Se non fosse che siamo davanti ad una forma di crudeltà politica che rasenta i periodi più bui del vecchio Novecento, si potrebbe citare Karl Marx e dire che “La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa.”.
Ma sarebbe imprecisa comunque la citazione, andrebbe capovolta, perché ora siamo in presenza di una tragedia umanitaria che continua, che si mostra in tutto il suo essere in una piccola imbarcazione di Medici senza frontiere, la Aquarius, abbandonata sulle onde del Mare Nostrum tra Malta e l’Italia, mentre prima eravamo in presenza di una farsa: quella dei trattati conclusi dal governo Berlusconi di cui la Lega Nord (all’epoca era ancora fieramente padanista) era alleata.
Dal trattato di Dublino alla famigerata Legge “Bossi-Fini”, la politica dell’immigrazione portata avanti dai governi della destra prima e del centrosinistra poi è stata improntata non ad una vera accoglienza dei naufraghi che sbarcavano sulle coste italiane ma semmai ad un “raccoglimento” in campi profughi, in lunghe detenzioni inumane prima nei CIE prima e, successivamente, si è trasformata in una linea politica fatta di accordi “bilaterali” per bloccare la disperazione nell’inferno libico.
Sentire parlare dell’Italia come di una nazione “generosa” che ha accolto, a dispetto di altre che hanno chiuso i porti, centinaia di migliaia di migranti, è davvero una farsa, una ripetizione ossessiva e continua di una autoassoluzione politica e sociale per dimostrare che la civiltà qui c’è e che non siamo certo dei paranazisti.
Invece lo siamo diventati diffusamente: l’esasperato egoismo, frutto delle paure istillate dalle destre e da politiche di depauperamento antisociale, è diventato una anticultura popolare, ha cambiato il verso dei sentimenti umani in sentimenti di difesa del proprio territorio, della propria “origine”, delle “tradizioni” e, dal 2001 ad oggi, sull’onda del fenomeno terroristico, con la facilissima equazione migrante uguale potenziale terrorista, ha creato una figura nuova di cui avere paura: non solo lo straniero, così sconosciuto, diverso e impenetrabile culturalmente, ma di più ancora fa paura il “migrante” perché è “economico”.
Come se dagli anni ’80 in poi non avessimo mai conosciuto fenomeni migratori dal Marocco o da zone dell’Africa che erano profondamente depresse. Come se non avessimo visto i barconi stracolmi di albanesi approdare sulle coste pugliesi, così carichi da dare l’impressione di doversi rovesciare da un momento all’altro.
Così, pure, abbiamo conosciuto un partito come la Lega Nord che, fin dalla sua nascita con la federazione delle varie “leghe” regionali, ha sempre propugnato la divisione del Paese prima con il famoso progetto della “Repubblica del Nord” dentro un contesto richiamato impropriamente al federalismo con Gianfranco Miglio e poi con trasformando la battaglia indipendentista sotto il segno del Sole delle Alpi inventando un toponimo geopolitico mai ritrovato nella storia d’Italia: la Padania. Da Polibio a Strabone, da Livio a Tacito e così via nei medievalisti storici e geografi del tempo, nessuno, nemmeno al tempo dei Longobardi, parla di un territorio nordico-centrale chiamato “Padania”.
Ma l’invenzione funziona e si radicalizza: diventa giornale, radio, emblema di partito.
Poi arriva una brutta stagione per la Lega Nord: scandali, declino politico della dirigenza originaria e si prova a risalire la china.
La destra muta pelle facilmente e così, fino ai giorni d’oggi, la protesta indipendentista lascia il campo al sovranismo, alla difesa del sacro suolo italico e la parola d’ordine non è più “Prima il Nord” come ai tempi di Maroni, ma “Prima gli italiani”.
Intanto i trattati di Dublino e la Legge “Bossi – Fini” sono ratificate, approvate e inizia la lunga stagione delle sconfitte di un centrosinistra che non viene più individuato come il soggetto politico di riferimento delle classi più deboli: la sinistra comunista diventa residuale e inconsistente, la sinistra nel suo complesso cede sotto il peso dell’affievolimento della domanda di giustizia sociale trasformata in domanda di “onestà”.
Viaggiano paralleli: sovranismo e onestà al potere. Ed eccoli a Palazzo Chigi: movimento 5 Stelle e Lega, saldati dal “contratto” per il governo del cambiamento.
Il primo atto per mostrare chi comanda al governo lo fa Salvini: chiudere i porti. “Alzare la voce, paga”, dice il neoministro dell’Interno. Si riferisce alla Spagna di Sanchez: i socialisti iberici i porti li aprono ma l’Aquarius rimane in balia delle onde tra Malta e la Sicilia perché le condizioni meteorologiche non le consentirebbero di arrivare a Valencia.
La cronaca serve per capire fin dove siamo arrivati, con il Presidente della Camera che prova a mostrare quel “volto umano della Repubblica” richiamato dal Capo dello Stato in queste ore.
Perché la vicenda Aquarius sembra aver ringalluzzito tutto l’odio possibile nei confronti di altri esseri umani, di seicento e più persone che sono disidratati, feriti, pieni di sole sulla testa. Ci sono bambini, donne in stato di gravidanza. Ma l’Italia non li fa sbarcare. Li lascia in mare aperto. Manda due motovedette a sincerarsi che tutto vada bene.
Ma non c’è niente che va bene. Non c’è rivolta morale nella popolazione, non c’è un sollevamento di indignazione perché la coscienza si è voltata dall’altra parte, guarda alla propria sicurezza e finge di non sentire, di non vedere le immagini di una piccola nave sola nel Mediterraneo.
Che Italia è questa del 2018 così profondamente crudele, disumana, pienissima di rancore e rabbia, colma di disprezzo per le vite umane, che ha smarrito la tradizione solidaristica ispirata nel dopoguerra dalla lotta di Liberazione e dalla Costituzione repubblicana…?
Che Italia è questa del 2018 che si sfoga vibrantemente sui “social” con frasi come: “Un po’ per uno… se li prendano gli spagnoli”. Questo non è razzismo, è crudeltà, è un livello superiore alla gravità del razzismo verbale: è disumanità e fa orrore.
Non esiste più una disposizione alla gentilezza, all’ascolto, alla comprensione: sembrano concetti cattolici, ed invece sono semplicemente ciò che di laico manca ad un popolo che non sa nulla di sé stesso, delle proprie istituzioni democratiche, che è pronto a crocefiggere il Presidente della Repubblica perché ha compiuto il proprio costituzionale dovere durante una crisi di governo, che lo attacca violentemente e lo insulta.
Ecco: l’insulto. E’ la regola del non-dialogo di oggi. Ogni critica viene derubricata così: non si risponde argomentando, ma si insulta.
Per questo dall’impossibilità del dialogo viene meno anche lo scambio culturale nello stesso popolo perché il livello della cultura è sceso in questi decenni: un analfabetismo di ritorno sociale, civile e politico si è fatto avanti, intriso di pressapochismo, di superficialità dei contenuti, di apparenza più che di sostanza.
Una nuova “linea del Piave” è nata. In tanti andranno a sostenerla, a difenderla dal barbaro invasore che ha il volto di una donna incinta, di un bambino scottato dalla benzina dei gommoni e dall’acqua salata del mare…
MARCO SFERINI
12 giugno 2018
foto: screenshot televisivo