Dell’accavallarsi delle diverse fasi dell’emergenza si potrebbe dire che “la confusione sotto il cielo è grande, ma la situazione non è eccellente”.
Nel drammatico frangente che stiamo attraversando la prova del governo italiano, in particolare del suo presidente del consiglio, è risultata nel complesso, senza calcare troppo la mano nel giudizio, assolutamente mediocre.
Sono emersi punti critici molto rilevanti nell’insieme della tenuta del sistema politico. Prima di tutto si può affermare come la questione dell’esercizio della democrazia costituzionale si si sia dimostrata la più complicata da affrontare. Complessivamente si sono dimostrate nell’agire pubblico sciatteria e trascuratezza.
Si è palesata in questi giorni una classe dirigente posta, sul piano culturale e politico, molto al di sotto delle esigenze dell’ora: sia al centro, sia in periferia, come in posizione di maggioranza o di opposizione nelle diverse strutture istituzionali.
Inoltre a tutti i livelli si sono aggiunte pletore di presunti esperti raccolti in improbabili task – force. Esperti per lo più televisivamente famelici, che hanno contribuito a creare quello stato di confusione cui si è fatto cenno. Si è resa evidente, guardando alle divisioni createsi ad ogni scelta compiuta, la pressione dalle lobbies più diverse al riguardo delle quali è mancata, in molte occasioni, una risposta ordinata e precisa.
Si sono confusi decreti della presidenza del consiglio dei ministri (uno strumento che penso andrà rivisto in radice), ordinanze dei presidenti di regione (incautamente appellati dai media come “governatori”, figura che non esiste nell’articolato costituzionale), ordinanze dei sindaci.
E’ mancato, all’origine, un atto del Parlamento il cui ruolo di centralità dettato, appunto, dalla Costituzione è stato del tutto calpestato: se si pensa che, alla vigilia del vertice europeo, il Presidente del Consiglio si è recato alle Camere per una “informativa” che ha escluso la possibilità di un voto su una qualche risoluzione che fornisse al Governo stesso un preciso indirizzo parlamentare su temi che non possono essere affidati alla contingenza dell’opportunismo elettoralistico.
L’atto del Parlamento che avrebbe potuto essere adottato in principio, al momento della proclamazione dello stato di emergenza, poteva essere costituito da un articolato legislativo nel quale risultassero fissati :
a) i termini concreti di agibilità concesso al Governo nello straordinario momento contingente,
b) le modalità delle necessari espressione di trasparenza nei rapporti con la comunità scientifica, c)la necessità di un periodico riferimento alle Camere sul modificarsi dello stato di cose presenti, d)la regolamentazione nell’utilizzo – in via straordinaria – dei mezzi di comunicazione pubblica per rivolgersi al Paese (radio e TV)
e) una definizione precisa degli atti da compiere:.
Un lavoro, quello dell’elaborazione di un articolato legislativo da redigersi in termini di necessaria flessibilità d’esposizione ma chiaro e legittimante “a priori” dell’esercizio della funzione di governo delle condizioni di straordinarietà.
La legge 400/88 indica dettagliatamente le attribuzioni del Consiglio dei Ministri.
Il Governo può esercitare la funzione legislativa in due ipotesi previste e disciplinate in modo tassativo dalla Costituzione quando:
1) Il Parlamento stesso conferisce al Governo – con un’apposita legge di delega, secondo principi e criteri predeterminati e per un tempo definito – il compito di provvedere ad emanare decreti legislativi aventi forza di legge;
2) può adottare, autonomamente e sotto la sua responsabilità, decreti-legge per fronteggiare situazioni impreviste e che richiedono un intervento legislativo immediato. In questo caso, il Parlamento si riserva, nei sessanta giorni successivi, di convertire in legge, anche con modifiche, il decreto. In caso contrario, il decreto legge decade.
Nella straordinarietà della situazione l’emanazione da parte del Parlamento di una sorta di “legge – quadro” del tipo di quella che si è cercato di descrivere in questa sede avrebbe consentito poi a tutti gli altri atti assunti via via di rispettare l’insieme del quadro dettato dalla norma costituzionale.
