Forse che sì, forse che no, ma sono bastate quarantotto ore di un cauto ottimismo affinché tutti i messaggi istituzionali, quelli delle varie reti televisive e di tanti altri media sulla necessità imprescindibile del “restare a casa” fossero vanificati dalla potenza della “percezione“, moderna sorella degli Oneiroi, quegli dei ingannatori che ammantano nell’oscurità le menti, le trascinano nel sogno e le portano lontane dalla realtà visibile agli occhi. Morfeo per primo, il più conosciuto, tanto che si usa dire: “Stare tra le braccia di Morfeo“, per intendere iniziare a godere di un piacevole, placido addormentamento.
La Percezione, novella dea dell’inganno, sovrasta dati scientifici che ci parlano ogni giorno di un semplice contenimento della pandemia in Italia: con-te-ni-men-to! Forse sillabandolo si ottiene un risultato migliore nell’esplicare che non si tratta di una diminuzione certa dei contagi, tanto meno dei morti, solo ieri di alcuni posti nelle terapie intensive. Ma, purtroppo, niente di più se, in questo senso, si vuole intendere una curva della diffusione del Coronavirus che abbia intrapreso una certa discesa come uno sciatore che si getta certo nella pendenza del suo percorso e supera tutti gli ostacoli arrivando al traguardo con una orgogliosa fierezza.
Non siamo in discesa. E’ bene togliersi dalla testa tutte le pigne secche che vi albergano ancora e prendere atto dell’evidenza matematica e statistica dei dati che quotidianamente si aggiungono a quelli precedenti e che non mostrano affatto niente altro se non un cauto ottimismo, soltanto perché, invece di faticare nella salita del grafico, ora stiamo camminando leggermente su un falso piano, che, a seconda dei momenti, può tornare ad essere salita, ed anche piuttosto impervia.
Ma la dea della Percezione è difficile da scansare, perché è insidiosamente invasiva in ogni attimo in cui proviamo a far scemare l’ansia da claustrofobia indotta dalla quarantena, cercando l’Icaro che è in noi e che vorrebbe librarsi oltre i confini delle finestre aperte al nuovo sole della primavera; oltre le ringhiere dei balconi che si affacciano sulla speranza di poter presto riavere tutti quei contatti umani, sociali, interpersonali che nutrivano la nostra esistenza fino a pochi mesi fa.
In effetti la pandemia ci sta istruendo abbastanza bene sulle mancanze, soprattutto ci sta mostrando che non siamo fatti per vivere senza la libertà di movimento, di attraversamento dello spazio: non si tratta tanto di immaginare viaggi in continenti lontani, ma di poter disporre della volontà che senza la libertà si tramuta in frustrazione, in un rifugio nelle categorie del pensiero che sono libere solo nella fantasia e nell’inconscio che emerge dai sogni.
Lo diceva anche il professor Keating (Robin Williams) ne “L’attimo fuggente“: “Ma solo nei sogni gli uomini sono veramente liberi. E’ da sempre così e così sarà sempre“. Ce lo ripete anche Mina mentre canta in una pubblicità per un noto canale televisivo appena nato, tutto dedicato ai ragazzi e alle ragazze che hanno voglia di favoleggiare e di navigare oltre Internet, in galassie lontane, in mondi oltre il nostro mondo.
La Percezione, in quanto dea dell’inganno, viene adoperata dai maestri della falsificazione tanto delle notizie quanto dei dati veri e inconfutabili della scienza. La Percezione diviene così la divinità dei sovranisti che chiedono, per avere quei sacrosanti quindici minuti di celebrità in mezzo all’oscuramento cui sono stati sottoposti dalla potenza del virus, che le chiese vengano aperte per Pasqua affinché si possa pregare Maria contro il Covid-19. Tentare sortite polemiche contro il governo è pericoloso, visto che l’esecutivo gode di un margine di consenso e approvazione da parte degli italiani vicino al 70%.
E’ naturale: ci si aggrappa a chi si ritiene possa aiutarci, a chi è in cima alla vetta di comando e tende una mano a chi sta più in basso e deve arrivare alla cima della montagna sociale che precipita nell’indigenza, sopravvivendo in mezzo a turbini ansiogeni e nevrotici, che si trova ad affrontare un mutamento più che politico, più che economico: sociologico, antropologico nel vero senso della parola.
