananza dello Stato dalla Repubblica. Non necessariamente sostanza e forma coincidono direttamente sempre, per naturale propensione.
La sostanza oggi ha una forma e la forma che aveva la sua forma la si vorrebbe piegare alle sembianze della sostanza.
Difendere la forma, dunque, oggi diventa essenziale, fondamentale, imprescindibile. Difendere la forma è difendere ciò che il blob della sostanza vorrebbe fagocitare voracemente: diritti civili, sociali, umani, fondamentali per la vita di ciascuno di noi.
MARCO SFERINI
24 agosto 2018
foto tratta da Pixabay