I punti di maggiore fragilità del sistema possono comunque essere così riassunti:
1) E’ emerso il vuoto di una visione “nazionale” della funzione politica di governo. Funzione “nazionale” che risulta assente soprattutto nel rapporto “centro – periferia”. Governo versus Regioni (assente il parlamento), Regioni versus Comuni. Incertezza nelle attribuzioni, scelte compiute esclusivamente in funzione della propaganda;
2) ben oltre le evidenti lacune presenti dopo le modifiche effettuate nel 2001 nell’articolato del Titolo V della Costituzione sono apparsi di enorme detrimento per la funzionalità dell’azione politico – amministrativa i meccanismi di elezione diretta dei Presidenti di Regione e dei Sindaci. Questo punto rappresenta un elemento di necessaria riflessione per il futuro. Lo spostamento delle decisionalità nell’ambito della pura personalizzazione finisce con esaltare l’ansia di rielezione e mette la macchina amministrativa in funzione di quell’obiettivo provocando una rincorsa affannosa e contraddittoria nell’elaborazione della normativa. Ansia da prestazione che è risultata alla base della evidente contraddittorietà delle decisioni via via assunte e della dimostrazione di divergenza di interessi spiccioli tra i diversi protagonisti. Divergenze poste ben al di là delle difformi appartenenze politiche. Su questo punto andrebbe aperto un capitolo riguardante ruolo e compiti dei consessi elettivi e della loro funzione di controllo e sulla realtà oggi rappresentata dai partiti politici considerati nella loro possibilità di promuovere le scelte riguardanti la classe dirigente. Scelte che, alla fine, dovrebbero compiere elettrici ed elettori e che a loro sono sottratte ormai da molto tempo;
3) si è resa evidente la totale insufficienza nell’utilizzo dell’online allo scopo di promuovere una necessaria continuità nell’iniziativa e nella partecipazione politica sul territorio. Qualcuno ha notato che nella discussione in atto in queste ore sulla possibilità di frequentare i luoghi di culto piuttosto che i teatri oppure le mostre risulta completamente assente un discorso riguardante lo svolgimento (un tempo “normale”) di attività politiche e culturali in sedi proprie? O si pensa forse di delegare il tutto alla videoconferenze causando un ulteriore restringimento nelle possibilità di partecipazione attraverso una ulteriore scrematura provocata da un particolare aspetto del “digital divide”? In questo senso appare di grande attualità il dibattito che qualcuno ha già opportunamente aperto sulle, fin qui inevase, modalità di applicazione dell’articolo 49 della Costituzione circa l’esercizio della democrazia all’interno dei partiti politici. La democrazia sarà necessario impedire che in futuro venga esercitata soltanto attraverso i “click” oppure i “like” apposti sulle pagine dei “social”.
Nel complesso sono comparsi tutti i fantasmi della negatività accumulata nella trasformazione verificatasi nell’espressione dell’agire politico seguendo gli impulsi dell’individualismo, della distruzione della possibilità di intervento collettivo, di destinazione della democrazia esclusivamente nel senso della governabilità.
L’insieme delle questioni che ha portato all’egemonia dell’estetica sull’etica.
In pratica stiamo assistendo all’esercizio di una “Costituzione Materiale” di stampo presidenzialista che il Paese ha rifiutato due volte, nel 2006 e nel 2016, con due voti popolari a larga maggioranza che confermarono la vocazione parlamentare della Repubblica come stabilito dai Padri Costituenti.
Nell’immediato futuro e non oltre sarà necessario si sviluppi un forte movimento politico per reclamare un necessario ritorno alla legalità repubblicana e alla possibilità di esercizio concreto della democrazia al Centro come in periferia.
Dobbiamo tornare a poter favorire l’associazione di tutti i cittadini al di fuori dalla creazione di “élite” surrettiziamente emerse attraverso l’utilizzo di strumenti di comunicazione fondati sull’immagine e sulla velocità di un messaggio lanciato esclusivamente dalla tecnologia, senza il contatto diretto nel confronto delle opinioni.
Si tratta del tema complessivo dell’intermediazione politica e sociale, che comprende anche la funzione dei sindacati, delle grandi associazioni di categoria, di tutti i soggetti che concorrono sul piano dell’orientamento culturale dell’opinione pubblica: abbiamo visto come non possa essere trascurata la presenza di soggettività collettive riguardanti diverse posizioni ideali e anche contrastanti interessi materiali.
Non può assolutamente risultare sufficiente la determinazione dell’alto di misure che per essere applicate hanno necessità di essere discusse in un lavoro di orientamento e di aggregazione.
Qualsiasi misura popolare o impopolare può risultare efficace soltanto in una situazione sociale e politica nella quale gli equilibri non siamo determinati esclusivamente dalla paura.
E’ molto breve il passaggio dal predominio della paura allo Stato di Polizia.
FRANCO ASTENGO
29 aprile 2020
Foto di Omni Matryx da Pixabay