… Domanda: Dentro al movimento c’è di tutto: quale sarebbe il denominatore comune?
Risposta: Vogliamo poter vivere decentemente con quello che guadagniamo. E invece lo stato fa estorsione attraverso le tasse.
Domanda: Chiedete meno tasse ma anche più servizi pubblici: non è una contraddizione?
Risposta: Basta tassare i più ricchi. Macron non ha aspettato un attimo per togliere la patrimoniale. Fa presto a tornare indietro.
Domanda: C’è qualche partito politico che la convince?
Risposta: Ho votato scheda bianca alle ultime elezioni. L’ultimo uomo politico integerrimo è stato il generale De Gaulle. Il movimento dei gilet gialli è apolitico e sindacale
Più avanti, in conclusione: “Lavoriamo alla costituzione di assemblee citoyennes (assemblee della società civile, n.d.r.) Abbiamo già creato un sito e dobbiamo capire come far funzionare questo nuovo strumento di democrazia.
Il botta e risposta sopra riportato è tratto da un’intervista rilasciata da Jacline Mouraud, la signora che con il suo video contro le accise sulla benzina, cliccato da oltre sei milioni di persone, è diventata uno dei simboli della protesta dei “gilet gialli” che sta scuotendo la Francia.
E come si diceva un tempo: “Quando brucia Parigi, brucia l’Europa”.
Un commento all’intervista elaborato attraverso i canoni consueti della politologia farebbe esclamare: “Grande è la confusione sotto il cielo”, senza aggiungere se la situazione possa essere giudicata più o meno eccellente.
In effetti troviamo di tutto: la richiesta di una redistribuzione del reddito con la tassazione delle ricchezze, la scheda bianca, il richiamo all’autoritarismo nella figura del generale De Gaulle, l’organizzazione della politica dal basso attraverso le “assemblee dei cittadini” e l’incertezza finale (aperto il sito) sugli sbocchi che questa situazione potrà assumere nel tempo.
C’è molto, in verità, di quello che fu l’effimero movimento dei Forconi in Italia ma al proposito è necessario considerare il fatto che ci troviamo in Francia, paese in cui la forza delle proteste di massa è sempre apparsa molto più duratura e “pesante” rispetto ad altri paesi, ma nel quale molto spesso alle proteste è seguita una “stretta” di tipo repressiva.
In questa rappresentazione del movimento dei “gilet”, si trova anche molto delle origini del M5S italiano. Movimento 5 stelle che ha però subito molto presto il corrompimento del potere, anche a causa di una crescita elettorale verificatasi in tempi rapidissimi al punto da far considerare la struttura del movimento, costruita appunto con i “clic” e i “like”, assolutamente porosa per infiltrati di varia natura come dimostra il caso di Corleone
Dopo aver annotato come il movimento dei gilet francesi si stia estendendo in Belgio e in Germania (Germania dove sta montando il movimento estremista dell’AFD e che comunque rimane la patria del “partito dei pirati”) e tornando alla situazione francese non si può non notare la completa sparizione dalla scena dei partiti della sinistra tradizionale mentre “France Insoumise” si è posta in sintonia con la rivolta (mentre il partito della Le Pen ha cercato di infiltrarsi. Su questo la replica della Mouraud è stata secca: “Ognuno può partecipare a titolo individuale ma non accetteremo sigle di partito e ci stiamo organizzando per presentare un’alternativa politica nuova”).
In sostanza questa vicenda pare proprio essere una rappresentazione plastica della crisi verticale della democrazia liberale rappresentativa.
Che da tutto questo compaia materia di ampia e intensa riflessione (sempre usando linguaggio d’antan) sembra scontato.
La trasformazione della democrazia rappresentativa in “democrazia del pubblico” e in “democrazia recitativa” attraverso lo svilimento del ruolo dei partiti politici, l’affermazione dei partiti personali, l’avvento del web come luogo deputato all’orientamento e alla decisionalità (web come incubatore del neo – populismo) ha rappresentato i fenomeni attraverso i quali è passata questa vera e propria deriva.
La previsione sugli esiti di questa fase non può che essere incerta e lo vediamo in Italia: i rischi di involuzione autoritaria restano alti e lo dimostra l’attacco alla libertà di stampa con lo strangolamento prima di tutto dei piccoli giornali e il tentativo di accentramento nel Governo di scelte fondamentali nella comunicazione come quelle riguardanti la divulgazione scientifica a mezzo della televisione.
Dalla parte di quello che era stato definito “ceto medio riflessivo” cominciano ad apparire appelli alla “disobbedienza civile” (lo fa oggi Zagrebelsky): quel “ceto medio riflessivo” che appare però travolto da un’inedita polarizzazione sociale con l’emergere di un esteso “polo escluso” (frantumato però al suo interno) che in Francia blocca il traffico e in Italia aspetta il reddito di cittadinanza.
Tutto questo avviene nel cuore dell’Europa mentre a livello globale emergono tendenze imperialiste , regimi rigidamente conservativi e programmi di riarmo atomico.
La politica sta mutando nella sua essenza rispetto ai canoni che hanno presieduto la fase successiva alla seconda guerra mondiale e alla spartizione di Yalta: ma sta mutando in maniera molto diversa dalla “fine della storia” che era stata pronosticata al momento della caduta del muro di Berlino.
Ed è con questa mutazione che bisogna fare i conti, esprimendo però la convinzione che con il ribellismo cui non offrire una strutturazione politica le cose si faranno sempre più difficili soprattutto per chi pensa ancora come rimangano da affrontare per intero le disuguaglianze economico – sociali.
Disuguaglianze in crescita impetuosa: particolare da non dimenticare.
FRANCO ASTENGO
24 novembre 2018
foto: screenshot