La Percezione è bugiarda, menzognera, ingannatrice e non ci racconta mai l’inizio di una storia che termina con un lieto fine: ci prefigura situazioni catastrofiche, amplifica ed ingigantisce ogni elemento della comunicazione, lo attorciglia su sé stesso rendendolo deformato e privo della sua essenza. In questo modo qualunque tipo di messaggio può essere non solo falsato ma massificato grazie proprio al capovolgimento della verità. Il resto lo fanno i “social” e tutti i canali di disinformazione di cui bestie sovraniste e turlupinate folle di adepti semi-coscienti sono pieni: dagli odiatori di professione ai polemisti sconosciuti che si infilano nei nostri profili e seminano zizzania, gramigna e ogni tipo di pianta infestante sul muro dell’evidenza e del ragionevole confronto dialettico tra opposte posizioni ed idee.
Quarantotto ore di cauto ottimismo hanno generato la percezione che tutto va meglio, che quindi si può allentare la corda della tensione, soprattutto emotiva, e uscire, passeggiare, fare la spesa con meno fretta, portare a spasso il cane pensando di allontanarsi da casa oltre la linea immaginaria dei duecento metri consentiti.
Quarantotto ore di ottimismo ingiustificato hanno fatto danni simili a quelli degli amanti degli aperitivi e della movida che dai navigli ai vicoli stretti di Napoli, dalle riviere liguri e romagnole fino a quelle del Sud, quando erano già in vigore le misure restrittive del Decreto Conte, beatamente girovagavano con spritz e altri cocktails in mano infischiandosene del virus grazie alla percezione della lontananza: “E’ in Cina, non arriverà qui“, era il leitmotiv che riportavano tutte le cronache giornalistiche.
Invece il Coronavirus è arrivato, grazie alla globalizzazione degli spostamenti, e ha distrutto tutte le certezze di onnipotenza di ciascuno di noi, qualunque tipo di autoimmunità sognata come corazza indistruttibile e impenetrabile dagli “Spike” (letteralmente: “spuntoni“), da quella “Glicoproteina S” lunga appena 20 nanomillimetri, che si aggancia alle nostre cellule e procura l’infezione.
Ma la Percezione pare vincere anche su tutte le spiegazioni scientifiche sul pericolo, sui dati crescenti della pandemia che non risparmia angolo del pianeta se non i due poli: così in queste belle giornate soleggianti c’è chi prende il camper, il suv, la semplice macchina e da Milano e Torino scende in Liguria e prova ad andare nella seconda casa al mare. C’è chi si siede sugli scalini di una chiesa a prendere il sole insieme ad altri amici e si giustifica affermando che sta rispettando il metro di distanza, peraltro ormai risultato insufficiente in quanto ad efficace misura di contenimento del virus: il distanziamento sociale migliore è oltre il metro e mezzo…
“Ma sì, fai vedere che abbondiamo! Adbondandis, adbondandum!” avrebbe detto Totò. Del resto… “Melius abundare quam deficere“. La prudenza non è mai troppa. Ma ci troviamo ancora lontani dal giusto mezzo aristotelico, dall’interpretazione corretta della norme che, in realtà, non hanno bisogno di molta interpretazione per essere applicate. Eppure la Percezione si schernisce di tutto ciò e causa danni incalcolabili: averla scansata per un mese ha permesso, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, di evitare più di 30.000 morti in Italia.
Il distanziamento sociale, lo stare in case, cercare di uscire il meno possibile, sono tutte misure che stanno dando i loro frutti, a prezzo di limitazioni della democrazia sconosciute fino ad oggi nella storia dell’Italia repubblicana.
La mitologia è terapeutica. Ci aiuta a trasformare in immagini tanto i nostri sentimenti positivi quanto quelli negativi e a viverli osservandoli come se abitassero in noi ma con un certo distacco, senza quel coinvolgimento emotivo che sovente ci rende schiavi dei pensieri e ci allontana dalle immagini.
La percezione (con la “P” minuscola, quella “laica“) può essere sconfitta anche da un bagno di realismo, da un crude scontro con i le evidenze medico-scientifiche, con le cronache della pandemia; ma soprattutto va battuta con il senso civico, con l’appartenenza alla comunita-Paese, repubblicanamente intesa, priva delle tentazioni sovraniste intrise di retorica esaltazione di un patriottismo nauseante che sostiene soltanto quell’ego smisurato che genera proprio l’onnipotenza di cui si nutre la percezione.
La percezione va misurata con i parametri della consapevolezza, quindi del sapere, del conoscere e non del supporre: quando si è certi di aver messo in pratica ogni cautela possibile, si può anche essere certi di aver costruito un supporto quotidiano all’impedire che la democrazia di ieri, imperfetta e pur borghesemente intesa, non sfugga di mano domani per provare a valorizzare le contraddizioni del sistema messe a nudo dal Covid-19 e che, finalmente, possono essere una leva importante per scardinare ingiustizie sociali e privilegi di ogni sorta.
MARCO SFERINI
5 aprile 2020
Foto di Engin_Akyurt da Pixabay