La proliferazione nucleare e la vera bomba atomica

La rottura del trattato internazionale sulla proliferazione nucleare tra Stati Uniti d’America e Russia non è una bella notizia. Ci riporta indietro di anni, quando il numero crescente di...

La rottura del trattato internazionale sulla proliferazione nucleare tra Stati Uniti d’America e Russia non è una bella notizia. Ci riporta indietro di anni, quando il numero crescente di armi atomiche era per l’appunto non gestito da patti reciproci e il mondo pareva sempre sull’orlo di qualche terzo conflitto globale.

Abbiamo poi scoperto, grazie anche alle intuizioni pontificie, che la terza guerra mondiale è già in atto e si gioca su molti fronti di differenti continenti. Una tesi azzardata ma che ha qualche fondamento se si osserva l’involuzione del capitalismo odierno e il suo aggressivo sviluppo nei confronti sempre dei settori più poveri del mondo. Là vengono alimentate tensioni, guerriglie, guerre ideologiche e guerre guerreggiate. Insomma, la destabilizzazione è la costante che seguono tutti quei governi che hanno il compito di stabilizzare le crisi economiche che investono i loro paesi, provando così a gareggiare con gli altri poli capitalistici che si strutturano sempre più enormemente e invadono aree territoriali (l’Africa ad esempio) prima inesplorate dall’imperialismo.

L’atomica, pertanto, fa parte di un punto di equilibrio su cui per molto tempo si è retta la diarchia tra le due superpotenze mondiali: un tempo il confronto era tra USA e URSS, oggi è tra USA e Russia e tale rimane in quanto a numero di testate nucleari sia attive e pronte all’uso sia complessivamente conteggiate negli arsenali americani e asiatici.

Cina, Israele, India e persino Corea del Nord hanno discreti quantitativi di missili e bombe: deterrenze. Così le chiamano gli analisti che sovraintendono a queste geopolitiche militari: il tutto finirebbe con il doverci rassicurare, sapendo che USA e Russia si equivalgono sulla potenziale minaccia atomica e che poi ciascuna può contare su qualche alleato sparso per il pianeta al fine di rimodulare quella che fu un tempo la “crisi dei missili”.

Dalla strategia alla tattica e viceversa, per spaventare un poco il mondo e ricordare a tutte e tutti che l’economia ha la sua predominanza sul globo ma che pure qualche bomba conserva in sé una forma di “dominio”, se non altro perché fa lavorare l’industria bellica, esercita una influenza anche culturale sulle coscienze e mostra al mondo intero che, seppure cambiate le ideologie, mentre da un lato vigilano sul grande orso russo le oligarchie e dall’altro sotto la bandiera a stelle e strisce prosperano i sovranismi più beceri, a fronteggiarsi restano Washington e Mosca.

Pechino e New Dehli fanno la parte di coloro che si introducono nella partita come comprimarie: i cinesi preferiscono acquisire fette di mercato proprio laddove lo sfruttamento è già stato ampio da parte di altre sfere di influenza del capitale. A metà tra Asia e Americhe, l’Africa ancora una volta è terra di conquista: ma questa volta il volto del neo-colonialismo è fatto di acquisti su moneta sonante e non di invasioni mediante eserciti che si preparano a fare guerre contro gli autoctoni.

Il capitalismo si è evoluto (o involuto, dipende dai punti di vista): prospera sempre, seppure deve affrontare crisi di non poco conto. Tra bombe atomiche e missili con testate nucleari, tra grandi catene alimentari e di centri vacanze, tra giacimenti di petrolio e gasdotti sparsi dal Caucaso al Sudafrica, tra oleodotti e miniere di diamanti, con qualche commercio di reperti storici rubati durante la devastazione dell’Iraq e della Siria, i moderni paperoni del mondo, quelli che detengono da soli (siamo nell’ordine di poche decine di persone) più del 20% della ricchezza prodotta da miliardi di persone (i salariati rimangono comunque meno della metà della popolazione del globo), gestiscono la vita di tutti noi senza troppo bisogno di propaganda.

Che Donald Trump e Vladimir Putin si facciano pure la guerra propagandistica e si minaccino a vicenda: alla fine sarà sempre l’arma più potente a vincere. Non si tratta dalle bomba atomica, ma dello sfruttamento degli esseri umani da parte di altri esseri umani per generare quel “plusvalore” che la genera e la alimenta attraverso la circolazione delle merci. Il profitto è l’atomica peggiore: ogni giorno uccide centinaia di migliaia di esseri umani attraverso uno schiavismo che pensiamo di aver superato soltanto perché non esiste (quasi) più l’acquisto e il possesso di un uomo o di una donna da parte di un padrone.

Non è così. Ma non è sotto gli occhi di tutto o, quanto meno, della maggior parte degli sfruttati.

MARCO SFERINI

3 febbraio 2019

foto tratta da Pixabay

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