Nell’agguato ai tifosi napoletani, costato la vita a Daniele Belardinelli, attivo nel gruppo Blood and Honour del Varese, domenica sera nei pressi di San Siro, si erano dati appuntamento un centinaio di ultrà di Inter, Varese e Nizza.
Un’alleanza, una tra le tante, storiche o estemporanee, nel mondo del tifo organizzato. Molte delle quali cementate da una comune identità politica che travalica anche i confini nazionali.
Le curve sono lo specchio della società in evoluzione. E anche nel contesto attuale si dimostrano un termometro dell’Italia che cambia. E che curva decisamente a destra. È quanto emerge dal rapporto dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive (Onms) del ministero dell’interno che, attraverso un monitoraggio costante, offre periodicamente un censimento completo sulle tifoserie.
In particolare, dei 328 gruppi attivi, 151 sono orientati politicamente: 40 di estrema destra, 45 di destra, 33 di sinistra e 21 di sinistra radicale. Le tifoserie di destra «sono gruppi attivi, almeno politicamente, più delle tifoserie di sinistra: fanno comunicazione online, puntano sull’immagine, gli slogan, organizzano incontri su temi di attualità e si considerano impegnati. Per politicizzati però s’intende non solo l’esposizione di uno striscione o il canto di qualche coro. In alcune terre calcio e politica si intrecciano, i capi curva e i lanciacori hanno stretti legami o fanno parte delle file di partiti e movimenti. A destra i gruppi sono noti: Forza Nuova, Casa Pound, Skinheads, ma anche la Lega Nord e Fratelli d’Italia».
Lo zoccolo duro del fascismo calcistico si trova nel Triveneto: il Padova, la Triestina, l’Udinese, da sempre tenute d’occhio dalla Digos. E soprattutto l’Hellas. Tra i club più caldi, la tifoseria scaligera «si è fatta conoscere negli anni per episodi fascisti e apertamente xenofobi. Come la Banda Loma di Alberto Lomastro, indagato, e poi assolto, insieme a Yari Chiavenato (prima Forza Nuova, poi nelle liste di Lega Nord) per una storia datata 1996 quando dalla curva fu fatto pendere un manichino nero come protesta nei confronti della società che voleva acquistare un giocatore africano».
Resistono il Verona Front, la Gioventù scaligera, storicamente collegati con i bonehead inglesi del Chelsea a loro volta connessi a doppio filo ai laziali in un triangolo nero dalla storia trentennale. La tifoseria laziale è quella nera per definizione. Il «caso Anna Frank», scoppiato l’anno scorso, è solo l’ultimo episodio che ha visto i dirigenti della squadra romana ritrovarsi a gestire un caso difficile. La Lazio è anche una delle tifoserie che mantiene legami oltre confine proprio per le sue idee politiche.
«Il filo nero lega da est ad ovest l’Europa, spalleggiano i laziali gli Ultras Sur del Real Madrid, i polacchi del Wisla Cracovia e i bulgari del Levski Sofia». Sotto lo sguardo attento del Viminale c’è anche la tifoseria della Juventus, con gruppi dichiaratamente di estrema destra come i Drughi (con tanto di acronimo Ducs), i Viking e Tradizione, e per via di alcuni «gemellaggi con il Legia Varsavia, e il Den Haag dell’Aia, quest’ultima dichiaratamente antisemita».
Per la curva della Juve c’è poi la questione dei rapporti con alcune famiglie di ‘ndrangheta, ben documentata dagli ultimi processi sulle infiltrazioni mafiose in Piemonte. Poi ovviamente l’Inter: dagli Skins agli Irriducibili, la tifoseria della Beneamata rappresenta da 40 anni una delle basi logistiche della destra radicale in Lombardia.
La stessa Azione skinhead, l’organizzazione che riuniva i boneheads milanesi di Base autonoma, era strettamente legata prima con gli Skins e poi ai Boys San (l’acronimo San si riferisce alle Squadre d’azione di Benito Mussolini). Non è un caso se uno dei leader della Nord interista era Paolo Coliva (detto «l’Armiere»), già nel gruppo dirigente di Azione skinhead a Milano, arrestato nel dicembre del 1990 per l’accoltellamento di un giovane dei centri sociali e morto di Aids nel 1993. Attualmente è il gruppo degli Irriducibili ad aver raccolto il maggior numero di esponenti dell’estremismo Skin88 legato al tifo interista. Le infiltrazioni della destra nelle curve non risparmiano neanche quegli spalti che negli anni’80 pendevano dall’altra parte.
È il caso della Sud milanista che nell’ultimo ventennio è stata risucchiata a destra (la passerella di Matteo Salvini nel cinquantennale della nascita dei gruppi milanisti all’Arena ne è la plastica dimostrazione) ed è il caso della tifoseria romanista anch’essa fagocitata da gruppi di destra come Boys e Giovinezza.
_La mappatura prosegue al centro Italia con tifoserie destrorse come l’Ascoli, la Lucchese e il Pescara mentre andando più a sud la Campania è pressoché immune dal fenomeno, a differenza della Puglia dove fioriscono gruppi con la presenza di teste rasate: gli Arditi del Bari, l’ex Regime rossonero del Foggia e nelle serie inferiori le curve di Monopoli, Barletta, Trani e Fidelis Andria. In Basilicata e Calabria la destra è impiantata nelle curve del Potenza, Vigor Lamezia, Reggina e Catanzaro.
Quanto alla Sicilia, a Palermo gli skinhead legano la loro presenza nel secondo anello della nord a gruppi come Teste rasate, Warriors e Legione. L’estrema destra fa sentire il proprio peso anche nelle curve di Messina, Siracusa, Gela, Acireale. E soprattutto nelle due curve di Catania. In Sardegna gli ex Furiosi del Cagliari hanno rappresentato gli ultrà più schierati su posizioni neonazi, mentre una frangia minoritaria attualmente è presente nella curva dell’Olbia.
SILVIO MESSINETTI
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