La (finta) partita della Sicilia nel contesto del voto nazionale

La prospettiva non è rosea, anzi, tutt’altro. A ben vedere sondaggi e previsioni che riguardano le elezioni regionali siciliane che si terranno tra poche ore, pare proprio che il...

La prospettiva non è rosea, anzi, tutt’altro. A ben vedere sondaggi e previsioni che riguardano le elezioni regionali siciliane che si terranno tra poche ore, pare proprio che il Partito democratico e segnatamente Matteo Renzi non abbiano grandi speranze nemmeno di arrivare secondi.
Dicono i grandi esperti di rapporti di forza pre-elettorali che il primo posto, quindi la conquista della presidenza della regione autonoma, se lo contenderanno centrodestra e grillini.
Tutto ciò viene incorniciato nel contesto di una prova locale con connotazioni di risalto nazionale: un test, insomma. Un test per comprendere quale strategia adottare in vista delle prossime elezioni parlamentari.
Ma se si tratta davvero di questo, allora il dramma potrebbe trasformarsi in tragedia e la tragedia in una farsa per il partito che si trova attualmente al governo del Paese, pur reggendosi su una maggioranza che è tutto tranne che di “centrosinistra”.
La costante nelle espressioni di voto è certamente data dalla presenza dei tre grandi poli: centrodestra, grillini e area renziana (definirlo “centrosinistra” sarebbe fare un torto alla verità prima di tutto dei fatti rispetto a quella politica e poi a quella della storia stessa delle forze politiche che hanno composto a vario modo questa aggregazione in differenti tempi nella storia repubblicana d’Italia): mentre per quanto riguarda PD e Movimento 5 Stelle esiste una sorta di autonomia gestionale del consenso che si accentra prevalentemente su una sola forza politica (gli stessi soggetti citati), per quanto concerne il centrodestra per raggiungere le percentuali dei primi due poli occorre sommare Forza Italia e Lega Nord. Con l’aggiunta del partito di Giorgia Meloni, l’assemblaggio porta a superare renziani e grillini.
E questa è la costante che si può leggere se si scorrono tutte le opinioni richieste dai sondaggisti ed espresse dagli elettori.
Per quanto possa essere ampio il margine di errore, se ne evince che il Paese, in assenza di una presenza organizzata della sinistra progressista e di alternativa, vira a destra in tutti e tre i casi: sceglie la tutela dei privilegi economici e del privatismo quando vota il Partito democratico e, quando invece decide di puntare su un rinnovamento conservatore a tutela del ceto medio, si rivolge allora al grillismo che prova a mostrare elementi di progressismo unitamente a sentimenti ostili verso un solidarismo egualitarista per ottenere la qualifica di “partito trasversale” e tentare – da un differente punto di vista e di partenza – la scalata a Palazzo Chigi (in questo caso alla presidenza della Regione Sicilia).
La parte di popolazione che invece sceglie i classici partiti del centrodestra berlusconiano – leghista è quella che rifiuta in parte anche ideologicamente quella presunta “sinistra” che sinistra non è e che viene dipinta sul simbolo del Partito democratico dalle parole dei giornalisti e dei mezzi di comunicazione di massa, come rifiuta la protesta troppo timida dei Cinquestelle: nazionalismo, protezionismo e tutela dei privilegi anche qui.
Qualunque scelta si faccia nel preferire uno di questi tre poli, si finisce per dare il consenso ad una piattaforma programmatica di destra: conservatrice in economia, sui diritti sociali e civili oppure sul piano della estrema tutela di una italianità non si sa bene utile a quale scopo se non a fomentare contraddizioni interne alla medesima classe sociale, ossia quella degli sfruttati.
L’esperimento della lista che fa riferimento a Claudio Fava, dove sono presenti anche forze comuniste come Rifondazione, è l’unica opzione possibile per chi ritiene di avere ancora come punti di riferimento dei valori progressisti, di sinistra di alternativa.
La ricomposizione dei blocchi sociali di riferimento ha condotto le forze politiche a sfruttare un’elezione regionale per farne un banco di prova in vista delle elezioni politiche della prossima primavera.
Non esiste una contraddizione formale in tutto ciò ma esiste un condizionamento comunque del senso e del principio del voto ed anche della sua stessa espressione in chiave qualitativa: i quattro e più milioni di siciliani che andranno a votare domani sanno che dal loro voto può dipendere non soltanto il destino politico della loro regione per i prossimi anni ma anche quello della nazione intera.
In base ai risultati che si avranno, forze di governo e forze di opposizione sceglieranno quale alleato abbracciare, quale avversario mutare in buon nuovo colloquiante possibile fratello di coalizione in base ad una legge elettorale che non mostra certamente i caratteri dell’equipollenza del voto.
Insomma, ci sono molti modi per snaturare un voto, per farne altro da sé stesso. E non sempre sono giornali, televisioni e Internet ad operare questa magia: ci riescono benissimo da soli anche i contendenti in campo.
Che la tenzone abbia inizio: che i siciliani facciano finta di votare per la rielezione del loro consiglio regionale e del presidente. Domenica sera sapremo, senza bisogno di sfere magiche, quale sarà il destino che ci attende per il rinnovo del Parlamento italiano.
Vedete, se volete votare per le politiche potete, a volte, avere persino due possibilità… E poi vi lamentate che non c’è partecipazione! Suvvia…

MARCO SFERINI

4 novembre 2017

foto tratta da Pixabay

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