Desolante è un eufemismo. Lo spettacolo delle lotta per le candidature (un tempo molto lontano si lottava per le investiture… o tempora o mores…) è a tratti inguardabile e inascoltabile e a tratti è persino divertente. Ma è un divertimento amaro perché mette davanti a tutto proprio la conferma di una distorsione della politica intesa invece come collocamento parlamentare.
Lotta e non discussione. Perché siamo oltre la discussione nel merito e del merito di chi può e deve candidarsi: da ciò che si legge e si ascolta viene fuori un insieme di crisi di nervi e di pianti, di urla e strepiti che sono frutto di qualcosa che va oltre il confronto finalizzato a ricercare persone adatte ad un compito che oltre ad essere politico dovrebbe avere anche una natura sociale da portare con sé.
La preoccupazione invece è la blindatura dei centri di controllo dei partiti attualmente al governo o di opposizione: devono assicurarsi i reparti di protezione parlamentare, quindi un certo sufficiente numero di fedelissimi che facciano scudo attorno ai segretari traballanti tanto delle attuali maggioranze quanto delle opposizioni.
Pertanto, la discussione esce dalla porta e dalla finestra entra la lotta: magari si trattasse di una impostazione di lotta sociale. Qui si tratta di aprire per alcuni giorni una specie di centro di collocamento in collegi sicuri di coloro che “devono” rientrare in Parlamento, come se spettasse alle forze politiche decidere chi il popolo deve semplicemente ratificare col voto.
E, del resto, così è stato esattamente per decenni, con leggi elettorali che hanno messo in elenco quelli che vengono chiamati “i nominati” e che non erano stornabili dalla scelta che si faceva: votato quel partito ti beccavi anche tutta la lista decisa prima del voto e non durante.
Passata la stagione dei vari Porcellum e Italicum, il Rosatellum, presentato come la panacea di tutti i mali elettorali, mostra esattamente le stesse caratteristiche dei precedenti: si differenzia per la quota di proporzionale che introduce, ma il meccanismo del giocattolo è lo stesso.
Ed infatti dal PD ai Cinquestelle, passando per Liberi e Uguali, con una certa pace fatta nel centrodestra, non c’è quotidiano indipendente o meno che sia che non riporti oggi la notizia delle turbolente assemblee notturne che hanno infiammato maggioranza e minoranza del partito di Renzi o le discrepanze tra candidature scelte e quelle pubblicate sul blog delle stelle da parte dei grillini o, ancora, la rabbia di Civati verso il resto del mosaico costruito da D’Alema e guidato da Grasso per essere stato messo in un collegio considerato “poco sicuro“.
Insomma, ce n’è a destra e a manca, si sarebbe detto popolarmente parlando.
E, a proposito di popolo, c’è da dire invece che Potere al Popolo! ha raccolto per oltre 10 giorni le firme e presenterà le sue liste domani in tutta Italia. Chi non doveva raccogliere le firme, a 24 ore dalla consegna delle liste è in una lotta penosa di correnti che cercano di restare a galla nonostante vecchi e nuovi segretari che comandano su tutto e tutti. Ecco che differenza c’è tra #poterealpopolo e le altre pseudo-sinistre. Noi abbiamo sorriso, lo abbiamo mantenuto in mezzo a molte difficoltà e ci siamo anche divertiti nel raccogliere le firme.
Gli altri sono solo grigi burocrati alle prese non con la ricerca del bene comune ma della quadratura di un cerchio di presenze in Parlamento. Noi camminiamo verso molti obiettivi sociali, gli altri sgambettano e sgomitano per escludersi a vicenda.
Non sono differenze di poco conto perché ci parlano di un modo concreto di intendere la politica come servizio per una comunità di popolo che, proprio dalla desolante sceneggiata dei collegi sicuri e meno sicuri da assegnare a questo o quel ministro, a questo o quel gruppo di minoranza, mostra tutta la sua insufficienza nel garantire una rappresentanza che possa cambiare il verso delle politiche liberiste tutte protese a garantire i privati e i privilegi di pochi, sempre a discapito dei milioni di sfruttati che esistono e che devono trovare un punto di ripartenza politico per riavere una consapevolezza certa di ciò che sono e di ciò che devono pretendere, quindi volere con un alto senso civico del termine.
Nella sua presunta follia, Potere al Popolo! non è una avventura solitaria ma sta diventando, giorno dopo giorno, una svolta verso una nuova passione per la politica e per ciò che deve poter rappresentare per i ceti più deboli, per chi non ha futuro, per chi non lo cerca più il futuro e prova a sopravvivere nella rassegnazione.
Siamo lontani, quindi, dalle illogiche logiche di spartizione delle cosiddette poltrone. Siamo vicini ad un recupero della memoria anche in questo frangente: rifacendoci alla Costituzione come cartina di tornasole di una rinascita etica della politica attraverso una riproposizione della coscienza sociale singola e collettiva. Capire che ruolo svolgiamo nella società per individuare il ruolo da svolgere per la società stessa.
Partiti di governo e di opposizione attuali non possono essere la risposta a questo disagio antisociale, proprio perché sono parte del problema e vogliono continuare ad essere tali pur comprendendo, alcuni, di vivere nel bel mezzo di una contraddizione. Ma, si sa, è più difficile ammettere di avere torto rispetto all’affermare le proprie ragioni.
MARCO SFERINI
27 gennaio 2018
foto tratta da Pixabay